Le banane
non potranno
essere respinte,
i polacchi
e gli ungheresi,
i lituani
e gli svoleni, sì.
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UnEuropa che apre le porte alle banane e le chiude alle persone:
ecco il poco edificante spettacolo che ci è venuto da Bruxelles
nei giorni pre-pasquali. Mentre il Commissario al Commercio, Lamy,
firmava un accordo con gli Stati Uniti per liberalizzare il commercio
di questo frutto tropicale, il Commissario allAllargamento,
Verheugen, annunciava un periodo transitorio di cinque-sette
anni, durante il quale i cittadini dei nuovi Paesi membri dellUnione
Europea saranno soltanto europei di serie B.
Dal 2006, infatti, non ci daranno più quote limitative per
lingresso in Europa delle banane; ma dallammissione
nel 2004 fino al 2011 potranno esserci quote allimmigrazione
di donne e uomini dallEuropa orientale. Le banane non potranno
essere respinte, i polacchi e gli ungheresi, i lituani e gli sloveni,
sì.
Sono molte le buone ragioni che hanno convinto il Cancelliere
tedesco Schroeder e il Cancelliere austriaco Schuessel a perseguire
questa soluzione. Germania e Austria, già oggi con un forte
carico di stranieri, sarebbero in prima linea di fronte a una nuova
immigrazione dallEst. Entrambi i Cancellieri hanno elezioni
non troppo lontane, e nuovi immigrati non sarebbero graditi agli
elettori.
Le buone ragioni, in realtà, sono miopi e meschine.
Se lUnione Europea vuole crescere del 3 per cento allanno,
come ha deciso di fare un anno fa nella riunione di Lisbona, avrà
bisogno di circa cinque milioni di lavoratori immigrati in dieci
anni. E giusto avere regole, ma è assurdo limitare
gli arrivi proprio dai Paesi che ci sono più vicini per cultura
e formazione.
In definitiva, o vogliamo questi Paesi dentro lEuropa, o non
lo vogliamo. Se non li vogliamo, prepariamoci al pericolo di unEuropa
dellEst trasformata in un grande Kosovo, alle pressioni non
di lavoratori di cui non possiamo fare a meno, ma di profughi in
fuga. Come scrisse Montesquieu quasi trecento anni fa, «Francia
e Inghilterra hanno bisogno della Polonia e della Moldavia».
Nelleconomia globale, o gli europei ce la faranno tutti assieme,
oppure rischiano di andare tutti a fondo separatamente.
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