Settembre 2001

L’UE PER IL 2000-2006

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Fondi per il Sud
Alessio Farneti  
 
 

 

 

 

Il rischio è che in
futuro potrebbero
rimanere penalizzate
proprio quelle aree in cui i fondi
strutturali
risulteranno avere avuto maggiore
efficacia.

 

Puglia, Basilicata, Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna: sono queste le sei aree regionali del Mezzogiorno che attualmente rientrano nell’Obiettivo Uno, vale a dire nelle aree in ritardo di sviluppo cui sono destinati la maggioranza dei fondi strutturali messi a disposizione dall’Unione europea. Si tratta di una quota elevatissima di capitali, che per l’arco di tempo compreso tra il 2000 e il 2006 raggiunge i centomila miliardi di lire, settantamila dei quali destinati direttamente alle sei regioni meridionali italiane. Ma che cosa accadrà dopo questa data, con l’Unione allargata?
Il confronto è appena agli inizi, ma il timore del Sud della penisola di vedersi negare in futuro quote ingenti di fondi per l’ingresso di Paesi ancora più poveri è già ben presente, ed è così preoccupante che non manca ad alcun dibattito sulle politiche economiche nazionali e regionali.

Un momento fondamentale di verifica ci sarà a fine 2003. Sarà allora che incomincerà il confronto sui dati statistici relativi alla crescita delle singole aree regionali per verificare quante abbiano a quella data superato il fatidico parametro del Prodotto interno lordo inferiore al 75 per cento della media europea. E’ questo, infatti, il principale indicatore, la linea di displuvio adottata dall’Unione europea per consentire la permanenza oppure l’estromissione dalle aree dell’Obiettivo Uno. Secondo i dati resi noti nel febbraio ‘99 da Eurostat, e sui quali venne definito l’Obiettivo Uno per il 2000-2006, la Sardegna aveva un Prodotto interno lordo pari al 74 per cento della media dell’Unione, mentre la Puglia era al 71 per cento, la Basilicata al 68 per cento, la Sicilia al 66 per cento, insieme con la Campania, e la Calabria era ferma al 59 per cento. Ecco la ragione per la quale molti osservatori ritengono che, se verranno confermati i criteri attuali, con ogni probabilità solamente la Calabria potrebbe mantenersi all’interno delle aree in ritardo di sviluppo.

Bersaglio mancato

Fondi e percentuale di utilizzo dei fondi obiettivi 1, 2, 5b e 4 nelle singole Regioni

Regioni
Fondi disponibili
mln di euro (mld di lire)
Fondi utilizzati
mln di euro (mld di lire)
% utilizzo
Abruzzo
560,23 (1.084,75)
560,23 (1.084,76)
100,00
P. A. Trento
77,76 (150,57)
76,17 (147,48)
97,94
Valle d’Aosta
54,97 (106,44)
46,51 (90,06)
84,61
P. A. Bolzano
175,17 (339,17)
156,00 (302,07)
89,06
Molise
616,83 (1.194,35)
589,15 (1.140,75)
95,51
Basilicata
1.272,69 (2.464,27)
1.243,94 (2.408,61)
97,74
Lombardia
457,95 (886,71)
415,57 (804,66)
90,75
Friuli Venezia Giulia
402,43 (779,20)
352,45 (683,09)
87,67
Emilia Romagna
412,21 (798,16)
325,45 (630,17)
78,95
Liguria
607,69 (1.176,65)
492,49 (953,59)
81,04
Toscana
1.309,91 (2.536,35)
1.168,95 (2.263,41)
89,24
Lazio (*)
674,90 (1.306,79)
464,81 (900,00)
68,87
Veneto
974,26 (1.886,44)
747,36 (1.447,09)
76,71
Marche
745,79 (1.444,04)
492,08 (952,80)
65,98
Sardegna
1.816,03 (3.516,32)
1.529,54 (2.961,61)
84,22
Calabria
1.900,99 (3.680,82)
1.593,37 (3.085,19)
83,82
Piemonte
1.630,65 (3.157,39)
1.284,00 (2.486,17)
78,74
Umbria
1.191,08 (2.306,26)
771,94 (1.494,69)
64,81
Campania
3.091,72 (5.986,40)
2.309,97 (4.472,73)
74,71
Puglia
2.654,94 (5.123,26)
1.814,73 (3.513,80)
68,59
Sicilia
3.305,03 (6.339,43)
2.274,05 (4.403,17)
68,81

(*) per la Regione Lazio sono assenti i dati dell’obiettivo 4

La partita, in ogni caso, è molto più complessa di quanto possa sembrare a prima vista. Anzitutto, la maggioranza dei fondi strutturali del Quadro comunitario di sostegno 2000-2006 saranno concentrati nella parte centrale dei sette anni, che è come dire dal 2003 in poi. E non a caso, sia il Piano di sviluppo per il Sud redatto dal Tesoro, sia l’ultimo Documento di programmazione economica e finanziaria segnalano una crescita significativa del Mezzogiorno (pari al doppio della crescita media registrata nell’Unione europea) a partire dal 2004.
Fino a quella data, dunque, non dovrebbero esserci scostamenti significativi. Un fattore, questo, tutt’altro che irrilevante. Perché all’apertura del confronto sulla futura ripartizione dei fondi strutturali nell’Europa allargata che si farà nel 2003-2004, i dati di riferimento saranno presumibilmente quelli relativi al triennio precedente.
Questo consentirà al governo italiano di avere maggiori margini per contrattare con l’Unione europea il destino delle regioni del nostro Mezzogiorno. Anche se è ineludibile il dato che, se verrà confermato il parametro del Prodotto interno lordo pro capite inferiore al 75 per cento di quello medio europeo, difficilmente tutte e sei le regioni del Mezzogiorno potranno rientrare nell’Obiettivo Uno.
Un’ipotesi è che oltre al dato regionale si prendano in considerazione aree meno estese, consentendo in questo modo a sezioni di una regione (quelle meno sviluppate, dove si concentra maggiormente la disoccupazione) di continuare ad usufruire di una parte significativa di fondi strutturali. Fino ad oggi questa ipotesi è stata sistematicamente scartata, tanto che una regione come la Sardegna ha rischiato di rimanere tagliata fuori dall’ultima tornata di fondi strutturali europei, nonostante la pesante arretratezza di alcune sue aree provinciali.
In questo modo, peraltro, si eviterebbe il paradosso del timore di crescere da parte delle regioni interessate. Il rischio, infatti, è che in futuro potrebbero rimanere penalizzate proprio quelle aree in cui i fondi strutturali risulteranno avere avuto maggiore efficacia. Una brusca frenata delle risorse comunitarie in questo caso potrebbe avere effetti gravi. Tant’è che già oggi si ragiona di un nuovo phasing out, vale a dire di un regime di transizione che consenta alle regioni più forti del Sud un’uscita morbida dall’Obiettivo Uno. E un discorso del genere riguarderebbe soprattutto Sardegna e Puglia.

   
   
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