Giugno 2001

Interpretazione dei segni / Arcani-superstizione-spiritualità

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Trentacinquemila anni
di sciamani e pizie
Tonino Caputo - Aldo Dall’Ongaro - Marino Capitanio
 
 

 

 

 

Coll.:
Enzo Caprara
Lilia Metrangolo
Alba De Robertis

 

Ha tutte le apparenze del piccolo diavolo delle favole (magari a lieto fine): rosso e con le corna. Ma è l’immagine di uno sciamano, dipinta trentacinquemila anni fa: una delle più antiche pitture preistoriche del mondo, la più vecchia immagine che si conosca di uno stregone dell’età paleolitica. La figura, alta appena diciotto centimetri, è dipinta su una scheggia di pietra rinvenuta poco tempo fa in una grotta a Fumane, in cima ai Monti Lessini, pochi chilometri a nord di Verona. Su una seconda pietra, ritrovata vicino alla prima, compare invece l’immagine di un animale dal corpo allungato: forse una donnola; forse un felino. I reperti sono stati scoperti nella stessa grotta (in sedimenti di dieci metri di spessore) nella quale sono stati rinvenuti utensili di pietra scheggiata, ossa di animali, conchiglie marine utilizzate come monili e resti di focolari che testimoniano una frequentazione umana iniziata ottantamila anni fa dall’uomo di Neanderthal e proseguita poi dall’Homo Sapiens fino a circa trentamila anni fa, quando per motivi non ancora conosciuti la grotta venne abbandonata.
Le immagini emerse a Fumane non presentano certamente un livello artistico paragonabile ai grandi capolavori della pittura preistorica di Lescaux o di Altamira (che però vennero realizzati circa ventimila anni dopo), ma sono di fondamentale importanza perché vennero eseguite nell’Aurignaziano, vale a dire nel periodo in cui compaiono le prime manifestazioni d’arte dell’Homo Sapiens, l’uomo anatomicamente moderno che in Europa e in parte dell’Asia sostituì l’uomo di Neanderthal attorno, appunto, a trentacinquemila anni fa.
La figura più interessante è quella dello sciamano che sembra impegnato in un rituale in cui l’animale che stringe nella destra pare avere il ruolo di vittima. Il protagonista indossa una maschera triangolare con corna da bovide (forse un bisonte), ha il corpo filiforme, le gambe arcuate, le braccia spalancate, e con una mano tiene sospeso il piccolo animale, che al posto della testa ha un enigmatico segno “X”.

La prima osservazione è che tra le più antiche testimonianze artistiche del periodo Aurignaziano è questo il terzo caso in cui compare un essere mascherato da animale: un uomo-bisonte è dipinto nella celeberrima grotta Chauvet (in Francia), e un uomo-leone è raffigurato in una statuetta d’avorio rinvenuta nella grotta Hohlenstein-Stadel (in Germania).
Le due pietre dipinte erano sepolte (insieme ad altre tre, con figure ormai irriconoscibili) nella stessa zona del pavimento della grotta, e la loro struttura chimico-fisica dimostra che si staccarono dalla volta della caverna. Questo suggerisce che si tratti di frammenti di uno stesso dipinto crollato a pezzi, anche se la buona “centratura” delle immagini all’interno del perimetro delle pietre può far pensare che le figure siano state eseguite su schegge già cadute dalla volta. Un affresco che probabilmente illustrava una cerimonia in cui lo sciamano aveva un ruolo primario.
Sappiamo che lo sciamano era l’intermediario tra il mondo degli uomini e il soprannaturale. Era, cioè, un personaggio capace di avere un dialogo diretto con le divinità e di interpretare i bisogni materiali e spirituali della comunità. Ma capire il significato di queste immagini e le motivazioni per cui vennero eseguite non è affatto semplice. Fra non molto si scaverà in un altro settore della grotta, che si presenta fortemente intriso di ocra rossa. Si spera così di trovare qualche cosa che aiuti a capire un po’ di più di queste immagini e magari a interpretare correttamente due grandi corna di cervo ancora attaccate al cranio che sono state trovate nello scavo: non sembra si tratti di un resto di macellazione, suggerisce piuttosto un trofeo di caccia. O, in alternativa, un’altra “maschera” dello sciamano.

