Se leuro scende
dalle montagne
russe si potranno
orchestrare
con maggiore
chiarezza ruolo
e commerci del
Vecchio Continente.
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Non cè dubbio che il 2001 rappresenti un banco di
prova fondamentale per leuro, anche se cè chi
sostiene che forse è ancora troppo presto per preoccuparsi
del suo rafforzamento, o, addirittura, della sua forza ritrovata.
La metafora della bottiglia mezza piena o mezza vuota rende sempre
lidea.
A proposito degli interrogativi che incominciano a serpeggiare anche
tra gli esperti, verrebbe quasi da chiedersi: e adesso, povero euro?
E adesso, poveruomo? era il titolo di un romanzo del 1932
di Hans Fallada, uno scrittore tedesco passato dallespressionismo
al verismo, e non cè altra analogia che nellassonanza.
Ma, dopo aver visto il cambio della moneta unica deprezzarsi nei
suoi primi due anni di vita, fino a toccare il minimo dei suoi minimi
storici rispetto al dollaro il 26 ottobre scorso a 82,30 centesimi
(pari a 2.352 lire), qualcuno non perde tempo e si domanda se per
caso leuro in questo momento non si stia rafforzando troppo,
e troppo velocemente.
Dopo gli interventi della Banca centrale europea di Wim Duisenberg
sui mercati finanziari, il suo recupero aveva assunto carattere
più duraturo (strutturale, se si preferisce) con la progressiva
conferma del rallentamento, o atterraggio morbido, delleconomia
degli Stati Uniti. Il 27 novembre era ancora a 0,83 centesimi, ma
subito dopo il Natale segnava già un rialzo dell11
per cento, superando quota 0,93 centesimi, per sfiorare 0,95 il
primo giorno utile del 2001. Il dollaro, a quel punto, aveva perso
circa il 14 per cento nei confronti dellEuropa dei Dodici
(il primo gennaio è entrata anche la Grecia, cioè
la dracma).
Subito dopo la riduzione dei tassi di interesse americani, il 3
gennaio, la moneta unica ha avuto un breve arretramento, e successivamente
ancora unextrasistole (neurovegetativa), quando i dati sulla
disoccupazione statunitense erano sembrati un po meno preoccupanti,
fino a chiudere in risalita, attestandosi poco al di sotto di quota
96 centesimi: che è come dire ai livelli del marzo del 2000,
quando il cambio delleuro con il dollaro era deprezzato di
circa il 18 per cento rispetto al cambio ufficiale alla nascita,
il primo gennaio 1999, di 1,1667 dollari, e di poco meno del 19
per cento rispetto al massimo storico di 1,1790 cinque giorni dopo.
Dopo di che, toccata a dicembre dello stesso anno per la prima volta
una parità uno a uno, scesa il 27 gennaio del
2000 al di sotto, il deprezzamento della moneta unica in confronto
al dollaro aveva superato, a fine ottobre, il 29 per cento rispetto
alla partenza e il 30 per cento sul massimo.
Parità diventava sinonimo di un dollaro per euro e, guardando
indietro, allavvio e, ancor prima, alla fase di preparazione,
più che al titolo di Hans Fallada, molti pensavano a quello
di Ernest Hemingway (Breve la vita felice di Francis Macomber).
Ma in effetti quello che si temeva, allinizio, era proprio
che leuro fosse troppo forte; oltre che, ovviamente,
una moneta forte, degno rivale della divisa americana. Poi, quando
la sua debolezza è sembrata nientemeno che una fortuna, date
le carenze politiche, per stimolare le esportazioni e per trainare
una ripresa congiunturale molto ritardata, si è arrivati
a ragionare in maniera diametralmente opposta. Adesso, certamente,
è opportuno chiedersi che cosa voglia dire troppo
forte, o, al contrario, troppo debole.
Un cambio con il dollaro a quota 0,96, che era giudicato un livello
preoccupante non più tardi di nove mesi fa, quando la moneta
unica era in discesa, può esserlo ora che la stessa moneta
unica sembra essere in fase di recupero?
La questione è evidentemente mal posta. Una moneta non fragile
è premessa indispensabile per garantire nel Vecchio Continente
una crescita che sia in grado di utilizzare in modo particolare
nel mercato interno le risorse disponibili: un obiettivo che dipende
da molte altre condizioni politiche. Tenendo conto, beninteso, che
un mondo valutario tripolare, vale a dire basato sul dollaro, sulleuro
e sullo yen, richiede ogni possibile sforzo di coordinamento di
fronte ai rischi attuali. Sarà questo, di sicuro, uno dei
temi al centro dellagenda dei banchieri centrali del Gruppo
dei Dieci, ogni volta che questi decideranno di incontrarsi.
Il problema di fondo, infatti, è nel decidere di volta in
volta quale sia la strategia da adottare per la moneta unica: se,
da una parte, un euro forte o rafforzato potrà svolgere unimportante
funzione trainante per una locomotiva-Europa, dallaltra
un euro meno forte rispetto al dollaro può agevolare le esportazioni
dei Paesi europei.
La stabilità della moneta unica, comunque, potrà disegnare
una politica economica nuova: se leuro scende dalle montagne
russe, e si attesta su valori di buon livello, rispetto alle divise
americana e nipponica, allora si potranno orchestrare con maggiore
chiarezza ruolo e commerci del Vecchio Continente. E con ogni probabilità
nellarea euro entreranno prima del previsto i Paesi che fino
a questo momento se ne sono rimasti ai margini.
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