Dopo nove secoli,
le crociate
appartengono
assolutamente e
soltanto alla scienza, ai ricercatori,
agli storici,
agli archeologi.
* Scrittore libanese
di sangue arabo
e di religione cristiana.
Premi Goncourt, Médicis, Nonino per la narrativa.
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I drammi del secolo che si è appena concluso ci insegnano
che non bisognava perdonare troppo in fretta, e soprattutto non
essere troppo indulgenti verso se stessi. Crimini di guerra, crimini
contro lumanità, genocidi, massacri, deportazioni,
non sono soltanto vicissitudini della storia, paragonabili a calamità
naturali. Ci sono dei responsabili, dei colpevoli uomini,
istituzioni, ideologie che devono essere puniti.
Se questa visione relativamente nuova rispecchia, secondo me, un
progresso della nostra coscienza morale, sarebbe daltra parte
illecito, e addirittura assurdo, estenderla al passato remoto. Per
esempio, alle crociate.
Queste si possono raccontare analizzandone le origini o le conseguenze,
riflettere sul loro significato simbolico per gli occidentali o
gli arabi contemporanei, e dibattere sul fatto se abbiano favorito
gli scambi fra civiltà o se li abbiamo ostacolati. Ma avere
la pretesa di dire oggi chi aveva ragione, chi aveva torto, che
cosa bisognava o non bisognava fare, condannare gli uni, perdonare
gli altri, tracciare dopo tanti secoli una linea di demarcazione
fra quello che è bene e quello che è male, mi sembra
ridicolo. Perché, a questa stregua, si potrebbe pretendere
anche di fare il processo a Bruto e di consegnare a un tribunale
internazionale tutti i documenti sulla guerra di Troia!
Qualche anno fa, ho fatto delle ricerche sulle crociate e sono stato
colpito da una cosa. Negli scritti di alcuni autori moderni ritorna
con insistenza una critica che ancora oggi ci capita di sentire
ogni volta che si parla di quegli avvenimenti: moltissimi crociati
ci viene detto partivano con il pretesto di liberare
il Sepolcro di Cristo, mentre in realtà aspiravano soprattutto
a spartirsi delle terre e ad accumulare delle fortune.
Addentrandomi, però, nella lettura dei racconti dellepoca,
mi sono reso conto che coloro i quali partivano per lOriente
animati soltanto della loro fede erano in genere dei bruti sanguinari
che massacravano, consapevolmente, tutti quelli che incontravano
sul loro cammino; mentre gli opportunisti, che volevano
accaparrarsi dei principati, si comportavano in modo più
astuto, parlavano con le genti del luogo cercando di comprenderne
la mentalità, di blandirli, di conquistarli alla loro causa;
qualche volta addirittura imparavano la loro lingua e si mettevano
un turbante in testa.
A che cosa serve, allora, questa contrapposizione fra crociati sinceri,
animati dalla Fede, e falsi crociati? Dove stava allora il bene
e dove stava il male? Nella pietà e nella devozione, oppure,
piuttosto, nellopportunismo e nellinteresse commerciale?
Non è che un esempio ispirato dalle mie modeste letture.
Ma, dal mio punto di vista, solleva una questione più ampia,
che non riguarda soltanto le crociate. Riguarda, invece, un pericoloso
mito che vale la pena di riprendere seriamente in considerazione
allinizio del terzo millennio. Intendo parlare del mito degli
antenati. Sono profondamente convinto che fra noi e gli uomini del
Medioevo non esista alcuna reale parentela.
Malgrado le apparenze, gli uomini di quellepoca non sono nostri
correligionari, non sono nostri compatrioti, ma soltanto nostri
simili alla lontana. Quel che noi chiamiamo religione,
società, nazione, umanità,
terra, donna, esistenza, bene,
male, scienza, credo, opinione,
libertà, non ha nulla a che fare con il significato
che essi avrebbero attribuito a questi concetti. Il loro universo
mentale, il loro ambiente fisico, i loro valori, sono talmente differenti
dai nostri, che ogni parola che noi usiamo riferendoci a loro, dovrebbe
essere tradotta e chiarita, addirittura, idealmente, sostituita
da unaltra parola, per evitare i malintesi e le errate interpretazioni.
Ho parlato del Medioevo per semplificare; ma quello che dico mi
sembra valido per ogni epoca passata, che risalga a più di
quattro o cinque generazioni fa. Lumanità di oggi discende
senza dubbio da quella dellaltro ieri, ma è unumanità
profondamente diversa. Mi sembra che abbiamo il dovere di rispettare
questa diversità.
Dopo nove secoli, le crociate appartengono assolutamente e soltanto
alla scienza, ai ricercatori, agli storici, agli archeologi. E quando
i lontani discendenti dei crociati e dei loro avversari discutono
oggi di quegli avvenimenti non fanno altro che andare a ridestare
dei miti. E di questi si servono gli uni e gli altri, per le loro
dispute odierne. Li manipolano, li camuffano, li adattano ai loro
bisogni del momento.
E così, e non da oggi, e sarebbe illusorio voler mettere
fine a questa pratica insita nella nostra natura e in quella delle
società umane. Ma è importante prenderne coscienza,
è importante affermare e riaffermare che sono dei miti, delle
interpretazioni, delle invenzioni. E che le crociate scontro
emblematico fra Cristianità e Islam non sono che il
fantasma dei conflitti contemporanei. Fra il Nord sviluppato e il
Sud; fra una civiltà sicura di sé fino allarroganza
e unaltra che si sente straniera nel mondo odierno, fra vincitori
che coltivano il rimorso e vinti che sognano la vendetta...
Certamente bisognerà attendere che tutti questi problemi
siano risolti perché il cadavere delle crociate possa finalmente
riposare in pace nel cimitero del tempo.
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