Era storica. «L’importanza di Delfi nella religione, nella politica e nell’economia del mondo antico è stata paragonata a quella del Vaticano oggi, e il confronto, preso con la dovuta cautela, è d’aiuto»: così si esprime Georg Luck, presentando l’antologia di testi antichi sulla Divinazione (Arcana Mundi, con le altre sezioni sull’Astrologia e sull’Alchimia; mentre nel volume precedente si era interessato di Magia, Miracoli e Demonologia).

Pizia on line

Persino Internet ha i suoi oracoli, le sue divinazioni, le sue Dodona e Delfi: siti dove andare a cercare qualche responso (ovviamente interattivo) sul futuro, ma col rischio di ricevere incomprensibili balbettii, come quelli della Pizia. In rete, sono migliaia le pagine dedicate ai tarocchi, all’astrologia, alla numerologia. E soltanto a digitare la parola inglese “divination” nel motore di ricerca Altavista se ne ricavano oltre ottantamila.
C’è chi si richiama al cinese I Ching e dalle pagine web offre consulenze a pagamento. Basta inserire data, luogo e ora di nascita, dare un’indicazione su problemi da illuminare e nel giro di una settimana si riceverà una risposta. Costo “piziesco”: 100 dollari se si è maggiorenni, 80 per chi non abbia compiuto i diciotto anni di età.
Al sito del Kepler College si offre un approccio più scientifico che vuole dimostrare l’importanza dell’astrologia. Il corso di studi per i suoi allievi, anche quelli che seguono i simposi a distanza, via Internet, si ispira alla vita e al lavoro di Keplero ed è una sintesi di matematica, geometria, astronomia e naturalmente lettura delle stelle.
Il futurologo Gordon-Michael Scallion mette in rete le sue predizioni al sito del Matrix Institute, l’organizzazione che dirige nel New Hampshire. L’istituto pubblica bollettini, mappe e videocassette, e tiene lezioni e seminari sui cambiamenti che interesseranno la Terra nei prossimi anni.
Chi infine volesse affidarsi ai propri poteri divinatori può metterli alla prova al sito Psi Test. In pochi minuti si affronta un esame in tre gradi di difficoltà: bisogna concentrarsi su un mazzo di carte e indovinare quali ci permetteranno di pensare a livello superiore cliccandoci sopra.

