La locazione del ventre costituisce offesa alla
dignità della donna,
snaturando il ruolo sociale e naturale della maternità.
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La tematica della fecondazione artificiale pone notevoli problemi
sia da un punto di vista etico che dal punto di vista dellontologia
medica. Ci si chiede, infatti, fino a che punto latto medico,
lintervento del medico, o del biologo che sia, abbia carattere
di aiuto terapeutico oppure diventi atto sostitutivo e manipolatorio,
in un campo in cui curare dovrebbe significare rimuovere degli ostacoli,
favorire dei processi e non sostituirsi integralmente alla responsabilità
delle persone, della coppia, in ciò che ad essa è
proprio, esclusivo e inalienabile.
Punto di partenza obbligato per chi si voglia occupare della cosiddetta
fecondazione assistita è il tema della procreazione umana,
qui intesa non da un punto di vista biologico, ma come atteggiamento
sociale, come atto influenzato da un certo milieu culturale, il
quale ha visto, col diffondersi del permissivismo edonista, il superamento
del concetto sessualità-genitalità.
Levoluzione culturale della società moderna (e in particolare
mi riferisco a quella occidentale) ha portato a rivendicare e ad
incrementare non solo il distacco del comportamento sessuale da
qualsiasi norma etica, ma anche il nesso inscindibile che lega,
e ha legato per secoli, latto sessuale alla procreazione.
Ciò in una duplice direzione: da un lato latto sessuale
oggi è considerato come un mero atto fisiologico, una necessità
istintiva e carnale da soddisfare irresponsabilmente senza il pericolo
che esso porti alla procreazione (sesso senza genitalità),
dallaltro gli incredibili progressi in ambito scientifico
hanno realizzato quella che fino a pochi anni fa era considerata
una mera ipotesi futuribile: la procreazione senza la consumazione
dellatto sessuale (genitalità senza sesso). Ed è
proprio in questultimo ambito che le questioni di carattere
etico vengono ad assumere un ruolo fondamentale, investendo temi
legati alla persona del nascituro, alla natura del matrimonio, al
diritto ai figli (o meglio il diritto a procreare), alla responsabilità
dei coniugi, allinsanabile contrasto tra tecnica e morale
nella medicina e nella bioingegneria. Ci troviamo in un punto nodale
delle applicazioni scientifiche e tecniche alluomo, ove è
più che mai necessario operare la distinzione tra ciò
che è tecnicamente possibile e ciò che è moralmente
lecito.
Fecondazione significa porre in atto un nuovo individuo. Questo
tipo di intervento biomedico e tecnico non può, e non deve,
essere valutato alla stregua di un qualsiasi atto fisiologico e
tecnico. La fecondazione, o procreazione che dir si voglia, è
atto personale della coppia e ha come risultato un essere umano.
Questo principio implica che spetti alla coppia uomo-donna, legittimamente
costituita in matrimonio e nella fondazione della famiglia (la prima
e più importante istituzione sociale), la decisione se procreare
o no, che è un diritto personalissimo (e come
tale inviolabile e indisponibile) di coppia. E qui necessaria
una prima e basilare distinzione fra coloro i quali individuano
nel rapporto coniugale un vero e proprio diritto ai figli
e coloro i quali, invece, sostengono lesistenza solo di un
diritto a procreare. Nonostante sembri, ad un primo
e superficiale sguardo, una distinzione da poco e tautologica, essa
nasconde dietro di sé due diversi approcci al tema: il diritto
ai figli è sostenuto da coloro che in nome del consenso,
della volontà imperante, si fanno fautori della liberalizzazione
della morale, negando, in nome del piacere personale, ogni
limite etico in materia di fecondazione artificiale e ammettendo,
quindi, il ricorso alla locazione del grembo materno, allutilizzazione
di tecniche di procreazione asessuate, o, addirittura, alla possibilità
di avere figli per le coppie omosessuali o per i singles.
Il diritto a procreare, invece, è il diritto
indiscutibile che ogni coppia, stabilmente unita in matrimonio,
ha di poter porre in essere atti oggettivamente finalizzati alla
procreazione, con la possibilità, nel caso di particolari
forme di impotenza, di ricorrere solo ed esclusivamente a quelle
tecniche integrative, giammai sostitutive, di procreazione
(linseminazione artificiale omologa).
