Federico non poteva che soggiornare
in Puglia,
in quella terra
che rappresentava
la cerniera
tra lOriente
e lOccidente.
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Federico II si sarebbe compiaciuto di considerarsi figlio di Puglia
e i pugliesi, quelli moderni, a loro volta, si compiacciono di questa
predilezione dellImperatore. Ma cominciamo a porci delle domande.
Federico II è stato amico dei pugliesi? Esistono due libri,
ormai fuori commercio, li troverete soltanto in biblioteca, il primo
sintitola I distici di Federico di Svevia in dileggio delle
città di Puglia. Lautore è B. Paolillo e fu
edito a Bari nel 1924. Il secondo è di R. Corso e ha per
titolo I presunti motti di Federico II sulle città pugliesi,
edito a Napoli il 1922. In questi libri, sintende con tutte
le contaminazioni della leggenda, leggiamo che Federico avrebbe
detto di Bari: «Gens infida Barii / verbis multa promittit».
E di Bitonto ancora avrebbe detto: «Gens Bitontina tota bestia
et asinina». Con Brindisi, invece, lImperatore fu benevolo
e disse: «Filia solis, ave, nostro gratissimo cordi».
E tutti sappiamo che Andria fu definita «fidelis». Putignano
invece aveva osato sbattere le porte in faccia a Federico senza
neppure salutarlo e quando lImperatore chiese perché
non lo salutassero si sentì rispondere: «Noi stiamo
in casa nostra e non salutiamo nessuno; a voi, nostro ospite, tocca
salutare».
Torno a dire che un grosso ruolo giuoca la leggenda, ma ricordiamoci
che le leggende hanno sempre un fondo di verità. Lanimosità
dei pugliesi contro Federico nasceva dallindigenza delle popolazioni
tartassate da balzelli per sovvenzionare le manifestazioni di grandezza
e le imprese belliche del sovrano. Fu così che si ebbero
ribellioni e sommosse e numerose città di questa «prediletta»
terra subirono lira dellImperatore. Dopo la scomunica
del 1227, la crociata del 1229, lAutoincoronazione di Federico
in Gerusalemme e laumentata ostilità della Chiesa,
crebbero i sussulti sociali e rimontano a quellepoca le distruzioni
di Larino, Sansevero, Civitate, Casalnuovo, Foggia (che pure era
considerata capitale del regno continentale) e Troia, la cui fiera
opposizione comportò labbattimento delle mura e lammazzamento
di parecchi cittadini, le cui carni furono gettate ai cani. Tuttavia,
dal 1220 alla morte Federico ha soggiornato, soltanto in Capitanata,
oltre sessanta volte (con una media di due volte lanno) senza
contare i soggiorni in tutte le altre città delle altre province
pugliesi.
Quale fascino aveva la Capitanata per Federico? Il grande Haseloff
si sorprende per questa preferenza e descrive così la Capitanata:
«Paesaggio desolato, una steppa deserta, senza alberi, calda
destate e fredda dinverno, povera dacqua, polverosa
e funestata da febbre». Il Bertaux dice: «Quella regione
maledetta, che si chiama il Tavoliere, il deserto temibile, dove
Foggia sembra accampata come una città del Sud della Algeria».
E Lenormant: «La noiosa pianura del Tavoliere, piatta senza
ondulazioni, senza un albero, un deserto dove non si scorge un solo
essere vivente, in estate diventa un vero Sahara»; e Bourgét:
«Questo orizzonte così vasto, così nudo, così
deserto», ed infine lo Steinitzer: «In tutta Italia
non si trova un paesaggio squallido quanto il silenzioso Tavoliere».
E per brevità non si citano tutti gli altri autori, antichi
e moderni, che sono della stessa opinione.