Anche in questo caso, intermediari fra terra e cielo, fra uomo e soprannaturale. Da tutto il Mediterraneo gli uomini venivano a Delfi (città-simbolo, nel nostro caso) per ascoltare le parole incomprensibili e precipitose di una vergine seduta su un tripode; speravano che quel farfugliare ostico, in cui si coglieva a tratti qualche sillaba di lingue orientali, come se alla vergine fossero familiari i marinai che frequentavano i porti, una volta traslato in versi greci da sacerdoti poliglotti, li illuminasse sul loro futuro.
Ma, al pari di ogni grande Santuario, Delfi aveva molte altre cose da offrire. I sacerdoti locali esercitavano una loro influenza pubblica, e dunque si andava al Santuario anche per far politica. Come forse la facevano, al loro modo primordiale, gli sciamani. Oppure si trattavano questioni finanziarie, con i cambiavalute che affollavano i portici e le stradine in salita (come le conchiglie dello sciamano?). O infine vi si facevano acquisti.
Chi ama l’arte oppure ha curiosità storiche e archeologiche, può ammirare i doni che, nel corso dei secoli, le Città e i Re hanno inviato all’Oracolo, magari decifrandone le iscrizioni. In alto, ai piedi delle rocce Fedriadi (“le Brillanti”) gli atleti si sfidano nello stadio. C’è folla, a Delfi, tutti i giorni, in qualsiasi ora del giorno. Per tutti i giorni dell’anno.
La “divinatio” atteneva alla sfera del sacro, delle “cose divine”. Se gli dèi ci amano, perché dovrebbero nasconderci quel che si aspetta? E infatti, non lo nascondevano: dappertutto avevano disseminato segni che, interpretati nel modo giusto, fornivano informazioni sul futuro. Così argomentavano gli stoici, secondo Cicerone. Delfi era soltanto il punto più luminoso di una vastissima geografia divinatoria. Molti i grandi oracoli (e ce n’erano anche di piccoli e di villici, per le esigenze di questo o di quel cantone agricolo o pastorale). Conveniva muovere guerra, oppure no? Conveniva fondare una colonia? E, in caso affermativo, dove? e quando? Questo chiedevano i Re e le Città. Ma le domande erano accompagnate da altri quesiti più modesti, personali, pudicamente proposti: «Nicocrateia desidera sapere a quale dio offrire sacrificio per sentirsi meglio e stare meglio, e per uscire dalla malattia...». «Lisaia chiede se sia suo il bambino che Annula porta in grembo». «Cleuta chiede se sia utile e vantaggioso per lui allevare bestiame...».
Incisi su piccole lamine di piombo, questi quesiti (citati da Luck) erano rivolti a uno degli oracoli più antichi e famosi, quello di Dodona, in Epiro; e l’accondiscendente Zeus rispondeva, facendo stormire le fronde di una grande quercia.
Amore, lavoro e affari, salute, intraprese belliche e migrazioni: in questo modo (oggi, terzo millennio) anche le piccole sibille notturne delle televisioni locali ripartiscono le aree di interesse degli spettatori che le consultano. Non stupisce che le identiche domande venissero rivolte agli oracoli. Poco o quasi nulla è cambiato nelle angosce della gente.
Alla fine del Seicento Fontenelle affermò che il ricorso alla divinazione era, per gli uomini dell’antichità, un dovere istituzionale e sociale, assolto senza autentica fede. Questa tesi ha continuato a influenzare l’immagine che abbiamo del fenomeno; immagine che la persistenza di una devozione fluida e apprensiva obbliga quanto meno a rivedere.
“Un segno!”: da sempre, nei momenti di timore (o di dolore e di invocazione disperata) questo grido è uscito dalla bocca (dalle latebre) degli uomini. Si spera in qualche cosa che aiuti a sciogliere l’enigma del presente, ma soprattutto del futuro. Ma l’invocazione, che può suonare drammatica come un rantolo, comporta anche un risvolto segretamente ironico: i segni, infatti, sono ovunque, ci stanno accanto e addosso, incombono, ci opprimono. Per gli sciamani erano segni, forse, i sommovimenti naturali (il tuono, il fulmine, il fuoco, la pioggia, o, in casi eccezionali, un’eclissi). Poi, col trascorrere dei millenni, il volo degli uccelli, le viscere degli animali appena sacrificati, le nuvole di polvere, la sabbia gettata in aria, le scapole delle pecore, le immagini riflesse nell’acqua, l’incontro di un serpente con nove passeri... Catalogazione ossessiva (redatta dagli àuguri) che la nostra competenza in superstizioni antiche e moderne può tranquillamente arricchire di gatti neri, di gridi della civetta, di attraversamenti sotto una scala o una fune tesa, e di fondi di caffè, di numeri insistenti (il 6 ripetuto, il 13, il 17...), di tarocchi, di sassi scodellati, di dadi tratti, di altri infiniti espedienti... Senza mettere nel dimenticatoio gli elementi basici: esperienze di tavoli semoventi o di vera o finta “trance” o “estasi”, con glossolalie profetiche (esattamente come nel Santuario di Delfi); con l’annodato Zodiaco; e con quelli che Plutarco definì «gli oracoli più antichi»: i sogni presaghi, e, ovviamente, la loro interpretazione.
Chi voglia soffermarsi sulla Divinazione, forse si chiederà che cosa sia cambiato dall’antichità ad oggi. Se lo sciamano sia diverso dalle pizie dei nostri giorni. Non è mutato sicuramente il desiderio degli uomini di conoscere il proprio futuro. Desiderio che riteniamo senza ombra di dubbio sbagliato, perché essere consapevoli della propria sorte senza poterla mutare è molto simile a un incubo. Ma tant’è: in fondo, tutti vorremmo sapere quel che ci aspetta.
Il cambiamento è un altro: al contrario di quel che accadeva a Delfi o a Dodona o nell’antro cumano della Sibilla, ogni nostro tentativo di svelare gli enigmi del domani non ha più alcun rapporto con la religione. Forse ammaestrata dalla fine degli oracoli antichi, che non vennero salvati neanche dall’ambiguità dei loro responsi, la religione rifiuta e allontana da sé ogni tentazione profetica.
Allora: il visitatore che, dopo un lungo viaggio, giungeva ai piedi del monte di Delfi, e intraprendeva la salita verso il Santuario, aveva coscienza di trovarsi nel cuore della Grecia, (un cuore tanto più luminoso, quanto più confinava con l’ombra impenetrabile delle divinità ctonie. Ma chi oggi, non soddisfatto dalla lettura dei tarocchi o dagli oroscopi, varca vergognosamente la soglia di una cartomante o di una chiromante, ha l’impressione di essersi imbucato in un anfratto della realtà, in una periferia un poco losca, a cui la luce incerta di un abat-jour con perline e il disordine psichico della maga di quartiere conferiscono un’aura vagamente erotica. Lì, a voce bassa, rivolgerà alla sua olezzante sibilla le solite eterne domande: sulla salute, sul denaro, su un amore che comincia o finisce, su temuti tradimenti, su investimenti, su carriere... A dimostrazione che la stupidità umana non è solo dei popoli tribali. Si annida tra di noi. E, dall’altra parte, non paga tassa.

