Con poche
eccezioni i fatti
hanno dimostrato
e dimostrano
che, anche
economicamente, lEuropa conviene.
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Ma davvero lEuropa conviene? E, questa, una domanda
che ogni tanto ritorna. Non a proposito dei risultati politici del
processo dintegrazione europea, da tutti dati per positivi:
ma per quelli economici.
Si cominciò a porre linterrogativo quando, nel 58,
con lentrata in vigore dei Trattati di Roma e la nascita del
Mercato Comune, caddero le prime frontiere commerciali. Avvenne
di nuovo parecchie volte in seguito. Avviene di nuovo ora mentre
si avvicina il momento in cui lUnione Europea sarà
più ampia (i primi ingressi dei 13 Paesi candidati potrebbero
esserci già nel 2003) e mentre ai molti entusiasmi politici
si affiancano, da parte di alcuni, forti preoccupazioni economiche.
Tra coloro che già fanno parte dellUnione cè
infatti chi ad esempio la Spagna teme di dover pagare
con pesanti rinunce e sacrifici il consistente soccorso economico
che ci si è impegnati a dare ai Paesi candidati in maggiori
difficoltà, ad esempio la Bulgaria, che ha un prodotto interno
lordo pro capite pari al 23 per cento di quello medio dellEuropa
comunitaria.
La Spagna, per lesattezza, ritiene che gli aiuti ai candidati
più poveri rendano indispensabili tagli ai cosiddetti fondi
di coesione grazie ai quali ha fatto letteralmente correre
la sua economia e pensa di poter continuare a farlo sempre che nel
prossimo futuro il previsto, considerevole afflusso di soldi europei
a favore di Madrid (80 mila miliardi tra il 2001 e il 2006!) non
si fermi o non si riduca.
La domanda sulla convenienza economica dellEuropa nel
nostro caso e in tanti altri ispirata da grandi e piccoli egoismi
è dunque vecchia come il processo di integrazione,
ha cioè quarantatré anni. Altrettanto vecchia è
però la risposta. Finora è sempre stata un convinto
sì. E crediamo che lo sarà anche in avvenire. Questo
perché con poche eccezioni (come alcuni sprechi dei primi
anni della politica agricola comune e un limitato numero di spese
facili che il Parlamento Europeo imputò nel 99
alla Commissione presieduta da Jacques Santer, costringendola a
dimettersi) i fatti hanno dimostrato e dimostrano che, anche economicamente,
lEuropa conviene.
Lo si è visto con i risultati del Mercato Comune, del Mercato
Unico, perfino della prima fase delleuro (che nonostante la
gara non sempre vittoriosa con il dollaro ha favorito lavanzata
economica dellUnione e ha dato stabilità alle monete
dei singoli Stati). Altre conferme sono venute e vengono dal successo
di tante grandi e piccole iniziative dellEuropa utile di cui
abbiamo parlato in nostri precedenti articoli, raccontandovi, tra
laltro, quanto lUnione fa per aiutare le aziende interessate
alle esportazioni e per tutelare i consumatori. Fa parte delle prove
della convenienza dellEuropa lo stesso caso della Spagna,
Paese che, grazie agli investimenti europei, ha dato smalto e vigore
alla propria economia. E tanto più perché questo caso,
nel suo genere, non è isolato.
LIrlanda quando entrò nellEuropa comunitaria,
nel 1973, aveva un prodotto interno lordo pro capite di poco superiore
alla metà (esattamente il 58,8 per cento) di quello medio
comunitario. Oggi, ventotto anni dopo, ha raggiunto e superato
di ben l11 per cento! il tetto della media comunitaria.
E stato un miracolo economico reso possibile grazie ai fondi
di coesione (concessi dallEuropa, lo ricordiamo, ai Paesi
che hanno un prodotto interno lordo pro capite inferiore al 75 per
cento di quello medio comunitario).
Ed è stata unaltra conferma di quanto lintegrazione
europea, anche sul terreno economico, possa convenire: come in un
opuscolo non a caso stampato e diffuso proprio mentre si
discute sui costi dellampliamento dellUnione
ha voluto sottolineare il movimento europeo irlandese.
Una precisazione: in questo come in tutti gli altri casi la convenienza
dellEuropa non era e non è scontata in partenza. Occorreva
e occorre sapersela guadagnare. Come? Semplicemente utilizzando
al meglio e al massimo i mezzi offerti dallUnione Europea.
