Oggi le paure
e i rischi sono più subdoli,
restano nascosti nelle proposte
chimiche e fisiche che risultano
accattivanti
e senza odore.
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Lucignolo è un noto personaggio di Collodi. Ossessionato
dallansia di accumulare ricchezza finisce per perdere i piaceri
semplici della vita. Il Lucignolo informatizzato perde qualcosa
di più, perde spezzoni di vita ogni giorno, afflitto dalle
paure e dalle tensioni innescate dal Potere e dalla Sudditanza.
Non ha le passioni dei puri di Allah, nel suo inconscio sono impressi
credo e catechesi del nuovo tecnologico. Solo nella
musica, momento supremo di liberazione, il Lucignolo americano riscopre
i ritmi di New Orleans, usati da sempre per celebrare frustrazione,
dolore e peccato e il Lucignolo europeo si rifugia nel canto triste
del fado. Segnali evidenti di anime inquiete. Del secolo nuovo il
Lucignolo informatizzato ha il privilegio delle staffette davanguardia
ma anche le stimmate delle paure sofisticate (ciò che alcuni
filosofi chiamano vuoto dellintimo).
Lalmanacco del diavolo segnala anzitutto le paure prodotte
dalle idee declassate. Nellera del cyberspazio sopravvivono
differenti nuances di liberismo e statalismo. Ma la gente, dopo
la crisi delle ideologie sta mandando in soffitta anche gli schieramenti.
E la colonia dei Lucignoli si infittisce di camminatori solitari.
Se i poteri trasversali risultano dominanti sui poteri istituzionali,
se il continente invisibile (la grande piattaforma virtuale
prodotta dallarbitraggio planetario, secondo leconomista
giapponese Kenichi Ohmoe) finisce per mettere in crisi il continente
visibile (lapparato istituzionale) nascono spontanee
alcune domande.
E possibile trovare valori-guida nel deserto ideologico dominante?
E possibile trovare princìpi etici oltre la globalizzante
mercificazione borghese? E possibile formulare ragionamenti
pedagogici per motivare i nuovi diritti individuali e collettivi?
Sappiamo che vengono sempre più in evidenza gli interessi
e le ragioni della Società civile. Ma sappiamo anche dei
tormenti e dei limiti impliciti nella sua organizzazione vetero-corporativa,
senza indicatori che propongano certezze ed equilibri nuovi, senza
fattori modificativi della logica dello sviluppo attuale.
Preoccupa la mappa delle paure e dei rischi impalpabili. Nel Medioevo
il rischio delle epidemie era palese, si avvertiva dal cattivo odore
presente nellaria. Oggi le paure e i rischi sono più
subdoli, restano nascosti nelle proposte chimiche e fisiche che
risultano accattivanti e senza odore.
Conosciamo laria che respiriamo? Quali problemi creano la
deforestazione, lo scioglimento dei ghiacciai, linnalzamento
della temperatura terrestre? Quali danni provocano le onde elettromagnetiche
(ripetitori radio, TV, telefonini, tralicci per lenergia elettrica)?
I cibi geneticamente modificati sono sicuri? Quali insidie dobbiamo
attenderci dai bollettini veterinari sulle epidemie che affliggono
gli animali a noi familiari? Come ci si difende dallaumento
dellozono atmosferico e dallinquinamento degli scarichi
industriali? Come si fa a rendere le politiche ambientali compatibili
con le esigenze di competitività dei sistemi economici? Come
si può armonizzare la crescita demografica con la cura dellambiente?
Parliamo delle paure dellanima, di quelle paure che i riti
consolatori dei tecno-ottimisti non riescono ad esorcizzare. Nella
Società globalizzata molti fattori di rischio sono una costante
della vita quotidiana e difficilmente possono essere controllati
con ipotesi garantiste di legislazione statale. Sono già
25 milioni i profughi dellambiente, le persone
costrette a lasciare la propria terra perché inabitabile.
Questo dato del Climate Institute americano è destinato a
raddoppiare entro il 2010, potenziando i flussi migratori dallAsia
e dallAfrica verso lEuropa. Non esiste testimonianza
di povertà più autentica dellesodo di massa
prodotto dal disagio ambientale. Cresce il grado dincertezza
e di paura e per dirla con Ungaretti «si sta come di autunno
/ sugli alberi le foglie».
