Per i grandi
guadagni che
potrebbe permettere, lacqua può diventare il petrolio
bianco dei prossimi anni
anche a casa nostra.
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Sempre meno chiara, meno fresca e più amara lacqua
italiana. E sempre meno disponibile, in una penisola che paradossalmente
è ricca di sorgenti, di fiumi, di laghi, di specchi dacqua
e circondata per tre quarti dal mare; dove il liquido che vien fuori
dai rubinetti costa molto poco, ma dove anche un terzo degli italiani
ne soffre periodicamente, e sistematicamente, la carenza, e dove
nelle regioni del Sud, durante lestate, metà della
popolazione è lasciata a secco.
Sullacqua abbiamo la maglia nera dellUnione europea.
Secondo i dati ufficiali, di tutta la Comunità siamo quelli
che ne preleviamo di più (980 metri cubi per abitante allanno,
contro gli 890 della Spagna e i 700 della Francia); siamo al primo
posto per i prelievi ad uso domestico (249 litri per abitante al
giorno, contro i 156 della Francia o i 162 dellAustria); siamo
i secondi nel rapporto tra disponibilità e prelievo; e in
agricoltura, infine, ne consumiamo la più alta quantità
per ettaro irrigato.
Cè chi si chiede: se siamo tanto spreconi non sarà
perché lacqua che circola nel Paese è abbondante?
Perché preoccuparci più di tanto, quando sappiamo
che la scarsa disponibilità di acqua al Sud si deve alle
nostre pessime abitudini, alla cattiva gestione delle risorse, a
scelte politiche sbagliate, alla inesistente manutenzione; quando
gli esperti ci dicono che la maggior parte delle condotte sono così
antiquate e in cattivo stato da disperdere il 30 per cento dellacqua
disponibile?
Impostare il problema in questo modo è errato, rispondono
gli esperti. Dire che nel nostro Paese non esiste il problema-acqua
è una leggenda metropolitana, un atteggiamento miope, giustificato
soltanto dal fatto che da noi manca totalmente la cultura dellacqua.
Per quanto bene riproducibile, lacqua sta diventando sempre
più scarsa anche da noi. Inoltre, non è neppure detto
che lacqua delle sorgenti e delle vaste falde sotterranee
della Pianura Padana non potrebbe esser messa a disposizione delle
regioni assetate del Sud. Lidea di un acquedotto che trasporti
lacqua da Pontelagoscuro, sul Po, a Andria e a Barletta, scendendo
per 700 chilometri lungo lAdriatico, non è affatto
peregrina. E già accaduto nella opulenta California
del Sud, che oggi è dissetata da un acquedotto che scende
dal nord per 600 chilometri.
Come tutti, o molti, sanno, la nostra acqua potabile deriva da
tre fonti, differenti a seconda delle diverse aree: prima, lacqua
di falda, che copre il 53 per cento del fabbisogno, e si trova sottoterra,
immagazzinata tra rocce e materiali incoerenti, delimitata da strati
argillosi impermeabili. E mediamente abbastanza pulita, e,
non richiedendo sistemi di filtraggio, è relativamente poco
costosa. Cè poi lacqua di sorgente che, soprattutto
se prelevata ad alte quote, è tra le migliori. Infine, cè
lacqua di superficie, quella di fiumi, laghi, bacini artificiali.
Lidea che quel che beviamo venga da un corso dacqua
tuttaltro che incolore e inodore ci può fare inorridire,
ma attraverso vari procedimenti di filtraggio, asportazione delle
impurità, disinfezione e purificazione biologica, anche questacqua
diventa di qualità dignitosa.
E certo che nel nord della Penisola cè molta
acqua. Ma le risorse si stanno riducendo. In media, ogni anno lItalia
riceve circa 300 miliardi di litri dacqua piovana. Per metà
evapora. Laltra metà circola in superficie e nelle
falde sotterranee. Il problema è che tra agricoltura, industria
e centro abitati ne assorbiamo intorno al 50 per cento: unesagerazione.
Lacqua che resta in deposito deve essere compensata da quella
che ritorna con le piogge: ma quando se ne attinge gran parte di
quella disponibile, ci si avvicina allemergenza. Altro aspetto
negativo: con i nostri insediamenti abitativi, con le attività
industriali e con gli usi irrigui, le risorse non solo si fanno
più scarse, ma peggiorano in qualità. Se immettiamo
nel suolo e dunque nel sottosuolo elementi inquinanti, contaminiamo
le falde, poi finiamo per avvelenarle. Gli stessi giacimenti idrici
della Pianura Padana sono gravemente compromessi: quellacqua
andrebbe tutta depurata. Così, da un lato i bisogni aumentano,
dallaltro peggiora la qualità; ne utilizziamo sempre
di più, e di sempre peggiore. Stiamo bruciando una quota
troppo alta delle nostre risorse. Problema dei problemi: lacqua
costa di più proprio dove è più scarsa. Chiariamo:
gli italiani pagano lacqua pochissimo perché godono
di una sorta di tariffa politica, con gli oltre 9.000 consorzi comunali
che gestiscono lacqua, facendone però pagare le spese
allo Stato. Ogni anno i costi non pagati raggiungono i 6.000 miliardi
di lire, che potrebbero essere invece destinati a grandi opere strutturali:
in particolare, a portare lacqua a chi non ce lha. La
legge Galli, del 94, che non è stata ancora applicata,
introduce il concetto di industrializzazione del sistema idrico.
Per i grandi guadagni che potrebbe permettere, lacqua può
diventare il petrolio bianco dei prossimi anni anche
a casa nostra. E se, a fronte del fatto che, per la prima volta,
le tariffe peseranno interamente sulle nostre tasche, i nuovi gestori
offriranno migliore qualità, sarà tanto di guadagnato
per tutti. Paghiamo pochissimo, intanto, ma siamo i primi consumatori
in Europa di acque minerali: e non solo perché siamo inguaribili
comunisti, ma anche o soprattutto perché la qualità
della nostra acqua potabile lascia molto a desiderare.
A conferma, ecco i risultati dellultima indagine di Legambiente
sulla potabilità nelle città italiane: il risultato
peggiore è quello di Piacenza, con ben 34,2 milligrammi per
litro di nitrati, elementi vietatissimi; segue Lecce, con 30,7;
terza, Siracusa, con 30 milligrammi. Tra le grandi, brilla Roma,
dove si può bere dal rubinetto perché la sua acqua
contiene nitrati per soli 3,6 milligrammi per litro, mentre preoccupa
Milano che, con 25 milligrammi, si colloca al quintultimo posto.
Che fare, in un Paese che consuma per usi civili 7 miliardi di metri
cubi allanno? Risanare i sistemi di distribuzione e le condotte,
pagare di più (tanto gli italiani spendono moltissimo in
acque minerali, che non sono tutte di buona qualità, e costano
parecchio), e imparare a risparmiare, goccia dopo goccia, il preziosissimo
liquido. Infine, realizzare non solo il contatore personale, ma
anche impianti a due tubi: uno per convogliare lacqua di qualità
migliore per gli usi potabili, laltro per tutto il resto,
come avviene ormai in vari Paesi europei. E, da ultimo, diffondere
una coscienza, una cultura dellacqua, la francescana «sorAqua,
/ la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta»,
radice di vita nel nostro pianeta.
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