Settembre 2001

ALLARME SPECULAZIONI

Indietro
Euro della malora
Hans-Werner Sinn Docente di Economia all’Università di Monaco
 
 

 

 

 

Nei prossimi
due anni tutto
funzionerà meglio, soprattutto in quei Paesi dove il denaro costava di più,
come l’Italia,
la Spagna
e il Portogallo.

 

Molti si chiedono perché mai l’euro viva da sempre in una sorta di limbo, dal quale stenta a venir fuori. Le spiegazioni tradizionali, secondo le quali l’economia europea è fiacca mentre quella americana è forte, e, ancora, che la new economy funziona in America e non in Europa, sono sbagliate. La ragione è semplice: noi abbiamo oggi un rallentamento nell’economia americana, mentre quella europea sembra relativamente più forte e, nonostante tutto, l’euro è debole. Allora è necessario trovare altre motivazioni.

La principale è che l’euro è ancora e soltanto una moneta virtuale. Questa sua natura così particolare ha due implicazioni. La prima è che tutti coloro che posseggono denaro proveniente dal mercato nero non sono interessati a questo tipo di valuta. Quei gruppi criminali che hanno oggi lire o marchi, fra qualche mese soltanto dovrebbero convertirli ufficialmente in euro nelle banche e mostrare anche un passaporto vero, secondo le severissime leggi antiriciclaggio. E’ naturale che costoro non vogliano dichiarare questi capitali, per cui chi ha denaro sporco sta pensando oggi di convertirlo in dollari o in altre valute stabili.
Sto parlando dei soldi delle varie mafie, ma non solo. In tutti i Paesi europei c’è sostanzialmente un’ “economia nera”, sia criminale sia sommersa. Si calcola che nei Paesi dell’area euro, forse con la sola eccezione della Grecia, questo tipo di mercato illegale ammonti al 15 per cento del Prodotto interno lordo. Che è come dire ad almeno 50 miliardi di euro che sono utilizzati per scopi illeciti. Questo vale soprattutto per la lira: è noto che l’Italia ha una “black economy” assai diffusa, che gli esperti ritengono pari al 28 per cento del Prodotto interno lordo della penisola mediterranea. Ma vale anche per la peseta e per il marco. Dipende solo dal grado di economia non trasparente nei vari Paesi.

