Tutto il libro
sul Pasolini
affabulante
rivela lentusiasmo dello studioso per il tema specifico della
ricerca,
il simbolo.
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Sandro Briosi, introducendo di Carlo Alberto Augieri Sul senso
inquietante. La letteratura e le strategie del significante simbolico
(Bulzoni ed., Roma, 1996, pp. 148), affermava nella Nota introduttiva:
«lo studio del simbolo [
] è, oggi, unoperazione
tanto più meritoria quanto più rara», riconoscendo
allo studioso, docente di Teoria della Letteratura nellUniversità
di Lecce, due qualità specifiche: generosità intellettuale,
per un argomento che viene evitato come oggetto di ricerca, risultando
troppo teorico e astratto; ed entusiasmo, per la passione che è
alla base della sua quasi decennale trattazione, nello specifico
letterario e antropologico, molto più significante che in
ambito filosofico. Non attinente alla sfera della razionalità
e della concettualità, il simbolo si caratterizza da realtà
sensibile, immagine, animale o persona che sia, e rappresenta, convenzionalmente
e per associazione di idee, situazioni psicologiche, morali e in
particolare nella sfera del sacro, che Augieri, fondendolo con la
parola poetica, indaga particolarmente in Davide Maria Turoldo.
Alla base dello studio del simbolo, al quale sembra avere indirizzato
il suo impegno di ricercatore, ci sono tre autori-principi: M. Bachtin,
nel quale Briosi rileva «consonanze con la concezione che
tende ad assimilare parola sacra e simbolo»; P. Ricoeur, specie
per il rapporto fra simbolo e metafora, per limportanza del
«passaggio dal mito alla fiaba e dallepos al romanzo»;
E. de Martino, in cui «il rapporto emozione-letteratura non
può poi, naturalmente, fare a meno di Freud».
In questo quadro, Augieri, simbolologo assoluto, conduce
il suo esame letterario, specie sugli autori che maggiormente si
prestano ad interpretazioni magiche. E per questo
che Briosi aggiunge che «per amore del simbolo [
] gli
affida spesso compiti forse superiori alle sue forze».
Lultimo lavoro di Augieri, Sul senso affabulante, è
unindagine, dice il sottotitolo, su: Pasolini, la letteratura
e la ri-simbolizzazione orizzontale della storia (Milella,
Lecce, 2001, pp. 204), in cinque saggi dal 1996 al 2000, tra Lecce
(1996, 1998), Napoli (1997), Siena (2000), su un autore che egli
ritiene rappresenti «un nuovo modo simbolico di storicizzare
luomo; un nuovo modo di scrivere sulluomo; una diversa
proposta su cui affabulare in modo ri-simbolizzante la storia nella
quale vive luomo».
Questo dunque limpegno sul quale Augieri ha lavorato, analizzando
Pasolini «con la supposizione [Augieri scrive che,
io cambio preposizione] di cogliere la fenomenologia della trasformazione
del simbolico nella scrittura contemporanea».
Il percorso tocca «Pasolini e il simbolo come significante
espressivo di storicizzazione», come rapporto di linguaggio
discorsivo e immagine simbolica che si fa segno per comunicare e
informare e nellinsieme degli eventi si fa storia. Pasolini
tocca il tasto della «de-simbolizzazione contemporanea»
che, afferma Augieri, «è la causa di molti effetti
mostruosi sul piano dellidentità modellizzante
della cultura», tal che Pasolini evidenzia la situazione della
Chiesa cattolica che mancherebbe «di Carità, nellesaminarsi»
da parte della Sacra Rota che la richiederebbe come virtù
precipua.
E la prima volta che Augieri accenna a S. Paolo, a proposito
della Sceneggiatura per un film su S. Paolo, come risvolto dellintreccio
tra storia e simbolo che Pasolini aveva già affrontato in
Ragazzi di vita (1955), Il Vangelo secondo Matteo (1964), Edipo
re (1967), Teorema (1968). In essi, continua Augieri, erano configurati
i simboli accattoni e senza potere, i «personaggi-simbolo,
a cominciare dal classico Edipo, per finire a Gesù
ed allapostolo Paolo».
Chiarisce più avanti Augieri: «Gesù e San Paolo
non sono raccontati da Pasolini come soggetti fuori
dalla storia, ma esterni alla storia ristretta,
che non coglie arbitrariamente i significati della diversità,
deprivandoli del loro potere ermeneutico, della loro presenza
semantica».
