Oggi, dice Fazio,
il Paese è cambiato
e vede svilupparsi una sorta di
seconda rivoluzione delle aspettative
crescenti.
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Fazio, citato testualmente: «Quel miracolo economico può
essere ripetuto».
Miracolo economico fu espressione coniata inizialmente
dalla stampa britannica e riferita allItalia degli anni 1958-1963:
unItalia creativa e arruffona, simultaneamente migratrice,
perché espelleva braccianti dalle campagne e li spediva al
Nord e in Europa, trasformandoli in produttori di valuta pregiata,
ed esportatrice di beni di consumo a prezzi concorrenziali, perché
era basso il costo del lavoro; unItalia che si era lasciata
alle spalle le macerie della guerra, aveva moltiplicato le tute
blu, aveva stanziato i mitici 1.000 miliardi per la prima politica
organica per il Mezzogiorno, aveva vinto lOscar per la lira.
Simbolo di questa Italia, lAutostrada del Sole.
A questo Paese dalle maniche rimboccate si è riferito Fazio,
in veste ufficiale di Governatore. Che, in quanto tale, non risponde
a domande, né del parterre, né di giornalisti. Poi,
in tenuta, diciamo così, fuori ordinanza, affabulatore comè,
e soprattutto da storico o da esegeta delleconomia, è
disponibile a conversazioni informali, a puntualizzazioni sulla
sua filosofia, a precisazioni chiarificatrici. Per riferire le quali,
dobbiamo fare un salto nel tempo, partire dai nostri giorni e percorrere
a ritroso le vicende che hanno contraddistinto il laboratorio-Italia.
Oggi, dice Fazio, lItalia è profondamente cambiata.
Anzi, vede svilupparsi una sorta di «seconda rivoluzione delle
aspettative crescenti». La prima, negli anni 1962-63,
aveva avuto come protagonista sociale il proletariato, come obiettivo
politico lequità, come strumento economico una severa
imposizione fiscale progressiva, come ideologia lo statalismo.
Invece, questa seconda rivoluzione in corso dopera ha come
protagonista sociale il ceto medio produttivo e professionale, come
obiettivo politico lefficienza, come strumento economico lallentamento
della pressione fiscale generale, come ideologia il liberismo. Elemento
comune alle due rivoluzioni, la domanda di cambiamento. Ma mentre
la prima si era sviluppata in circostanze produttive e di classe,
con lesigenza di una migliore distribuzione della ricchezza,
la seconda si verifica in una situazione diversa e in una società
che reclama un nuovo rilancio economico, certamente, ma agganciato
alle più moderne tecnologie.
Per chi abbia seguito e in qualche modo conosca il pensiero di Fazio,
cè la trasposizione politica in filigrana, la lettura
in codice decifrabile delle varie fasi che hanno caratterizzato
i nostri anni. Voglio dire: cè, da parte del Governatore,
linterpretazione dei grandi cicli politici, che non significa
comunque adesione ad una parte o ad unaltra. Semplicemente,
è dimostrato che aver chiaro il quadro complessivo della
storia degli ultimi cinquantanni significa non essere costretti
poi a riviverla.
Allora, riprendiamo il discorso sulle due rivoluzioni, e chiamiamo
le cose con il loro nome.
A cogliere la domanda di cambiamento che, dopo gli anni della ricostruzione,
scaturiva dalla prima rivoluzione delle aspettative crescenti, e
a farsene interprete, nel 1963, era stato il versante laburista
italiano, egualitario per ragioni politiche, statalista per tradizione
storica, interventista in economia per convinzioni ideologiche.
Negli anni del cosiddetto boom laccumulazione di ricchezza,
favorita dal fervore della rinascita e da uneconomia di libero
mercato, aveva provocato una forte accelerazione dello sviluppo
che, col raggiungimento della piena alfabetizzazione e con la diffusione
di massa dei primi consumi da status symbol, come gli elettrodomestici
e lautomobile (lemblematica 600 in 24 o
in 30 rate mensili), si era tradotto in un benessere relativamente
sostenuto. Questo, a sua volta, aveva creato le premesse di nuovi
consumi e crescenti aspettative di un ulteriore e rapido passo avanti.