Magie delle pietre

C’era la pietra che trasformava l’acqua in vino (la dionisia) e c’era quella con la quale Calandrino tentò di rendersi invisibile (l’elitropia); c’era la pietra con cui il mago Merlino profetizzava il futuro (la iena) e c’era quella che faceva piovere (l’ipistiro); c’era la pietra che svelava se una fanciulla era ancora vergine (la gagate) e c’era quella che frenava la lussuria (il diaspro). Ma allorché nel Decamerone Calandrino viene bastonato perché crede di essere diventato invisibile grazie ad una pietra, Boccaccio avvisa che la cultura delle pietre miracolose è al tramonto, dopo i fulgori del Medioevo, quando la fiducia nelle virtù magiche e soprannaturali delle pietre era stata quasi senza limiti. Per verificare, leggere l’aureo Lapidario estense, di autore sconosciuto, rintracciato da Maria Corti, scritto nel Trecento. Circa ottanta i minerali considerati, alcuni del tutto fantastici, come il quirim, che si trova nel nido dell’upupa, o la celidonia, che nasce nel ventre delle rondini.
L’elenco è in ordine alfabetico (il testo, conservato alla “Estense” di Modena, ha la traduzione a fronte di Piera Tomasoni): va dall’alabastro allo zaffiro, con la descrizione dell’aspetto, del modo di incastonare le singole pietre, soprattutto sui loro poteri magici. Apprendiamo così che «il diamante è così forte che perfora e taglia ogni pietra» e che non si può rompere «se non nel sangue caldo di un becco, nel momento in cui gli esce dalla gola»; che il granato scaccia «molte calamità che si abbattono nell’aria, come la tempesta»; che la misteriosa dota «non permette all’uomo di diventare geloso della moglie né di donna alcuna»; che indossando una pietra d’agata «bisogna che ci si guardi dal peccato della carne»; che la peonia aiuta le partorienti, mentre l’orite fa abortire. Secondo la Tomasoni, potrebbe trattarsi di un autore esperto di pietre preziose, probabilmente consulente di Federico II, e certamente conoscitore dei “Lapidari” che avevano preceduto il suo, a cominciare dal De Lapidibus del vescovo di Rennes, Marbodo, che in esametri latini aveva descritto le virtù mediche e magiche di sessanta pietre.
Ecco, dal Lapidario estense, alcune voci:

Alabastro - 1) è una pietra biancastra e torbida e venata di un miscuglio di diversi colori. 2) Ed è pietra torbida e tenera. 3) E viene tornita e se ne fanno bei vasi e belle boccette per conservarvi unguenti e altri preparati. 4) E questa pietra ha virtù nel procurare vittoria contro i nemici in battaglia. 5) E la venata ha virtù nel trovare nuove amicizie tanto di donne che di uomini. 6) E ha virtù d’amore, poiché lo conserva negli amici antichi e recupera quelli perduti, se sono vivi. 7) E vi è un’erba che si chiama alabastro ed ha le medesime virtù della pietra. 8) Ma va portata con castità e tenuta con purezza in un panno nuovo di lino o di cotone.

Agata - 1) E’ una pietra che appare nera e gocciola come vena d’acqua e tira al colore dell’acqua marina [...]. 3) E ha queste virtù: chi l’ha con sé vede ogni incantesimo e non gli può essere fatto alcun maleficio con le erbe, che gli nuoccia in alcun modo. 4) E serve ad evocare i demoni e gli spiriti mediante l’arte della negromanzia. 5) E rende l’uomo benevolo e piacente ad ogni persona, e lo fa divenire grande, pieno di lusinghe, buon parlatore. 6) E rende la persona forte e si oppone a ogni veleno [...]. 7) Così vale a quelli la cui vista diminuisce. 8) E fa tornare il colore alle gote, toccandole. 9) E rende la persona gradita a Dio [...]. 10) E permette di scampare da molti pericoli...