Questa diversione particolare del tema pasoliniano su Gesù
e San Paolo mi ha portato, nel corso dei saggi, a vedere se questo
argomento di portata religiosa avesse sviluppo. E così è
stato, perché nel secondo saggio, dove lo specifico è
la citazione, essa suscita in Augieri diversi interrogativi, tra
cui in particolare: «Perché cè differenza
[
] tra come Pasolini cita le parole di Gesù e quelle
di Paolo?».
La citazione dei personaggi mitici-simbolo (qui cè
una commistione, non chiarita, tra miti letterari e
simbolo), sia storici (Gesù e Paolo), sia testuali (Medea
e Edipo), impone che per i personaggi storici, come Gesù
e San Paolo, «la loro parola è sacra e,
perciò, la fedeltà ad essa risponde ad un bisogno
di rispetto molto sentito da Pasolini».
Se il film su San Paolo non venne mai realizzato, due documenti
narrativi del 1968, Progetto per un film su San Paolo e laltro
un mannello di appunti per un Abbozzo di sceneggiatura per un film
su San Paolo, consentono di «citare fedelmente le parole scritte
e pronunciate da Paolo durante la sua opera di organizzatore della
Chiesa».
Augieri, mi piace sottolinearlo, insiste sulla «citazione
come celebrazione non rituale della parola simbolica»
(titolo del saggio in questione); e quasi a conclusione, precisa:
«La citazione della parola di Paolo finisce là dove
termina la parola profetica, sacra, che non è quella metafisica,
vaticinante, alta della maiestas, ma quella
orale, popolare, realistica, lunica capace di esprimere il
senso dellalterità, la semantica della simbolicità».
Ritorna Augieri, dopo il saggio napoletano sulla simbolizzazione
senza potere, sui ragazzi borgatari da Riccetto a il Calabrese,
il Cappellone, Er Picchio, Caciotta,
etc., sulla diversione San Paolo, nel saggio leccese
del 1998, che riprende sul personaggio «senza potere»,
«lontano dal palazzo, distante dalla piazza». Edipo,
Paolo e lo stesso Pasolini offrono scrive Augieri
tre «modellizzazioni culturali: greca (lEdipo re di
Sofocle), ebraico-cristiana (la missione di San Paolo, raccontata
da Luca negli Atti degli Apostoli) e contemporanea (la libera
riscrittura pasoliniana dei due testi antichi, profondamente trasposti
nella sensibilità e cultura del nostro tempo)».
Questi personaggi ricavati luno dal mito e laltro dalla
storia, «riscritti da Pasolini, diventano consanguinei,
semanticamente vicini, simili». Nel progetto del film non
realizzato, Paolo dovrebbe finire condannato a morte da un tribunale
americano, ma scrive lo stesso Pasolini: «San Paolo subirà
il martirio in mezzo al traffico della periferia di una grande città,
moderna fino allo spasimo
».
Nellultimo saggio, svolto come relazione a Siena nel giugno
2000, lo studioso svolge il tema del contagio, concettualmente difficile
ad essere chiarito nel rapporto significante-significato, nello
specifico di Teorema, il cui protagonista sostiene Augieri
«riesce a contagiare grazie alla complicità
degli sguardi della famiglia che lo accoglie [
], i cui membri
vengono ad uno ad uno inevitabilmente, ma innocentemente, attratti
dalla presenza dellospite».«Il contagio
spiega il critico motiva una partecipazione intima, un abbandono
totale, per il quale anche i confini tra io e tu diventano labili,
inappropriati».
Tutto il libro sul Pasolini affabulante, parafrasando
il pensiero di Briosi, rivela lentusiasmo dello studioso per
il tema specifico della ricerca, il simbolo e per il tema particolare,
che è P. P. Pasolini; ma forse eccede, perché lultimo
saggio, quello sul contagio, è di difficile digestione
da parte dei non specialisti e comunque di laboriosa
masticatura.
La cosa che mi ha richiamato un altro libro è il riferimento
che Augieri fa a San Paolo nel primo (pp. 15-46), nel secondo (pp.
47-72) e nel quarto saggio (pp. 117-160), dove lapostolo è
consanguineo con Edipo e resta, nella simbolizzazione
augeriana, quello che dichiara Pasolini nel postumo San Paolo (Einaudi,
Torino, 1977): «il mio primo obiettivo è quello di
rappresentare fedelmente lapostolato ecumenico di San Paolo,
vorrei potermi disobbligare anche da una certa coerenza esteriore
e letterale».
Laltro libro sul rapporto Pasolini-San Paolo, uscito allinizio
del 2000, di Ilario Quirino, Pasolini sulla strada di Tarso, C.
