Questa riunione
è sempre più
diventata il simbolo di un Governo
oligarchico del
mondo, e ha finito
per attirare
malumori da parte
di chi si sente
escluso.
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Malgrado quello che è successo a Genova, sono ancora molti
quelli che pensano che i vertici dei Grandi siano sempre utili.
Viene evocata lirrinunciabile possibilità di guardarsi
negli occhi, si sostiene che solo parlandosi direttamente
si possono fare delle scelte e si possono stabilire rapporti preferenziali.
E sicuramente vero che i rapporti umani, anche fra i Grandi,
sono un elemento importante della politica. Ma la formula dei vertici
appare ormai logora, come tutte le cose che si perpetuano nel tempo
solo perché una volta a Rambouillet (Francia) nel
1975, dopo la prima crisi da petrolio si decise di cominciare.
Col tempo, i Paesi che si incontrano periodicamente nei vertici
(dai Sei di Rambouillet agli Otto di Genova) hanno trasformato un
evento in un certo senso eccezionale in una routine diplomatica,
con i suoi riti, le sue cerimonie, i preparativi minuziosi. Contemporaneamente,
si è ridotta la reale capacità di intervento diretto,
nel senso che gli argomenti discussi ai vertici sono diventati sempre
più normali, preventivamente trattati e risolti
dagli uffici diplomatici nazionali, sicché nei vertici si
fanno più discorsi retorici che veri confronti: un po
come succede allinterno dei Paesi, ove i Consigli dei Ministri
servono più a ratificare provvedimenti predisposti dagli
uffici che ad approntare strategie nuove.
Ovvio che, in queste circostanze, i vertici finissero per rappresentare
sempre più una sorta di Governo mondiale non autorizzato
da nessuno e privo di qualunque fondamento giuridico. Nulla di male
che i Paesi più grandi si riuniscano per discutere dei problemi
che riguardano loro e il resto del mondo. Tuttavia, questa riunione
è sempre più diventata il simbolo di un Governo oligarchico
del mondo, e ha finito per attirare malumori sia da parte di chi
si sente escluso sia da parte di chi si oppone ai processi di verticalizzazione
mondiale.
I rimedi che si prospettano sembrano, tuttavia, peggiori del male:
da un lato si propone di allargare i vertici per includere i Paesi
poveri, dallaltro si suggerisce di aprire i vertici allesterno,
consultando le parti sociali e gli organismi non governativi. Ma
né luna né laltra soluzione appare convincente.
Allargare i vertici ai Paesi poveri, alcuni dei quali sono stati
invitati a cena a Genova, non riduce laccusa di
oligarchia e introduce nuove perplessità. Come scegliere
i Paesi da invitare? Chi dovrebbe delegarli? Daltra parte,
fra gli stessi Paesi ricchi molti sono esclusi e aspirano ad essere
invitati. Che fare, poi, con i Paesi grandi che non sono ricchi?
La Russia è stata ammessa tra i Grandi, ma non al prevertice
dei ricchi. Che si farà con la Cina e con lIndia? Si
faranno più vertici in sequenza? Lallargamento dei
vertici è unoperazione difficile, votata più
a scontentare gli esclusi (tanti) che a rallegrare gli inclusi (pochi).
Ancora meno convincente è lidea di aprire i vertici
alle parti sociali e alle organizzazioni non governative (Ong),
con la speranza di evitare così le contestazioni di piazza.
In tutti i Paesi democratici le parti sociali e le Ong sono organizzazioni
libere, e pertanto non necessariamente rappresentative: esse non
possono parlare che a nome dei propri iscritti. Le difficoltà
nazionali di allargamento sarebbero infinitamente maggiori, se si
dovesse cercare di recensire la moltitudine di soggetti che ritengono
di rappresentare la società civile.
Resta poi il fatto che questi organismi non governano affatto la
piazza. I contestatori dei vertici, per loro natura, non delegano
a nessuno la loro rappresentanza, perché sono strutturalmente
contrari alle deleghe. In una contestazione globale percentuali
infinitesimali della popolazione mondiale sono capaci di mettere
a ferro e fuoco una città come è successo a
Genova anche se le parti sociali e le Ong, o i loro organi
(come il Genova Social Forum), fossero in grado di rassicurare la
grandissima maggioranza della gente.
Per riprendere la strada della collaborazione internazionale, necessaria
per governare al meglio i fenomeni che stanno riguardando il mondo,
non resta che rimboccarsi le maniche e dare nuova vita agli organismi
internazionali già esistenti, dai quali i Paesi ricchi si
sono un po allontanati negli ultimi anni, a causa della difficoltà
di esercitare in tale sede la loro autorità. Piuttosto che
inventare nuove modalità con cui tenere i vertici dei Grandi,
meglio valorizzare le istituzioni create negli ultimi cinquantanni
per far dialogare i Paesi: Onu, Fondo monetario, Banca mondiale,
Wto, e così via.
Riportare il dialogo tra i Grandi nellambito delle organizzazioni
internazionali, magari con formule nuove, risponde alla domanda
di democrazia mondiale ed evita scelte difficili. Inoltre, mantenere
ununità di luogo dincontro (la sede dellorganismo
internazionale) riduce senza dubbio il fascino dei meeting mondiali,
ma li banalizza quel tanto che è necessario per farli uscire
dal cono di luce della ribalta mondiale, che tanto attira le forme
di contestazione violenta. Si perderà in spettacolarità,
ma si guadagnerà in efficacia.
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