Unaltra basilare distinzione rilevante eticamente oltre che
tecnicamente è quella tra fecondazione artificiale omologa
e fecondazione artificiale eterologa. La prima designa le tecniche
volte ad ottenere un concepimento umano a partire dai gameti di
due sposi uniti in matrimonio; la seconda, invece, designa le tecniche
in cui ci si avvale di uno o più elementi biologici (spermatozoi,
ovociti o addirittura utero) estranei alla coppia. Esse possono
essere operate in vari modi: la fecondazione omologa per il tramite
della fecondazione in vitro con embryo-transfer (FIVET), della inseminazione
artificiale intracorporea (AIH) o del trasferimento intratubarico
del gamete (GIFT) o ancora per mezzo della fecondazione microassistita
(ICSI); la fecondazione eterologa (oltre alla FIVET eterologa e
alla AIH con donatore) con un semplice trasferimento
di embrione frutto dellincontro di gameti, entrambi appartenenti
a donatori, oppure utilizzando la surrogate mother. Le ipotesi sono
ancor più complicate quando si proceda ricorrendo alla banca
del seme o quando si utilizzino ovociti o addirittura embrioni
congelati.
La fecondazione artificiale pone, quindi, differenti problemi a
seconda che essa sia omologa o eterologa, in vitro o in utero. Linsemina-zione
omologa è utilizzata, quasi con finalità terapeutica,
per curare alcune forme di sterilità femminile
o maschile, altrimenti non curabili. Questo è il primo indispensabile
presupposto perché possa ammettersi la fecondazione omologa:
lesistenza di altri metodi terapeutici preclude la possibilità
di utilizzare una qualsiasi forma di fecondazione artificiale, e
ciò sia per la delicatezza delloperazione, sia per
il rischio (concreto e reale) di uninutile produzione di embrioni
destinati poi alla morte certa (visto e considerato che nella maggior
parte delle tecniche fecondatorie si realizza in vitro un numero
superiore a quello strettamente necessario di embrioni, nel caso
in cui lembryo-transfer non abbia successo).
Pertanto, linseminazione artificiale può ottenersi
in vitro o in utero. Orbene, sulla liceità della fecondazione
omologa intracorporea nessuno ormai discute; lo stesso magistero
della Chiesa, da sempre molto sensibile a questo tipo di problemi,
ha ritenuto ammissibile un simile intervento, qualificandolo come
aiuto terapeutico e integrativo volto a far sì che latto
coniugale, in sé completo in tutte le sue componenti (fisiche,
psichiche, spirituali), possa avere effetto procreativo. I problemi
etici non riguardano, quindi, lo scopo che si vuole perseguire nellintervento
sulla vita e sulla relazione di coppia, ma riguardano i metodi che
si usano e le tecniche che si impiegano in relazione alle modalità
di prelievo del seme maschile. Si distingue, a tal proposito, fra
inseminazione artificiale omologa (AIH) e trasferimento intratubarico
del gamete (GIFT). Linseminazione artificiale omologa consiste
nel trasferimento nelle vie genitali femminili dello sperma del
marito, precedentemente raccolto. Questo tipo di intervento è
da considerarsi come un aiuto tecnico, affinché il seme eiaculato,
possibilmente in coincidenza con latto coniugale, possa unirsi
alla cellula uovo e attuare così la fecondazione, con tecniche
di micromanipolazione; la salvaguardia dellunità fisico-spirituale
dellatto coniugale sarebbe così garantita e lintervento
del terzo, del ginecologo o del biologo, si collocherebbe solo ed
esclusivamente nellambito di un lecito intervento finalizzato
al completamente procreativo di un atto oggettivamente idoneo alla
fecondazione. Se, infatti, si ritiene che la procreazione non può
essere privata dellelemento dellunione sia fisica che
spirituale di una coppia, allora nessuna controindicazione etica
coinvolge questa tecnica fecondatoria così come appena descritta.
Se, invece, il metodo di raccolta del seme si configuri non come
una facilitazione alla procreazione, bensì come integralmente
sostitutivo dellatto coniugale, allora linseminazione
artificiale pone dei problemi più delicati. E il caso
in cui il seme maschile venga raccolto non in coincidenza di un
atto coniugale, ma al di fuori e prescindendo da esso (mediante
masturbazione o mediante biopsia testicolare). Ebbene, in questa
ipotesi lintervento medico non può essere assolutamente
considerato come integrativo, bensì come un intervento manipolatorio,
contra naturam operato affinché la fecondazione venga provocata
dopo un atto oggettivamente inidoneo alla procreazione. Qui si presenta
il punctum dolens dellintera problematica: la fecondazione
artificiale può essere ammessa solo ed esclusivamente allorquando
essa non sostituisca gli esseri umani in un atto proprio della loro
natura: latto sessuale.
