Settembre 2001

DIBATTITI

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Politica assente
Euro debole
Paolo Savona  
 
 

 

 

 

Questo può essere considerato
un raggiro della
sovranità popolare, soprattutto laddove essa si è espressa
in modi appropriati.

 

Aver posto il problema delle relazioni tra la politica e la gestione dell’euro ha avuto il merito di attirare l’attenzione del dibattito su un punto della nuova costituzione economica, quella implicita nel Trattato di Maastricht, che gli italiani non hanno mai votato. Induce, però, a qualche turbamento il fatto che alcuni studiosi sostengano che parte di questo deficit di democrazia può essere colmato tenendo fuori la politica dalla gestione dell’euro e delegando alla Banca centrale europea di Francoforte l’esercizio delle sovranità monetarie nazionali.
L’Unione monetaria europea è nata nel presupposto che sarebbe seguita l’unione politica, ma ciò non è avvenuto. Questo può essere considerato un raggiro della sovranità popolare, soprattutto laddove (ma non è il caso dell’Italia) essa si è espressa in modi appropriati, ossia con referendum o con approfonditi dibattiti parlamentari che hanno condotto all’inclusione nelle costituzioni nazionali dei termini del Trattato di Maastricht (proposta che fu da noi respinta in sede di Bicamerale). Una moneta senza dietro una vera unione politica porta inevitabilmente a una sua debolezza internazionale.

Il Sistema europeo delle Banche centrali (l’Escb, secondo le iniziali inglesi) è un organismo pubblico autonomo dagli organi della democrazia politica, ma proprio per volontà di questi è stato incaricato di vegliare sul rispetto di un principio fondamentale: no taxation without representation, ossia non può esservi imposizione fiscale senza che i tassati partecipino alla decisione.
Poiché l’inflazione agisce come una tassa occulta, le democrazie hanno deciso di affidare il compito di combatterla a entità autonome, le Banche centrali, nel presupposto che essa abbia origini monetarie. L’autonomia implica trasparenza delle decisioni e la Banca centrale europea si è opposta a rendere pubblici i termini delle sue decisioni, come invece fa dettagliatamente la Federal Reserve americana. Da ciò deriva la necessità che quel poco di rappresentanza politica europea racchiusa nell’Ecofin (il Consiglio dei ministri finanziari europei) sia presente alle riunioni del Board della Banca centrale europea. Chiedersi il perché di questa presenza, magari insinuando che essa sia nociva, mi sembra contrasti con i princìpi stessi della democrazia.

Viviamo un periodo delicato di stanchezza della ragione, che si riflette in stanchezza del metodo democratico: dobbiamo stare attenti a non farci prendere dalla tentazione di ignorare l’importanza della difesa dei princìpi su cui esso si fonda.
D’altronde, è ora di decidere se l’euro è debole perché la politica è assente, come ripetutamente sostenuto, o perché gestito male. Le due cose certamente si intrecciano, ma la tesi che lo sia perché la politica europea è presente mi sembra, usando un termine caro a Guido Carli, molto audace! I limiti della devoluzione della sovranità monetaria all’Escb e i modi di suo esercizio sono previsti dal Trattato di Maastricht. La tesi che vuole trasferire pienamente questa sovranità nelle mani della Banca centrale europea di Francoforte è una proposta di modifica del Trattato quanto meno inattuale, viste le esitazioni nel completare il disegno politico europeo. Inattuale, se non addirittura controproducente, dopo i tanti, ripetuti e sbandierati successi mietuti dall’euro...
E’ noto che alcuni studiosi propongono di estendere la cessione di sovranità monetaria includendo la vigilanza bancaria. Se anche si dovesse arrivare a una simile determinazione, appare debole e speciosa la motivazione di voler eliminare dal sistema «Banche centrali gelose dei propri privilegi e restie a delegarli». E qui il riferimento alla Banca d’Italia è palese. I modi in cui è avvenuta e avverrà la cessione della sovranità in tutti i campi è centrale nelle prospettive dell’Unione europea, e se volessimo nuovamente partire dalla moneta, come fatto nel 1992, l’intento sarebbe destinato al fallimento.

Questo, sia perché l’euro è dominato dagli andamenti del dollaro e del mercato globale e la sua sovranità è già espropriata senza che la Banca centrale europea o il sistema delle Banche centrali abbiano saputo dare una risposta al problema; sia perché il ruolo delle organizzazioni internazionali dovrebbe essere quello di negoziare e di decidere democraticamente regole del gioco coerenti con l’economia del mercato globale, lasciando agli Stati nazionali la sovranità e il dovere di rispettarle. I modi in cui, ad esempio, opera il Wto, l’organizzazione mondiale del commercio, mi sembrano esemplari, oltreché rispettosi dei princìpi democratici.
Invece quasi tutte le organizzazioni sovranazionali, Banca centrale europea compresa, portano avanti lo slogan – perché altro non è – secondo il quale se si dà loro maggior potere, possibilmente senza vincoli democratici, le cose andranno meglio. Questa è solo una pia illusione. Poiché siamo nella terza fase del capitalismo, quella delle responsabilità, dopo l’epopea dei diritti e quella delle garanzie, occorre responsabilizzare gli Stati nazionali e non delegare il governo delle nostre sorti future a burocrazie sovranazionali che servono spudoratamente interessi nazionali, o ad altre che magari si vantano di non farlo. Ciascuno deve avere il governo che si merita, non quello che gli impongono “per il suo bene”!

   
   
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