Infrastrutture
e Mezzogiorno:
è su questi scacchieri
che si dovrà giocare
la prospettiva
psicologica e reale del futuro del nostro Paese.
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Che lItalia possa conoscere una fase di slancio delleconomia
era auspicio che circolava nellaria da un pezzo. Che lo stesso
concetto si ripeta oggi, assume un significato particolare. E se
il Governatore ha sorpreso un po tutti per la durezza con
cui ha avanzato dubbi e sospetti sui conti dello Stato lasciati
in eredità dalla legislatura scorsa, gli economisti incoraggiano
la nuova a un programma in cui abbiano priorità tagli organici
e permanenti alle spese pubbliche, i soli capaci di permettere una
riduzione delle tasse, come è stato suggerito, di un punto
percentuale allanno, a partire dal 2002.
Ha seminato già lallarme in Europa, a cominciare dalla
Banca centrale di Francoforte, la previsione che il deficit pubblico
nel 2001 eccederà in maniera rilevante lobiettivo dell1%
del prodotto lordo concordato ufficialmente nel Piano di stabilità
italiano. Che cosa vuol dire rilevante? Senza dubbio alcuno, ben
più del 9-10 mila miliardi di lire fin qui previsti da osservatori
indipendenti, forse anche dei 15 mila di cui continuano a parlare
gli esperti economici nostrani: si riesce più o meno a capire
che dovrebbe trattarsi di una cifra molto vicina ai 20 mila miliardi
di lire.
Nellimmediato, nessuno consiglia una manovra correttiva. Sarà
sufficiente che il Tesoro rallenti i pagamenti. Ma impostando la
legge finanziaria per lanno prossimo, il governo ha dovuto
tener conto del fatto che la riduzione del carico fiscale proclamata
anche per gli anni successivi dallesecutivo uscito di scena
non trova corrispondenza come ha detto Fazio nellevoluzione
della spesa. Prima ancora di pensare a nuovi sgravi, dunque, è
bene progettare indispensabili interventi sulle erogazioni pubbliche,
in unottica di medio termine.
I consigli su come tagliare le spese puntano sulla sanità,
sulle pensioni, sugli enti locali, sullefficienza dello Stato.
Siccome per la sanità più che spendere troppo si spende
male, sono consigliati soprattutto vincoli di efficienza, con verifica
sistematica dei costi e delle attività delle singole unità
che allineano le Regioni più sprecone a quelle che ottengono
gli stessi risultati con meno soldi. Quanto alle pensioni, si valutano
importanti le riforme dellultimo decennio, e si propone un
sistema flessibile, fondato sulla libera scelta, che scoraggi chi
lascia il lavoro presto, in modo da innalzare letà
media effettiva di pensionamento (non quella formale, dei sessantacinque
anni).
Al decentramento di nuovi poteri alle Regioni, o come va di moda
dire oggi, alla devolution, si è favorevoli,
ma con lavvertenza che deve accompagnarsi ad una più
precisa responsabilità degli enti locali per le proprie uscite
e le proprie spese, altrimenti si rischierà di non rispettare
gli obblighi europei: il Patto di stabilità interno così
comè funziona poco, e va senzaltro migliorato.
Inoltre, un trasferimento di risorse dalle aree più sviluppate
a quelle più bisognose dovrà evitare squilibri nei
servizi fondamentali a danno delle Regioni più povere. Quanto
poi allefficienza della Pubblica Amministrazione, negli ultimi
anni si sono registrati buoni progressi, soprattutto con la semplificazione
delle procedure, ma molto ancora resta da fare, anche a causa delle
resistenze opposte dalla burocrazia.
I tagli alla spesa dovranno essere sufficienti a compensare non
soltanto le eventuali minori tasse, ma anche nuovi investimenti
in infrastrutture, in particolare nelle regioni meridionali. Come
è stato fermamente sottolineato, lannuncio e il concreto
avvio di un programma di riforme della spesa pubblica e di una riduzione
del carico fiscale agiscono positivamente sulle aspettative di crescita
e sulle decisioni di investimento: vale a dire, se si sanno prendere
decisioni anche impopolari allinizio, il migliore andamento
delleconomia consentirà poi di alleggerire gli oneri.
LItalia dello slancio potenziale non è un Paese malridotto.
La crescita economica nel 2001, per quanto al di sotto del 3 per
cento programmato (dovrebbe aggirarsi intorno al 2,3 per cento),
è in linea con la media dellarea euro in comune rallentamento;
le nostre imprese non sono sfiduciate e oppresse, godono di una
cospicua formazione di profitti (come ha riconosciuto lo stesso
Fazio) che negli ultimi anni si è tradotta in un forte aumento
degli investimenti, particolarmente in macchinari, nella razionalizzazione
dei processi produttivi e nellinformatica. Cè
la base per una più veloce crescita della produttività.
Infrastrutture e Mezzogiorno: è su questi scacchieri che
si dovrà giocare la prospettiva psicologica e reale del futuro
del nostro Paese. Un New Deal al passo con i tempi:
con lo Stato che non può sopportare da solo il peso di un
programma di così vaste proporzioni, e dunque con i privati
coinvolti in forme di investimento produttivo, conveniente, capace
di attirare capitali, di tradurli in infrastrutture e servizi vitali
per lItalia e per il Sud.
Abbiamo, di fronte a noi, lo sterminato mercato del bacino mediterraneo,
dove i prodotti italiani incontrano un certo successo, da trasformare
in conquiste sempre più ampie; e abbiamo il mercato dellEst
europeo, dove i tedeschi la fanno da padroni, ma che risponde bene
alle esportazioni italiane, a patto che si tratti di prodotti di
prima qualità e di alto livello. Sono questi i versanti sui
quali puntare le carte per limmediato futuro, con programmi
pianificati per linterno e per lestero, a loro modo
sincronizzati, paralleli. Compito arduo, certamente. Ma senza più
alibi per nessuno, se tutto resterà come prima.
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