A causa del disagio
della gioventù
europea il termine
globalizzazione
è diventato
unetichetta
da appiccicare
su tutto ciò
che non va.
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Nelle stesse ore in cui Genova veniva devastata dagli incidenti
del G8, a Berlino circa 800 mila giovani prendevano parte alla Love
Parade, unoccasione ormai tradizionale per musica e
comportamenti alternativi; nel paese di Paule, nella regione francese
di Côtes dArmor, era in corso un Rave party
che coinvolgeva 25 mila persone, e in un dipartimento presso Parigi
veniva proibita la vendita di benzina sfusa ossia in taniche
in quanto utilizzata per confezionare bombe molotov e incendiare
automobili e case in disordini che si susseguivano dallinizio
di luglio. Nella città inglese di Brixton, intanto, si registrava
lennesima notte di scontri tra giovani di diverse etnie che
turbava profondamente lestate britannica.
Uninterpretazione corretta dei fatti genovesi deve partire
da questo vastissimo senso di disagio che attraversa una gioventù
europea a corto di risorse e di prospettive. A causa di un simile
disagio, il termine globalizzazione è diventato
unetichetta da appiccicare su tutto ciò che non va:
la protesta per la povertà nel Terzo Mondo si intreccia così
con la presa di coscienza di una sempre maggiore povertà
di moltissimi giovani del Primo Mondo, la denuncia rituale delle
multinazionali con la difficoltà per molti di
coloro che oggi hanno ventanni di trovare un lavoro non precario,
una prospettiva di vita, il nichilismo di certe distruzioni con
la mancanza di obiettivi per cui impegnarsi, al di là di
un problematico e largamente insoddisfacente arricchimento personale.
A tutto ciò, i G8 non hanno saputo dare risposta. Il loro
ottimismo di facciata sulleconomia sottovaluta sia la crescente
instabilità dei mercati finanziari sia la possibilità,
non certo trascurabile, di un aggravamento della congiuntura mondiale;
una manciata di spiccioli, assai meno di quanto previsto alla vigilia,
è stata promessa per la lotta allAids; solo buone e
frettolose parole sono state dedicate alla remissione del debito,
che non è certo un toccasana, ma può rappresentare
uno strumento importante per il riequilibrio mondiale.
E dietro questo deludente risultato si intravede un divario tra
Stati Uniti ed Europa che, dalla fine della guerra, non è
mai stato altrettanto profondo. Non è certo con questo genere
di miopie che si può fare dei meccanismi di mercato lo strumento
regolatore di una società mondiale stabile e in crescita.
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