E continuiamo a porci domande: perché, allora, questa ostinata
preferenza per la Puglia e in particolare per il Nord della Puglia,
ossia la Capitanata? Molti autori, tra cui lHaseloff, rispondono
che si è trattato di una scelta strategica, politica e militare,
e siamo tutti daccordo. Data la vastità degli interessi
di Federico in Occidente e in Oriente, la Puglia rappresentava la
cerniera tra i due poli certamente, e tra Foggia e Brindisi la scelta
non poteva non cadere su Foggia, più a Nord del territorio,
più sulla direttrice di Napoli e quindi sulle strade che
rapidamente (si intende per quei tempi) conducevano a Nord. Né
tale ruolo poteva svolgerlo laltrettanto amata Sicilia che
pure è spinta verso Oriente, ma dove lo Stretto di Messina
ritarda i collegamenti con il continente. Invece in Puglia, da Brindisi
a Manfredonia, attraverso Monopoli, Bari, Molfetta, Trani, Barletta,
troviamo una serie di porti che allacciano rapidamente lOriente
allOccidente. Ma se si fosse trattato soltanto di commerci
non sarebbe stata necessaria la presenza dellImperatore. Se
si fosse trattato di controllare la situazione politica ci sembra
che altrettante valide ragioni esistevano al Nord dellimpero
dove Federico è dovuto accorrere spesso a spegnere sedizioni
e minacce nemiche. E allora qual era la necessità della sua
massiccia presenza lungo larco di ben trentanni qui
in Puglia? Davvero dobbiamo credere che fossero gli uccelletti da
cacciare con i falconi?
Secondo alcuni autori, Federico costruì molti castelli in
Puglia. Precisiamo subito che Federico costruì pochi castelli
ex novo in Puglia e molti ne restaurò, esattamente come fece
per tutto il resto dItalia; costruì anche dei cosiddetti
castelli di caccia che erano residenze di piacere, di sollazzo e
siamo daccordo; ma non costruì questi palazzi, queste
case, questi castelli perché lo attraeva laprica regione
(di regioni belle, apriche, dai paesaggi riposanti, ce ne sono tante
e, abbiamo visto, di migliori), ma fu il contrario, ossia costruì
tali residenze per rendere più gradevole il soggiorno in
zone scarsamente invitanti. I motivi che inducevano Federico a soggiornare
in Puglia erano tanti, alcuni chiari, manifesti, altri più
nascosti e qui occorre affrontare temi più profondi che investono
la personalità di Federico sotto il profilo spirituale, religioso
e scientifico.
Il papa Gregorio IX, che da cardinale era stato buon amico di Federico,
divenne suo acerrimo nemico, ma ciò non avvenne per motivi
politici. Gregorio IX si convinse con landar del tempo che
lo Svevo era un pericolo per la Chiesa anche dal punto di vista
religioso. Sappiamo bene quanto grandi siano state le ostilità
tra Federico e la Chiesa, meno bene sappiamo la grande simpatia
dellImperatore per la civiltà islamica, per gli ordini
iniziatici e spirituali fioriti in Oriente sia nella sfera islamica,
sia in quella sufica e sia in quella cristiana, e a proposito di
questi ultimi va precisato che la spiritualità nellambito
cattolico era tanto maggiore quanto maggiore fosse la distanza da
Roma, ossia dal papato. E qui lindagine si allarga. E
noto che la Chiesa di allora era estremamente corrotta, che il potere
temporale soverchiava quello spirituale, che movimenti di protesta
erano fioriti un po dappertutto a mano a mano che ci si allontanasse
dal tallone romano. I movimenti, detti eretici, della Provenza (i
Catari, gli Albigesi, ecc.), quelli della contea di Tolosa, contestavano
la Chiesa di Roma. Altrettanto accadeva tra i cristiani dOriente
che, per giunta, risentivano linflusso sufico. La spiritualità
orientale era talmente irradiante che se passiamo da unanalisi
storica, filosofica, religiosa ad una letteraria, troviamo anche
nella letteratura occidentale vistose tracce. Gran parte della produzione
trovadorica provenzale e parte di quella italiana dei Fedeli dAmore
sispirano alla spiritualità dOriente. Purtroppo
la brevità ci impedisce di aprire tutto intero il ventaglio
di questo affascinante tema, ma qualche cenno può far capolino.