Irlanda e Spagna lo hanno fatto: ed ecco come si spiegano i grandi,
esemplari progressi delle economie di questi due Paesi. Lo stanno
facendo anche le amministrazioni locali, i medi e piccoli imprenditori,
i cittadini delle zone di montagna di buona parte dEuropa,
rendendo possibile un altro miracolo economico non meno importante
di quello di cui stanno beneficiando lIrlanda e la Spagna.
E grazie a questo miracolo che la montagna dEuropa sta
passando dalla crisi a un inizio di prosperità.
Il 30 per cento circa del territorio dellUnione Europea è
costituito da montagne: che vanno dalle Alpi agli Appennini, ai
Pirenei, alle Highlands scozzesi, allIsola di Creta e così
via. In alcuni dei Paesi dellEuropa comunitaria (Italia, Austria,
Spagna, Portogallo, Grecia) metà della superficie è
coperta da zone montuose. Queste zone, nel complesso dellUnione,
ospitano la metà dei parchi naturali. Sono abitate da 30
milioni di persone, cioè da circa un decimo dellintera
popolazione dei 15 paesi dellEuropa comunitaria. Questi dati
dicono che la montagna ha ricevuto dalla natura il diritto ad avere
un ruolo importante nella realtà europea. Altri dati dicono
però che questo ruolo rischiava di cessare di esistere.
Fino a tempi recenti la montagna dEuropa si stava spopolando,
lagricoltura e lallevamento del bestiame davano redditi
sempre meno proporzionali alla durezza di un lavoro ad alta quota
e in condizioni climatiche spesso inclementi, mentre la scarsità
e lo stato sia delle strade che dellattrezzatura alberghiera
rendevano poco redditizio anche il turismo.
Ma ecco il soccorso europeo sostenuto e integrato dallimpegno
popolare. Il corso delle cose ha preso a cambiare. La montagna ha
cominciato ad avere un suo ruolo, non solo in natura ma anche in
economia.
Vediamo come sta avvenendo. Attingendo alle casse del FEAOG (il
Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia, cioè la
banca della Politica Agricola Comune), ai mezzi messi
a disposizione del programma Leader (destinato allo
sviluppo delle zone svantaggiate dellUnione) e ad altre iniziative
europee sono stati offerti ad allevatori e agricoltori importi
compensativi. Variano da 100 a 200 euro per ettaro (un euro,
lo ricordiamo, è pari a 1.936,27 lire) e costituiscono una
sorta di rimborso anche se solo parziale per le fatiche
e i magri redditi di chi coltiva la terra su terreni ripidi dovè
impossibile ricorrere alla meccanizzazione e dove le frequenti gelate
rendono precari i raccolti. Con analoghi importi si sono incoraggiati
gli allevatori di bestiame a continuare la loro attività.
Non è tutto. Grazie ai progetti europei, in montagna ora
si costruiscono strade, si favorisce la creazione di aziende agricole
collegate con le catene di distribuzione, si rende possibile
per queste aziende il ricorso sempre più frequente
allinformatica, si incrementa il turismo. E un insieme
di interventi che è senza precedenti. E che, per merito anche
del lavoro e delle idee delle popolazioni montane, sta dando risultati
notevoli, in alcuni casi imprevedibili fino a pochi anni fa.
Diamo uno sguardo a qualche esempio. Nella Stiria, regione dellAustria
ai confini della Slovenia, gli aiuti europei hanno permesso agli
agricoltori di intensificare la produzione di fragole, ribes e lamponi.
In pochi anni i terreni coltivati con questi frutti sono passati
da 300 a 1.000 ettari. Ricorrendo ad agronomi che prima non
potevano permettersi gli agricoltori hanno difeso i raccolti
dai parassiti. Adottando confezioni ecologiche su cui spicca
uninvogliante etichetta Comprate frutti maturati sulla
pianta, non sui camion o nei magazzini hanno notevolmente
incrementato le vendite. Oggi le fragole, i lamponi e i ribes della
Stiria sono apprezzati in tutta lAustria.
Nel Trentino, a Flavon e nelle Valli di Cembra e di Non, i soldi
europei sono stati spesi per migliorare (con la costruzione di bacini
artificiali e di riserve idriche) i sistemi di irrigazione. Risultato:
è aumentata la quantità e la qualità della
produzione di mele, di uva, di vino.