Marco ed., Lungro di Cosenza, 1999, pp. 194, mostra invece la identificazione
di Pasolini e San Paolo, sin dalla concezione politico-semantica
della libertà: «la parola misteriosa
afferma Quirino utilizzata da Pasolini per definire la libertà
è mutuata dal mistero divino proclamato da San Paolo»,
ricavata dalla I Lettera ai Corinzi.
E aggiunge lautore, che è un medico-pittore, suggestionato
dallanalisi condotta in piena autonomia dal pittore Giuseppe
Zigaina che introduce il suo libro e non tralascia linterpretazione
poetica di E. Sanguineti, che parla della morte violenta di Pier
Paolo come di «un suicidio per delega», aggiunge dicevo:
«la libertà per San Paolo come per Pasolini si trasforma
nel desiderio del sacrificio che si compie fatalmente per entrambi».
Quirino persegue la sua concezione contaminante tra il santo e lintellettuale
marxista con una sua strategia analitica, spaziando su tutta lopera
e la vita di Pasolini, sino a condividere lipotesi pasoliniana
sulla omosessualità del santo, avanzata negli Scritti corsari
e nei versi inclusi in La nuova gioventù.
Questo processo di identificazione si matura attraverso lopera
complessiva di Pier Paolo, ma particolarmente nella poesia Tarso,
da lontano, «composta dal poeta in occasione del suo viaggio
in Cappadocia per girare le scene di Medea».
Allarrivo nella città natale di Paolo, nella pianura
«misteriosamente tiepida», Pasolini confessa: il Nostro
cuore ci balzò in petto premuroso / Eh già, per Noi
tutto questo tempo è stata una parentesi, / chiusa dal Nostro
arrivo. Furono aboliti / questi eterni due millenni. Il punto in
cui Paolo / era lì e il punto in cui Noi arrivammo furono
contigui. Commenta Quirino: «quel Noi e quel Nostro
non possono che riunirlo al fratello Guido in ununica entità
proiettata verso un destino comune, sancito dallesempio dellapostolo».
«Ricordiamo che Pasolini continua Quirino aveva
utilizzato in più occasioni tale espressione rievocando luccisione
del fratello: Con la testa spaccata, la nostra testa, tesoro / umile
della famiglia.
Nella poesia Tarso, da lontano, la lettera maiuscola N
conferisce al discorso del poeta una maggiore solennità».
Leggiamo nella poesia, più avanti, un verso in un certo senso
rivelatore: ho Ri-trovato il luogo, Ri-vedo le azioni, Ri-ascolto
le parole; sembra che Pier Paolo voglia, saltando a piè pari
millenni, applicare la regola matematica della proprietà
transitiva e ri-trovare il luogo, ri-sentire le parole, ri-vedere
le azioni, per accomunare lassassinio del fratello Guido (1945)
con la decapitazione di San Paolo (65 o 67 d.C.) e, quasi profeticamente,
la propria fine (1975).
Con queste sovradimensionate interpretazioni testuali, Pasolini
diviene una reincarnazione laico-politica di san Paolo. Indubbiamente,
per un eccesso damore ideal-letterario-religioso, cè
una forzatura ermeneutica che, vivo Pier Paolo, poneva specularmente
Guido Pasolini e San Paolo; morto il poeta, il rapporto di identità
è, per Quirino, tra il poeta e il santo!
In questa ottica, si amplia a dismisura lemblematismo degli
accostamenti: la decapitazione di San Paolo alle acque Sestie, sulla
via Ostiense, e lo scempio del corpo di Pier Paolo fatto ad Ostia
(con la diversione etimologico-mitica sottolineata da Zigaina, citato
a proposito da Quirino, «significa anche vittima consacrata»),
acquistano un senso, se non magico, significativo, sino a ritrovare
un altro segno nelletà dei due, che morirono, scrive
Quirino: «Il martire [
] ucciso a 54 anni e, come è
noto, Pasolini spirò a 53 anni».
Due libri del tutto diversi, anche se convergenti sullargomento
trattato; quasi coincidenti temporalmente e casualmente convergenti
per il rapporto Pasolini-San Paolo di Tarso: marginale per il testo
di Augieri, fondamentale e prevaricante in modo esclusivo, pur nella
quasi totalità dei testi paolini, nel saggio di Quirino.
Le divaricate interpretazioni sono dovute alla valutazione mitica
di Pasolini che Quirino, secondo la concezione di Mircea Eliade,
ha spinto al tempo favoloso degli inizi cristiani; il compito analitico
di Augieri è quello di ritenere P. P. P. simbolo
inteso «non contenuto, ma attrezzo
mentale con cui luomo guarda da sempre le stesse
cose, sempre interrogandosi se esse non siano anche diverse».
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