Per esempio, è noto che Federico, suo figlio Enzo e molti
personaggi della corte imperiale scrivevano poesie e tali poesie
sono giunte sino a noi e possiamo leggerle quando vogliamo. Poesie
e sirventesi provenzali sono in nostro possesso. Ebbene, in tutta
questa produzione poetica si canta lamore per una donna che
in realtà non è una donna fisica, ma la conoscenza
iniziatica e tale donna (Sofia) è sempre lontana e dimora
e soggiorna in Oriente, e precisamente in Siria. Ecco che noi troviamo
liriche indirizzate alla Rosa di Soria e le troviamo nella produzione
della corte federiciana come nelle liriche di Jaufré Rudel,
il principe di Blaia che si era innamorato della contessa di Tripoli
senza averla mai vista, ma soltanto per averla sentita decantare
dai pellegrini di ritorno dalla Terra Santa e che in realtà
non esisteva come persona fisica, ma era unallegoria.
In realtà, crociati e pellegrini di ritorno dallOriente
portavano notizie di una religiosità in quei Paesi più
spirituale, più libera da dogmi, da condizionamenti temporali,
meno oppressa da una pesante gerarchia clericale corrotta. E
noto che Federico II ebbe molta simpatia per lIslam, che fu
in ottimi rapporti col sultano Al Kamil, che parlava perfettamente
larabo e conosceva la poesia, la filosofia e la scienza araba.
E impossibile qui, in breve tempo, apportare la copiosa documentazione
che testimonia quanto sin qui enunciato. Occorre citare storici
arabi, riportare le splendide pagine di Amin Maaluf a proposito
dei rapporti di amicizia vera tra Federico e Al Kamil, descrivere
e documentare linfluenza del sufismo su Federico, rileggere
le poesie uscite dalla sua corte, per capire il fascino esercitato
su Federico dagli ordini iniziatici dellOriente.
La simpatia (e diciamo semplicemente simpatia) di Federico per la
sfera orientale con la sua particolarissima spiritualità
spiega perché il papa Gregorio IX lo addita addirittura come
un precursore dellAnticristo, sultano battezzato. La Chiesa
vedeva nellImperatore un soggetto capace di sovvertire lordine
religioso costituito in Occidente. Da qui appare chiaro che Federico,
visto in questa ottica, non poteva che soggiornare in Puglia, cioè
in quella terra che rappresentava la cerniera tra lOriente
e lOccidente, e in particolare in Capitanata, vicino a tutti
quei porti che vedevano il flusso e il riflusso da e per lOriente,
con la possibilità di informazioni rapide (sintende,
relativamente ai tempi), di comunicazioni quasi immediate e, nel
contempo, restando al nord della regione per un più facile
spostamento, in caso di necessità, verso il nord dItalia.
Ed ecco, quasi a conferma di quanto sin qui detto, sorgere a Lucera
la comunità degli arcieri saraceni, fedeli allImperatore
e «spina nellocchio» per il Papa. Sembra proprio
che lo Svevo potesse contare più sulla fedeltà alla
sua persona da parte dei musulmani arabi che dei cristiani dOccidente.
La Puglia, quindi, per Federico, fu il ponte naturale che lo collegava
con la sua più intima, segreta aspirazione alla trascendenza
e alla ricerca scientifica, e non dobbiamo dimenticare che ogni
uomo, e più ancora un Imperatore, ha quasi sempre due personalità:
quella del ruolo che riveste nel mondo e quella sua propria, intima,
soltanto sua, spesso diametralmente opposta allaltra. Purtroppo
questa esposizione sintetica perde molto del suo mordente perché
non è possibile sviluppare tutte le tematiche che suffragherebbero
lassunto, ma lo scopo ultimo di questo mio dire è che,
ancora una volta, la Puglia emerge già scrigno di arte e
di storia, teatro di avvenimenti antichi e recenti, cuore del Mediterraneo,
e si ricolloca alla ribalta dellumana vicenda imponendosi
a un grande Imperatore che ne fa ponte e cerniera tra il pensiero
occidentale e quello orientale, perché non cè
altro ponte più naturale di questo, per cui, anziché
intitolare questo mio scritto Federico II di Svevia e la Puglia
io lo intitolerei La Puglia e Federico II di Svevia.
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