Al di là del muro di gomma creato dagli interessi industriali
e finanziari cè solo la voce flebile della Società
civile transnazionale che fa suoi i temi sociali senza bandiera,
i temi centrali della qualità della vita. Incomincia a formarsi
un embrione transnazionale di ragioni e interessi condivisi che
non trovano agevole accesso nelle sedi istituzionali dellordine
internazionale (accordi e trattati internazionali) e finiscono per
arenarsi nelle agende politiche di partiti e governi nazionali.
Singolare interpretazione di un interesse planetario affidato alle
logiche del potere locale più che alle trame della diplomazia
internazionale.
Il contenzioso ambientale è ancora allo stato di crisalide,
efficacemente intercettato dalle lobbies petrolifere e industriali.
Questa condizione oggettiva di marginalità rallenta la formazione
di una coscienza internazionale consapevole di dover elaborare una
categoria di diritti ambientali a difesa dellumanità,
vincolante anche per le nazioni a sviluppo industriale ritardato
(si pensi allindustrialismo inquinante dei Paesi in via di
sviluppo). Si avverte lesigenza di teorizzare e affinare un
diritto alla sopravvivenza che non è meno importante
dei diritti indivisibili e universali (uguaglianza, solidarietà,
libertà, vita, dignità umana) sanciti nelle Carte
fondamentali delle istituzioni internazionali e in molte Carte costituzionali
del mondo occidentale.
Non si possono istituzionalizzare e perseguire solo i crimini di
guerra contro lumanità. Occorre anche vedere
e istituzionalizzare i crimini prodotti dalla pace armata del progresso
tecnologico e introdurre nellarea sistema nuove variabili
obbligate nella logica degli investimenti, nella ricerca di produttività,
nel rapporto prezzi-utili dei servizi e delle attività produttive.
Utilizzando lecologia come parte integrante del controllo
qualità (fino a renderla fattore neutro nella dinamica dei
costi) e lindice di sviluppo umano come base di riferimento
delle decisioni strategiche.
E un disegno sovranazionale che non si può attuare
senza ancoraggio alla determinazione e alla responsabilità
dei governi nazionali (attualmente gli Stati Uniti con il 4% della
popolazione mondiale producono il 25% delle emissioni di gas serra).
Ma è anche un disegno che può produrre il nuovo business
del secolo, lavvento di nuove tecnologie a basso impatto ambientale
da inserire metodologicamente nel processo produttivo (la Dupont,
una multinazionale della chimica, si è già mossa in
questa direzione e il suo management è molto critico sui
ritardi delle imprese concorrenti).
Si tratta di richieste non proprio sconvolgenti. Il cambiamento
delle fonti energetiche utilizzate dalluomo ha avuto ad esempio
vicende evolutive senza traumi: dal legno che nel 1850 rappresentava
il 90% delle fonti si è passati gradatamente al carbone,
al petrolio, al gas naturale e ora ci si orienta verso lidrogeno
e lenergia solare (attualmente le fonti energetiche sono:
petrolio (32%), gas naturale (22%), carbone (21%) Rapporto
Worldwatch Institute 2001).
Si potrebbero creare nuove professioni e nuovi mestieri. Si potrebbero
potenziare gli investimenti in infrastrutture e servizi ambientali,
in regolazione e controllo delle risorse naturali, nellindustria
bioalimentare; utilizzare marchi, licenze e brevetti impegnati nei
processi di riconversione; valorizzare il lavoro di esperti in marketing
ambientale e le competenze della information technology.
Lagenda politica internazionale dovrebbe prestare più
attenzione alle spinte emotive della Società civile, alle
lacerazioni prodotte dalle novità tecnologiche senza controlli,
alle paure dellanima nascoste dietro la maschera della normalità.
Nessuna antropologia del moderno può eludere la questione
delle ossessioni e delle paure adulte, una realtà che alimenta
la tendenza verso forme nuove di democrazia partecipata e verso
unevoluzione istituzionale caratterizzata dalla ricerca di
maggiore sovranità collettiva. Si attende un dialogo franco
e aperto tra Impresa e Società e la crescita di una cultura
manageriale decisamente orientata verso unetica del lavoro
che tenga conto delle certezze attese dal cittadino-consumatore.
La ricerca di uno stile di vita più sano non è più
una scelta elitaria, interessa strati di popolazione sempre più
vasti e diventa perciò fatto economico. Alimenta un interesse
di mercato che può rendere meno onerosi i costi macroeconomici
del recupero ambientale.
E curioso che mentre il mondo scientifico definisce la mappa
del genoma umano (si spera che sia per luomo e non contro
luomo) non si avverta pari sensibilità per lhabitat
naturale di cui la vita si nutre.