Prima dellarrivo del soccorso europeo Kinlochleven, paesino
delle Highlands scozzesi, sembrava economicamente finito. Aveva
appena chiuso la fonderia locale che da 200 anni era, per gli abitanti,
la principale fonte di lavoro e di reddito. Sembrava non ci fossero
alternative tra la miseria nera e la fuga verso zone più
prospere della Gran Bretagna. I soldi dellEuropa e la fantasia
di un certo numero di cittadini hanno reso possibile una terza soluzione.
Sono state create nuove, piccole imprese e si è scoperto
che Kinlochleven ha attrattive turistiche che era ora di pubblicizzare
e sfruttare. E stato aperto un albergo, è stato creato
un centro per lo studio della montagna, tutto il paesino
che ha parecchi edifici di interesse storico e architettonico
è stato rimesso a lucido. I turisti hanno preso ad arrivare.
E Kinlochleven ha ritrovato la sua tranquillità economica:
come ai tempi della fonderia, anche meglio.
La fantasia e la tenacia dei cittadini, oltre agli aiuti europei,
hanno dato tranquillità economica anche a Funasdalen, paese
della provincia di Harjedalen, in Svezia. Il piccolo centro è
posto in una zona dove il gelo è di casa per gran parte dellanno
ma dove, da sempre, si tramandano le tradizioni contadine dei sami,
cioè dei lapponi. Quando i soldi dellEuropa sono arrivati
gli abitanti di Funasdalen si sono chiesti: perché non utilizzarli
per aprire un museo dedicato appunto a una cultura, quella dei lapponi,
che è poco conosciuta nel mondo e nella stessa Svezia? Detto
e fatto. Il museo è stato aperto. Ora, ogni anno, ha 100
mila visitatori e alleconomia del paesino svedese è
garantita una bella cura ricostituente. E lo stesso risultato
che contano di raggiungere, con unidea diversa ma sempre con
gli aiuti europei, gli abitanti di alcuni centri che sorgono sui
fianchi delle Alpi meridionali francesi. Sugli aridi terreni di
questa zona cresce e prospera la lavanda. E crescerà e prospererà
sempre di più grazie al soccorso dellUnione: che permetterà
di portare da 2.500 a 4.000 ettari le superfici coltivate. Non è
tutto. Come i discendenti dei sami (lapponi) di Funasdalen
anche gli abitanti delle Alpi meridionali francesi pensano al turismo.
Progettano tra laltro di proporre ai visitatori un profumato
percorso attraverso la via della lavanda, con soste
in un giardino dellaroma a Nyers e al museo (naturalmente
della lavanda) di Coustellet.
La somma ottenuta aggiungendo agli aiuti europei le idee e il lavoro
degli abitanti della montagna ha dato tanti altri risultati. Vediamone
ancora qualcuno prima di concludere il nostro viaggio nelle trasformazioni
in corso nelleconomia delle zone montuose dellUnione.
Con i soldi dellUnione oggi a Umhausen, paesino delle Alpi
Tirolesi, opera un telecentro in cui trecento persone
seguono programmi di formazione che permettono luso della
tecnologia informatica nella gestione delle aziende agricole e in
attività connesse (come la vendita dei prodotti). Con i soldi
dellUnione a Bernia (regione di Valencia, Spagna), sono al
lavoro 60 giovani che, dopo un periodo di tirocinio professionale,
stanno provvedendo alla riforestazione di zone devastate da incendi
e dalla siccità. Con i soldi dellUnione nella valle
del Molital, sotto il ghiacciaio omonimo, in Austria, i montanari
hanno pensato e realizzato case ecologiche fatte di
legno e carta riciclata, illuminate e riscaldate con energia rinnovabile.
La novità ha avuto successo: e non solo localmente. Ora le
case ecologiche sono richieste in tutta lAustria.
Con i soldi dellUnione infine è nata una promettente
collaborazione tra due zone alpine quelle di Cadore nel Bellunese
e del Parco dellAlto Giura, in Francia che da decenni,
attraverso una serie di piccole industrie, forniscono occhiali a
tutto il mondo. Incoraggiati e aiutati dal programma europeo Leader,
Cadore e lAlto Giura realizzeranno insieme una mostra-museo
itinerante sulla storia degli occhiali e organizzeranno corsi di
formazione che daranno un lavoro altamente specializzato e
si ritiene anche ben pagato a un buon numero di giovani disoccupati
italiani e francesi.
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