A cogliere la domanda di cambiamento che nasce, oggi, dalla seconda
rivoluzione delle aspettative crescenti, e a farsene interprete,
è il versante conservatore, elitario per ragioni politiche,
individualista per tradizione storica, liberista in economia per
convinzioni ideologiche.
Questo, il quadro ciclico della nostra storia recente, che porta
Fazio ad affermare che lItalia è, sì, cambiata,
ma cambiata sempre in meglio, grazie a tutti, ma proprio tutti coloro
i quali hanno lavorato a questo fine. Che è come dire: grazie
a tutti i governi, comunque espressi e comunque schierati. Ma con
un fenomeno che soltanto adesso ci è chiaro: il buongoverno
del Centro degli anni Cinquanta e dei primi anni Sessanta aveva
inconsapevolmente provocato la prima rivoluzione delle aspettative
crescenti, che aveva poi favorito la Sinistra, così come
il buongoverno di questa ha provocato lattuale seconda rivoluzione.
In sintesi: non è mai favorito il buongoverno che ha prodotto
risultati positivi, o non disprezzabili, bensì quello che
indica prospettive altre, e non step by step, passo
dopo passo, ma di rottura col passato recente, e di sviluppo esponenzialmente
accelerato.
Perché questa storia si ripete? Perché oggi la fabbrica
non è più il centro dellelaborazione sociale
e del consenso politico; perché oggi non basta più
rassicurare il Grande Capitale economico e finanziario, ma si deve
andare in Brianza e in Veneto, lungo la Fascia Adriatica, in Toscana
o nelle Isole, a rassicurare il ceto produttivo e imprenditoriale,
soprattutto quello nascente; perché è cambiato il
mondo dal momento che, come avrebbe detto Marx, è cambiato
il modo di produrre, e sono nati nuovi soggetti sociali ed economici,
il cui peso cresce a vista docchio; perché si è
diffuso un reticolo di piccole e medie imprese, che è modello
italiano studiato ovunque nel mondo; perché si è
affinato il versante delle nuove professioni, soprattutto quello
dei giovani che operano nella Rete, che non sopportano più
lostinata arretratezza della nostra burocrazia, né
il dissanguamento fiscale, né il coacervo di leggi, decreti,
circolari interpretative che vessano chi intraprende e si trasformano
in una forza dissuasiva al limite della brutalità anticivica.
Tutto questo cera già nel Fazio-pensiero. Allora, altro
che scelta di campo, come alcuni hanno incautamente scritto o dichiarato.
E imperativo categorico, o invito provocatorio a misurarsi
con la realtà effettuale e a raggiungere gli obiettivi, o
le terre promesse, se non si vuole poi perdere la partita e non
solo quella.
Ultima considerazione. Ci sono tre anomalie, in queste
Considerazioni.
Uno: per la prima volta, un Governatore non cita il tradizionale
termine monito, ma lancia un vero e proprio appello
perché tutte le forze in campo, politiche, economiche, finanziarie,
sindacali, concorrano a quel nuovo miracolo economico di cui intravede
premesse o indizi incoraggianti.
Due: ci potrà essere miracolo, se cadranno la vecchia statolatria,
da una parte, e il tardo fordismo, dallaltra, in nome di riforme
vitali per la razionalizzazione del sistema italiano.
Tre: misteriosamente, il Governatore, che ha letto le ultime Considerazioni
prima delleclissi totale della lira, non accenna alleuro.
Per il momento delicato che sta attraversando la moneta unica? Per
le critiche che investono il Governatore della Bce, Duisenberg?
Forse, a breve termine, il rebus lo scioglierà lo stesso
Fazio.
Il quale, intanto, mette le mani avanti, e cita Max Weber: «Non
della terra dei padri parla, chi ama il futuro, ma della terra dei
figli». Coniughiamoci dunque con questo futuro, proiettiamoci
su questa terra. E auguriamoci che, se miracolo deve essere, miracolo
sia.
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