Superati i contenuti dialettici del conflitto capitale-lavoro (non
esiste più un modello rivoluzionario credibile), la disputa
sulle ambiguità si gioca sui metodi seguiti nel processo
di accumulazione, nella creazione del valore il cui
moltiplicatore resta sostanzialmente estraneo alla vita delluomo
e alle sue necessità elementari.
Torna attuale la ricerca di un linguaggio universale auspicata
da Martin Luther King, fondata sulla «interrelazione tra tutte
le comunità e gli Stati compresi in unineluttabile
rete di mutualità, legati tra loro da un destino comune».
Una tesi molto diversa dalla supremazia calvinista del profitto,
modellata su una pax americana che continua a privilegiare il liberismo
ambientale, sterilizzando nei fatti i processi di riconversione.
Non si chiede un placet sul lavoro di altri ma un contributo attivo
per lelaborazione di una politica che non cè
o è fortemente appiattita su interessi interni. Un capitolo
grave del generale silenzio politico sulla globalizzazione. Il G8
potrebbe costituire una sede idonea per avviare il motore politico
in cerca di regole generali da praticare con criteri di sovranità
bilanciata. Il prestigio di cui gode questo Club esclusivo
gli conferisce potere e titolo per esercitare autorevolmente la
sua moral suason verso altri governi non rappresentati.
Lo scenario possibile di accordi separati (area Europa e area America
con Stati Uniti, Canada, Paesi del Centro e Sud America, Australia,
Nuova Zelanda), conseguente al rigetto USA del protocollo di Kyoto,
appare solo un momento di rivisitazione del teatro dellassurdo.
Tale opzione non può essere utilmente coltivata. Porterebbe
alla creazione di cartelli antagonisti pregiudizievoli per la competitività
complessiva del sistema e per la calmierazione dei costi relativi
alle modalità di riduzione dellimpatto ambientale.
Più proficuamente lEuropa dovrebbe far valere sul piano
diplomatico il suo radicato universalismo cristiano e umanista.
Sono in gioco lagire economico globale e la sua capacità
di creare sviluppo sostenibile.
La crisi della concezione statalista e centralista dello sviluppo
rafforza oggettivamente il dialogo interstatuale e interdisciplinare.
Le politiche ambientali dovrebbero agevolare la mediazione internazionale,
la ricerca di regole e soluzioni pragmatiche che siano parte inscindibile
di decisioni strategiche universalmente condivise (utilizzando le
analisi costi-benefici e le indicazioni delle Agenzie internazionali
che ormai possono lavorare su dati storici, non più su mere
simulazioni). Certamente non si può agire per diventare poveri
e virtuosi. Ma il non agire diventa crudele e detestabile. Alimenta
solo la crescita senza frontiere dei disagi esistenziali e lincremento
del carico ambientale, con conseguente aumento esponenziale dei
costi relativi al capitale naturale da ripristinare.
Cè in natura un animale su cui dovremmo riflettere.
Il rospo resta immobile se viene messo in un contenitore con la
sua acqua di palude e continua a restare immobile se si riscalda
lacqua fino a farla bollire. Così il rospo muore, gonfio
e forse felice. Si può lavorare per luomo pensando
al destino del rospo?
Nellattivazione di un circuito integrato tra cultura, economia
e tecnologia che dia contenuti concreti al governo della globalizzazione
diventa prioritario il rispetto di standars sulla qualità
della vita.
Alla rapidità del progresso tecnologico non corrisponde ancora
una parallela rivoluzione copernicana nellorganizzazione del
lavoro e della produzione e nel modello dei consumi. Oltre al silenzio
e allimmobilismo politico preoccupa anche la disaffezione
al tema delle forze sindacali che si reputano più sensibili
ad interpretare pensieri, sentimenti e sogni dei lavoratori-consumatori.
Sul diritto alla qualità della vita (diritto alla sopravvivenza)
cè la sensibilità rituale dei gran sacerdoti
della convegnistica e qualche segnale urlato di rivendicazione à
la carte (popolo di Seattle).
Ma nei fatti la forbice tra intenzioni e risultati si amplia, accrescendo
le paure irrazionali ed emotive dei Lucignoli. E si carica di drammatica
attualità una domanda dello scrittore Stanislaw Lec: «E
progresso se un cannibale usa coltello e forchetta?». Si attendono
risposte, non nuovi capitoli di racconti zen.
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