Lobiettivo finale
di medio periodo
al quale tendere
è quello
di un ordinamento
federale dellUnione.
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Mi è capitato sovente di sentirmi domandare quali sono i
miei legami con la Francia e che cosa pensi del ruolo e dellimportanza
di questo grande Paese in Europa e nel mondo. Devo dire che mi è
sempre stato difficile, nel rispondere, indossare i panni dellosservatore
neutrale, del cittadino di un altro Paese che sa guardare in casa
altrui con curiosità e al tempo stesso con distacco.
La Francia è una parte di me, come lo è da sempre
per qualsiasi persona che sia nata nelle province occidentali del
Piemonte. E una questione di affinità spirituale che
ha radici, nonostante lapparente ostacolo delle Alpi, nella
prossimità geografica, nelle intense relazioni umane e commerciali,
nella secolare storia politica che lega Torino a Chambéry.
Su un piano più personale, è una questione di fascino
e di attrazione che esercitano il mondo culturale francese, le bellezze
naturali e artistiche, la forza delle istituzioni, il sentimento
di appartenenza, lo spirito di servizio dellamministrazione
pubblica, e, non ultima, quella stabilità politica che non
teme la coabitazione. Naturalmente, per me è anche una questione
di forti legami economici: non cè Paese, dopo lItalia,
in cui maggiore sia il mio impegno imprenditoriale.
Da amante della Francia e da imprenditore guardo con grande attenzione
e molte attese a tutto ciò che può rafforzare le relazioni
italo-francesi, tanto sul piano delle iniziative più squisitamente
politiche, quanto su quello dei gesti concreti. Tra questi ultimi
metto la decisione sulla realizzazione del nuovo collegamento ferroviario
ad alta capacità tra Torino e Lione. Pensando a questa grande
opera infrastrutturale non si può fare a meno di ricordarne
unaltra, che ebbe a suo tempo importanza straordinaria per
la sua rilevanza economica e per il suo valore simbolico: il traforo
del Fréjus. Fu, quella, una coraggiosa decisione di Camillo
di Cavour, lartefice dellunità dItalia,
convinto che lintegrazione continentale e lapertura
economica della giovane nazione dovessero passare da uno stretto
rapporto con la Francia. Sono convinto che non diverse e non meno
forti siano oggi le ragioni ideali e materiali che ci devono spingere
a porre mano rapidamente al nuovo progetto. Che non andrebbe a beneficio
solo dei nostri due Paesi.
Ho avuto la fortuna di assistere ai progressi dellidea unitaria
europea fin dai tempi di Schuman, Monnet e De Gasperi. So quale
contributo Francia e Italia insieme vi hanno dato. So quanto talvolta
sia stato faticoso rinunciare, nel nome di un superiore e comune
interesse europeo, a certe prerogative nazionali. Ma come qualunque
cittadino della mia generazione può fare, constato che la
grande scommessa di cinquantanni fa che era una scommessa
di sviluppo nella pace si sta dimostrando vincente.
Dobbiamo andare avanti in questa logica di cooperazione e integrazione,
lunica che ci può permettere di costruire unEuropa
più forte. Dobbiamo andare avanti, consapevoli anche di quelle
specifiche missioni che la storia e la posizione geografica ci assegnano.
Francia e Italia sono Paesi europei, ma sono anche Paesi mediterranei.
E nel loro interesse lavorare perché si creino le condizioni
per un maggior sviluppo economico della sponda Sud: perché
ciò sarà determinante per allentare le pressioni demografiche
che alimentano i flussi migratori verso lEuropa; perché
tale sviluppo potrà contribuire ad arginare lespansione
dei fondamentalismi, che si stanno rivelando oggi la più
seria minaccia per la pace; e perché un maggior peso dellarea
mediterranea sarà un fattore di bilanciamento e di riequilibrio
per la stessa Europa, che si appresta ad allargarsi alle economie
dellEst.
Ma la logica di cooperazione e integrazione di cui parlavo ci pone
di fronte anche ad unaltra, assai impegnativa questione: quella
dellassetto futuro verso il quale deve muovere lEuropa.
A guardare le cose in modo realistico, nellarco dei pochi
anni che ci separano dalla prima ondata di ingressi dei Paesi dellEst
è difficile ipotizzare soluzioni diverse da quella che attribuisce
ai Paesi membri dellUnione la libertà di procedere
ad unintegrazione a più velocità. Le differenze
economiche e i diversi orientamenti delle opinioni pubbliche rendono
utopistiche altre vie duscita.
Tuttavia, su un orizzonte più lungo, quello di unEuropa
a più velocità o delle cooperazioni rafforzate
non è il traguardo finale che ritengo più auspicabile.
Alcune decisioni cruciali come larmonizzazione fiscale
verrebbero vanificate se non fossero estese a tutta larea
comunitaria.
Soprattutto, diverrebbe sempre più forte il rischio di unEuropa
non più allargata, ma più ristretta ad un nocciolo
duro di Paesi, lesatto contrario di ciò che si vuole
e si deve fare.
Se dunque in una fase intermedia non si può fare a meno di
accettare velocità di crociera diverse, lobiettivo
finale di medio periodo al quale tendere è quello di un ordinamento
federale dellUnione. Una federazione che attorno ad un suo
presidente, emblema dellunità, sappia coagulare lidentità
collettiva dei cittadini e che dalla molteplicità delle sue
culture sappia trarre motivi di forza unitaria. La mia opinione
è che il completamento dellunificazione politica dellEuropa
sia la condizione indispensabile per poter arrivare a dialogare,
un giorno, da pari a pari e con una sola voce con le altre grandi
entità continentali del mondo.
Quel giorno non è imminente. Oggi come oggi, lEuropa
non può permettersi di rinunciare a una partnership forte
con gli Stati Uniti. Non può farlo dal punto di vista della
sicurezza, fintantoché non disporrà di una struttura
di difesa. Non può farlo neppure sotto il profilo economico,
dal momento che sono là, negli Stati Uniti, le risorse tecnologiche
a cui attingere per dare sostanza alla crescita.
Certo, noi tutti abbiamo la legittima aspirazione a far sì
che questa sia una vera partnership tra uguali. Ma per arrivare
dovremo superare alcune prove importanti. La prima è quella
di assorbire senza traumi lallargamento ad Est e di corrispondere
alle aspettative di sicurezza e di sviluppo dei futuri membri dellUnione.
La seconda, forse ancora più impegnativa, è quella
di stabilire rapporti costruttivi con la Russia, attirandola stabilmente
nellarea della democrazia e del mercato. La terza è
quella di accelerare i ritmi dello sviluppo economico, liberando
le capacità delle risorse umane, mobilitando i talenti scientifici,
favorendo la competizione in ogni settore, valorizzando i punti
di forza tipicamente europei. Si tratta, come si vede, di impegni
gravosi e pressanti che potranno essere assolti solo con solidarietà
europea, non con egoismi nazionali. E sempre in una prospettiva
atlantica.
Lo scorso secolo gli Stati Uniti hanno fatto dellAmerica lunica
superpotenza del mondo. Nello stesso secolo noi europei, con due
guerre civili e pressati da profonde divisioni ideologiche, abbiamo
distrutto buona parte del potenziale dellEuropa. Oggi stiamo
cercando di ricostruirlo. Cè chi pensa di ricostruirlo
in antitesi agli Stati Uniti; cè chi pensa di ricostruirlo
in stretta alleanza con gli Stati Uniti. Io appartengo a questi
ultimi e ritengo che chiunque saprà fare passi in quella
direzione farà linteresse dellavvenire europeo.
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