Oggi le regioni
meridionali hanno inedite e originali
possibilità di mettere in moto processi
autonomi di crescita.
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I dati della Svimez sul Mezzogiorno mostrano uneconomia che
fatica a tenere il pur contenuto ritmo di crescita del Centro-Nord,
ma segnalano anche un considerevole miglioramento qualitativo dello
sviluppo meridionale. Nel 2000, a fronte di unaccelerazione
del Pil delle aree più sviluppate del Paese, il Sud ha segnato
un limitato ritardo. Tuttavia, il bilancio dellultimo quinquennio
non è negativo: il Mezzogiorno è cresciuto quanto
il Centro-Nord, segnando in questo modo un recupero, dopo i netti
ritardi degli anni precedenti.
Ma è soprattutto la qualità della crescita che lascia
ben sperare. Nellultimo quinquennio lo sviluppo delle regioni
meridionali è stato trainato soprattutto dagli investimenti
industriali, mentre sono aumentate in misura non trascurabile le
esportazioni dei prodotti meridionali. Anche loccupazione,
di conseguenza, sembra reagire positivamente.
Se confrontiamo questi dati con quelli della prima parte degli anni
Novanta e con quelli degli anni Ottanta, allora possiamo constatare
che siamo in presenza di una modifica sensibile del modello di sviluppo
del Mezzogiorno, e la modifica è senza dubbio positiva. Nel
passato, la crescita del Sud era largamente legata allintervento
dello Stato, sia attraverso una forte spesa pubblica di trasferimento,
sia tramite le Partecipazioni Statali. Ne era derivato un modello
di sviluppo vischioso e fortemente connesso alla domanda interna,
e in particolare alla domanda pubblica. Questo modello è
morto nel 1992, con la crisi finanziaria che derivò dalla
svalutazione della lira, che impose un blocco dei pagamenti pubblici
e avviò la privatizzazione di molte imprese a partecipazione
dello Stato.
Il Sud soffrì molto di questa crisi, perché improvvisamente
si trovò senza più risorse, tanto più che anche
lintervento pubblico si arrestò (la Legge 64) senza
che venisse prontamente sostituito da un nuovo strumento che assicurasse
il finanziamento pubblico, come nel passato. La crisi fu forte,
ma salutare.
Gli obiettivi del
programma di stabilità
(Dati in percentuale)
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2000
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2001
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2002
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2003
|
2004
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Crescita Pil |
2,8
|
2,9
|
3,1
|
3,1
|
3,1
|
Inflazione |
2,8
|
2,3
|
1,5
|
1,5
|
1,5
|
Disoccupazione |
10,7
|
9,9
|
9,0
|
8,3
|
7,6
|
Deficit / Pil |
1,3
|
0,8
|
0,5
|
0,0
|
0,3
|
Avanzo primario |
5,2
|
5,3
|
5,5
|
5,6
|
5,5
|
Interessi passivi |
6,5
|
6,1
|
6,0
|
5,6
|
5,2
|
Debito / Pil |
112,1
|
106,6
|
103,5
|
99,6
|
94,9
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A partire dal 1992, a mano a mano che scomparivano le imprese
mantenute dallo Stato, emergevano nuove imprese orientate al mercato.
Inoltre, in assenza di risorse pubbliche da destinare al Mezzogiorno,
lo Stato e gli enti locali si trovavano costretti ad
utilizzare più efficacemente le risorse comunitarie. Poiché
luso di risorse comunitarie è possibile a fronte di
reali e fattibili progetti di investimento, si è anche assistito
a un migliore uso del denaro pubblico.
Edotti da tali esperienze, è stata elaborata una nuova modalità
dintervento pubblico, basato più sullautomatismo
che sulla discrezionalità: ciò ha accelerato e semplificato
lintervento pubblico, che è stato molto più
efficace rispetto a quello precedente.
Il risultato di questi interventi è stato una modifica sostanziale
del modello industriale del Mezzogiorno. Oggi sono prevalenti le
imprese private, orientate al mercato interno e internazionale e
quindi le regioni meridionali hanno inedite e originali possibilità
di mettere in moto processi autonomi di crescita. Limportante
è proseguire lungo questa strada, senza lasciarsi prendere
dalle nostalgie di un passato, tanto generoso di risorse pubbliche,
quanto nefasto in termini di risultati.
Se oggi il Mezzogiorno è più orientato al mercato,
la ricetta per farlo crescere nel futuro è quella di accelerare
la costruzione di un mercato competitivo in Italia e quindi anche
(non solo) nel Mezzogiorno. In particolare, lo Stato deve completare
le infrastrutture e far rispettare la legge, ricreando un clima
reputazionale migliore di quello che oggi caratterizza in particolare
alcune regioni meridionali. Una riduzione delle imposte e dei vincoli
del mercato del lavoro in tutta Italia avrà effetti positivi
soprattutto nel Sud, perché nelle regioni oltre la linea
Gotica esistono ancora le possibilità di crescita che nel
Centro-Nord sono limitate da fattori demografici e ambientali.
Infine, occorre saper bene utilizzare le risorse comunitarie per
il piano 2000-2006, anche perché saranno le ultime di questa
dimensione, prima dellallargamento dellEuropa verso
i Paesi orientali. Questa scadenza va vista senza drammatizzazioni
e con spirito positivo, perché lintervento pubblico
(nazionale o europeo) è positivo soltanto se è transitorio.
Nel 1992 la fine dellintervento statale è stato il
punto di avvio di un nuovo e migliore sviluppo per il Mezzogiorno.
Siamo convinti che il 2006 sarà un anno di svolta positiva,
perché imprese e istituzioni meridionali lavoreranno meno
per accaparrarsi risorse pubbliche e più per aumentare le
loro quote del mercato mondiale.
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