Con molta
probabilità,
Montedison
ha rappresentato
la preda più ambita nel panorama
delle imprese
della Penisola.
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Si dice ancora oggi che Montedison abbia rappresentato la più
ambita preda nel panorama delle imprese della Penisola; che sia
stata uno degli strumenti di potere, non soltanto finanziario, lungo
tutto il percorso della storia italiana. Molto probabilmente è
stato così. Sicuramente, le cronache che hanno riguardato
questo gruppo sono illuminanti chiavi di lettura per capire che
cosa è successo nelle stanze dei bottoni pubblici e privati,
dalla fine del XIX a quella del XX secolo, con le logiche proiezioni
in questo inizio di millennio.
Tutto nacque con lelettricità, dunque con la Edison,
che nel 1883 accese le lampadine della milanese piazza della Scala,
grazie alla mitica dinamo Jumbo. Fu una lunga vicenda
di sviluppo delliniziativa privata, passata poi alla mano
pubblica nel 1964 (per volontà di La Malfa e del centro-sinistra
nato un anno prima). A questo punto, divenne una cassaforte di liquidità,
con lex energia privata trasformata in denaro contante. Nel
66 il fondatore di Mediobanca, Enrico Cuccia, fu il regista
di una delle grandi fusioni italiane: la Edison di Giorgio Valerio
acquistò la Montecatini, lunica azienda che aveva ospitato
un Premio Nobel della chimica nostrana, Giulio Natta. Nacque il
gruppo che controllava l80 per cento della chimica nazionale,
aveva 400 mila azionisti, fatturava oltre mille miliardi dellepoca,
era il primo aggregato industriale italiano. Si chiamava ancora
Montecatini-Edison, quando si profilò il primo cambio della
guardia. Cuccia guidò la scalata dellEni di Eugenio
Cefis, manager forte dellappoggio politico di Fanfani: rastrellamento
da manuale, consumato in pochi mesi, e Iri che si trovò in
pugno il doppio delle azioni dei privati.
Alba dellera Cefis, e riflettori subito puntati in Borsa.
Michele Sindona lancia la prima Opa ostile italiana su Bastogi,
holding che ha in portafoglio il maggior pacchetto privato di Montedison;
e Cuccia, che disprezza il finanziere siciliano, lo sconfigge, segnandone
il tramonto.
Ma neanche Cefis dura a lungo. Al termine di un regno scandito
da portaborse, bustarelle, conti in rosso e fondi neri, è
travolto dai bilanci e se ne va in Canada. Lo sostituisce Giuseppe
Medici, ma stratega diventa immediatamente lamministratore
delegato Mario Schimberni, che un paio di anni dopo, con lappoggio
di Cuccia, scala il trono della chimica. Montedison torna così
in mani private: grazie sempre alla regia di Mediobanca, va alla
Gemina, il nuovo salotto buono al quale hanno accesso Agnelli, Pirelli,
Bonomi e Ormando. Schimberni viene dalla Snia, è uomo dellindustria,
sembra il manager risanatore, si fa consigliare dal finanziere Giuseppe
Garofano. E sarà la finanza a far battere cuore e polso del
gruppo. Fino all85, quando Schimberni scala la Bi-Invest,
holding di Bonomi (un suo azionista!). Uno schiaffo che il corsaro
ripete appena un anno dopo, quando fa il bis con Fondiaria. Freddo,
Agnelli commenta: «Bi-Invest humanum, Fondiaria diabolicum».
E la fine di Schimberni, ed è linizio di unaltra
battaglia. Nell87 un altro rastrellamento porta ai vertici
del gruppo Raul Gardini, leader della Ferruzzi. Schimberni lo saluta
come un alleato. Si sbaglia. Sostenuto da Mediobanca, Gardini lo
licenzia.
Nuovi progetti, megagalattici. Gardini si indebita a livelli insostenibili,
al grido: «La chimica sono io». Nasce lavventura
Enimont, joint venture con Eni. Lui la scala subito. Va alla rottura
con lEni, con i politici, con la famiglia, mentre il moloch
Enimont divora tutto. La società è in agonia, mentre
irrompe tangentopoli. In rovina, Gardini lascia. Ed è suicidio.
Montedison va a picco, trascinata sul fondo da 30 mila miliardi
di debiti. Interviene ancora una volta Mediobanca, che organizza
un consorzio di banche per il salvataggio, consegna la presidenza
del gruppo dapprima a Guido Rossi, e poi, dal 95, a Luigi
Lucchini. Affida la guida ad Enrico Bondi, un noto risanatore, che
dismette, semplifica, taglia i debiti, riporta i conti in attivo.
Col sostegno ininterrotto della banca daffari meneghina, che
al primo avviso di scalata si lancia nella difesa ed è obbligata
a unOpa, riduce quasi a zero il peso della chimica, frena
la crescita nellagroindustria e trasferisce sistematicamente
il cuore del gruppo nellenergia. Nellestate 2000, il
passo più lungo: lOpa su Falck. Allinsegna dellelettricità.
Quando muore Cuccia, per Mediobanca si apre la grande partita della
governance, che coinvolge le partecipazioni strategiche in Generali
e in Montedison. Il fronte delle banche si divide, la rete
non regge più. Irrompe lo scalatore Romain Zaleski, che diventa
il primo azionista della holding guidata da Bondi e che chiarisce
subito che lobiettivo è lenergia, cioè
la Edison. Il varco, una volta aperto, si fa breccia larga. Attraverso
la quale passa il gigante pubblico francese Edf.
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