La seconda considerazione, infatti, riguarda soprattutto il marco tedesco, che storicamente in alcune parti del mondo, (penso all’Europa dell’Est, ma anche ai Balcani e in Turchia), è sempre stato la seconda moneta nelle transazioni internazionali dopo la divisa americana. Ebbene, chi oggi possiede marchi in Bosnia o in Polonia, negli Stretti o nei Paesi Baltici e ha sentito che nel gennaio del 2002 andranno convertiti, ma non è sicuro dell’affare, e in particolare ha paura del tasso di cambio o delle commissioni che dovranno essere pagate, che fa? Preferisce comprare subito dollari sicuri, piuttosto che aspettare euro incerti.
E si badi bene: i marchi accumulati in questi Paesi rappresentano una cifra considerevole: la Bundesbank ha calcolato che un terzo dei marchi in circolazione sono attualmente fuori dalla Germania. Praticamente, fra i 30 e i 45 miliardi di euro.
E si badi ancora: il Governatore della Banca centrale europea sta facendo bene il suo mestiere, cerca di dare fiducia all’euro e non cambia posizione come una banderuola. Mi riferisco alle accuse, secondo le quali si ostina a non abbassare i tassi di interesse. Ora, va sottolineato che il costo del denaro in Europa non è alto. Se ricordiamo bene, solo cinque anni fa il tasso in Italia era del 12-13 per cento. Adesso è cinque o sei punti inferiore. Insomma, se si tiene conto di tutto, e anche del fatto che alcuni Paesi, come la Spagna, l’Irlanda e la Finlandia, hanno economie surriscaldate, allora non mi sono chiari i motivi per i quali Duisenberg dovrebbe ridurre il tasso di interesse ad ogni spirare di vento contrario. Certamente, si può stimolare l’economia riducendo il costo del denaro, e in una certa fase potrei anche capirlo. Ma io non accetto le critiche alla Banca centrale europea perché non adotta una politica del genere, simile a quella della Federal Reserve americana. Se si tagliano i tassi troppo presto, non si potrà intervenire successivamente, quando dovesse malauguratamente sopraggiungere una vera e propria recessione.
Ma tornando al discorso iniziale. E’ troppo tardi per evitare la corsa all’acquisto di dollari di chi oggi possiede lire o marchi “non dichiarabili”. La verità è che è stato commesso un grosso errore quando si è deciso di aspettare tre anni per introdurre ufficialmente l’euro come moneta di scambio. Ora non ci resta che pazientare fino all’inizio del prossimo anno. Quando finalmente l’euro apparirà sotto forma di banconote e di spiccioli metallici, allora la moneta europea guadagnerà attenzione e valore. Anche il mercato nero si convertirà a questa valuta e l’accetterà.
Dunque, sono ottimista sull’euro e anche sull’economia europea in generale. Nei prossimi due anni tutto funzionerà meglio, soprattutto in quei Paesi dove il denaro costava di più, come l’Italia, la Spagna e il Portogallo: le aziende di questi Paesi potranno finanziarsi alle stesse condizioni favorevoli di cui negli anni scorsi hanno potuto giovarsi le imprese tedesche, grazie ai tassi più bassi nell’area del marco. Rimango invece un po’ scettico sullo sviluppo della Germania, perché l’economia tedesca sta avendo difficoltà di crescita nel lungo periodo, soprattutto a causa di alcuni problemi interni, dalla flessibilità del mercato del lavoro alle tasse troppo alte a causa della riunificazione fra le due Germanie. E anche a causa dell’euro. Lo stimolo dei tassi d’interesse non funziona più per l’economia tedesca.

Tempi duri per la Bce

Samuelson - Turow - Tamames - Jolivet

 

“L’euro non cresce rispetto al dollaro perché l’economia europea è nei guai dal punto di vista delle importazioni-esportazioni e anche perché non è considerato un bene rifugio.
Penso che la Banca centrale europea sia segretamente contenta quando l’euro va giù, perché in questo modo le esportazioni restano competitive”.

Paul Samuelson
Premio Nobel per l’Economia

“L’immobilità della Banca centrale europea non è di natura tecnica, quanto politica. Il mandato che le è stato affidato è quello di combattere l’inflazione e nient’altro. Alan Greenspan deve preoccuparsi sì dell’inflazione, ma anche della crescita e della disoccupazione. Credo che bisognerà rendere il mandato della Bce simile a quello della Federal Reserve”.

Lester Turow
Docente di Economia al MIT

“Wim Duisenberg cerca di essere originale, sostenendo che non bisogna abbassare i tassi d’interesse. E’ un cattivo servizio all’Europa. La riduzione del costo del denaro favorirebbe lo sviluppo della Germania, della Francia e dell’Italia”.


Ramón Tamames
Docente di Economia Università di Madrid
“Le pressioni del Fondo monetario internazionale sulla Bce sono esilaranti. Questo organismo internazionale, ponendosi come cinghia di trasmissione della volontà degli Stati Uniti, crede di poter ordinare agli europei quello che devono fare. La politica economica dell’Ue deve essere sviluppata in piena indipendenza.
Per quanto riguarda i tassi, bisogna evitare atteggiamenti improvvisati e superficiali. La Bce non può sottovalutare l’aumento dell’inflazione in Paesi fondamentali per Eurolandia, come la Germania e l’Italia. Oggi, comunque, la vera bolla speculativa riguarda il dollaro, una valuta largamente sopravvalutata. Un giorno o l’altro anche questa bolla, come quella della Borsa di Wall Street, scoppierà”.
Benoit Jolivet
Direttore della Banca di Francia

   
   
Indietro
     

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000