Celidonia - 1) E’ una pietra che nasce nello stomaco delle piccole rondini e si trova nel mese di agosto. 2) E ve ne sono tre specie, una rossa, l’altra verde, la terza nera. 3) E sono pietre brutte e puzzolenti. 4) Ed hanno queste virtù: la rossa è utile al mal della luna e all’ira furiosa e contro ogni dolore dell’anima e ogni infermità dello spirito [...]. 6) La verde è utile ad acquistare l’affetto altrui, se si tocca con essa la persona e si tocca una cosa da mangiare [...] e una cosa da bere […]. 8) La pietra nera vale contro tutti gli umori nocivi, come rogna, lacrime, sangue e pus che cola dagli occhi e dalle orecchie. 9) Ed è utile per ogni febbre e per scacciare ogni ira. 10) E rende chiara la vista...

Cristallo - 1) E’ una pietra chiara e bianca ed è acqua gelata in un luogo troppo freddo e là dove il gelo regna in ogni stagione, in Alemagna. 2) Ed ha queste virtù, che sprigiona il fuoco con l’acciarino. 3) Ed è utile a togliere la sete e a raffreddare rapidamente il grande calore. 4) E fa tornare il latte, tritato in polvere e stemperato in acqua fredda o bollita, o in sangue bollito.

Cote - 1) E’ una pietra che serve per aguzzare e ve ne sono di due specie, una da acqua e l’altra da olio. 2) E ciascuna ha queste virtù, che la sua polvere, mescolata con lo sputo, arresta il sangue dal naso, se applicata alle tempie. 3) E aguzza il ferro e ogni metallo.

Dionisia - 1) E’ una pietra nera e fosca, piena di gocce rossastre e di vene. 2) E ha queste virtù: se la si mette in un vaso d’acqua, l’acqua acquista sapore e odore di buon vino, ma non fa ubriacare.

Elitropia - 1) E’ una pietra verde con gocce azzurrastre e verdi, come smeraldi e ha vene sparse come di sangue. 2) Ed ha queste virtù, che chi la porta con sé in oro e sotto quella ha un’erba che si chiama elitropia non può essere visto da nessuno. 3) E non lascia uscire sangue da nessuna piaga. 4) Ed è contraria ad ogni veleno e caccia la tempesta e gli spiriti. 5) E dà grazia di sapere indovinare per sé e per gli altri ciò che sarà di molte cose. 6) Ed è indifferente da quale parte si porti, ma deve essere in oro.

Iena - 1) E’ una pietra che si presenta sozza e nera più che di altri colori. 2) Ed ha queste virtù, che chi se la mette sotto la lingua può non essere visto per tutto il tempo in cui ve la tiene. 3) E dona la facoltà di saper profetizzare il futuro, come ebbe Merlino.

Gagate - [...]. 4) E così scaccia le bisce, i ragni e i rospi da qualunque luogo, e non vi tornano per tre mesi. 5) Così scaccia i demoni dal corpo degli uomini ed evoca gli spiriti per arte. 6) E la sua lavanda è utile agli idropici e al fegato e alla milza. 7) Ed ha efficacia contro le paure di notte e contro gli incantesimi. 8) E porta via ogni dolore di corpo e permette di partorire agevolmente. 9) E fa sapere se una ragazza è vergine in questo modo: se si lava la pietra nell’acqua e la si fa bere alla ragazza, se è vergine diventa allegra e comincia a cantare, e se non è vergine, piscia e non può tenerla, e diventa triste, pallida e tremolante.

Topazio - 1) E’ una pietra gialla e ve ne sono che tirano al rosso e sono chiari. 2) E quello giallo somiglia all’oro. 3) E ciascuno ha questa virtù, che è utile all’epilessia e stringe il male delle donne. 4) E vale contro le emorroidi e le lacrime agli occhi. 5) E non lascia morire di morte improvvisa e dà grandi ricchezze e procura amore dalle persone. 6) E va tenuto in oro ed è indifferente da quale lato deve toccare la carne.

Zaffiro - [...]. 13) E fa vincere liti e contese. 14) Fa venire i buoni pensieri e i buoni proponimenti. 15) E rende l’uomo pieno di grazie e gli fa avere buon nome e lo rende onorato tra la gente. 16) E fa aumentare le ricchezze e conserva in valore ciò che trova. 17) Dunque esso comporta senno e grazia di evitare brighi e fastidi derivanti dalla perdita dell’avere. 18) Ed è utile al parto [...]. 19) Dunque lo zaffiro non ha prezzo ed è una pietra molto vantaggiosa e aiuta i poveri a uscire di povertà e di miseria…

   
   
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