Il trasferimento intratubarico del gamete omologo (GIFT) è
una tecnica di fecondazione artificiale intracorporea che comporta
il trasferimento simultaneo, ma separato, dei gameti maschili e
femminili allinterno della tuba di Falloppio. Il discorso
appena fatto per lAIH omologa va in toto ripreso per ciò
che riguarda la liceità etica della GIFT omologa, che, se
utilizzata nellambito di una coppia legittima e del prelievo
dei gameti in coincidenza di un rapporto sessuale fra i coniugi,
non propone particolari tipi di problemi.
Sia la GIFT che lAIH, quindi, devono essere ritenute ammissibili
come tecniche terapeutiche finalizzate non alla cura dellimpotenza,
come pur erroneamente si dice (limpotenza infatti rimane),
ma allintegrazione in direzione procreativa di un atto moralmente
lecito, perché attuato nellambito di un rapporto di
coppia e scientificamente idoneo alla fecondazione.
Diverso è il discorso per ciò che riguarda la fecondazione
in vitro con trasferimento embrionale omologa. A favore della liceità
etica di questo tipo di intervento si pronunciano coloro i quali
evidenziano che essa sarebbe comunque attuata nellambito di
rapporto di coppia regolarmente costituito, e che ogni coppia avrebbe,
quindi, diritto ad avere dei figli, in quanto esso perfezionerebbe
un rapporto costituito a tal fine.
Largomento si presenta carico di conseguenze a livello scientifico,
etico e sociale. Il trasferimento di embrioni fecondati in vitro,
in provetta, prescindendo dallatto sessuale, fa parlare di
autopoiesi delluomo, di ectopia della
generazione, di passaggio giuridico e sociale dallesistenza
di una sola paternità-maternità ad una sorta di cooperativa
di genitori e costruttori del concepimento. E proprio in questo
ambito che si evidenzia il contrasto, esistente e per certi versi
insanabile, fra scienza e morale. Infatti, è scientificamente
possibile compiere un atto così rilevante, e così
umano, come il concepimento senza la necessità di porre in
essere un rapporto sessuale. Sono sufficienti sia il prelievo di
gameti, maschili e femminili, sia la successiva fecondazione della
cellula-uovo in provetta, riducendo così la procreazione
a mera operazione biologica attuabile anche artificialmente. E
il problema dei limiti etici al progresso scientifico, è
il problema più importante delletica moderna, sia laica
che cattolica: fino a che punto può legittimamente spingersi
il dominio delluomo sulluomo? E eticamente legittimo
un comportamento che privi la procreazione della sua dignità?
Ed è un problema che coinvolge i rapporti tra il diritto,
sempre più aperto alle spinte edonistiche provenienti dalla
società, e la morale, unica custode ormai, potremmo dire,
di quella dignità umana che ha nella nostra Costituzione
e nel Preambolo della Dichiarazione dei diritti delluomo del
1948 la sua massima espressione. Ma è soprattutto un contrasto
fra etica oggettiva ed etica soggettiva, fra coscienza morale e
coscienza individuale, fra tutela delluomo e liberalismo dilagante,
in una società come la nostra che ha fondato sullindividualismo
etico lunico valore trascendente universalmente riconosciuto:
il culto illimitato di se stessi, del proprio piacere, della propria
unica e irripetibile autenticità.
Ma la FIVET non è solo questo. Per necessità tecniche
si costruiscono di solito più embrioni di quanti possano
essere richiesti per leventuale trasferimento in utero, derivandone
un surplus di embrioni congelati, che possono poi essere
soppressi, destinati alla sperimentazione, come se lembrione
fosse un animale e negando così tout court il carattere umano
dello stesso, già minato dalla legislazione abortista. Al
momento della fusione dei gameti, pur se in provetta, si dà
luogo ad una nuova e autonoma individualità umana che andrà
sviluppandosi fino al raggiungimento delle forme umane. Ammettendo,
anche solo a livello teorico, la possibilità di eliminazione
degli embrioni, si procederebbe ad una soppressione di esseri umani
che non è ammessa neanche dalla legge sullaborto, e
pertanto rappresenterebbe sic et simpliciter un delitto ingiustificabile
nei confronti di un individuo, il quale, anche se nato in provetta,
ha la stessa dignità e gli stessi diritti di tutti gli altri
esseri umani (cfr. art. 1 Dichiarazione Universale).
Ma cè unaltra ragione di carattere etico che
va considerata: la fecondazione in vitro, anche quando è
omologa, dissocia la dimensione unitivo-affettiva dellatto
coniugale dalla dimensione procreativa e fisica, determinando, in
questo modo, una disgiunzione fra la sfera sentimentale e la sfera
procreativa, elementi questi inscindibili in un rapporto di coppia.
E bisogna aggiungere che nel caso della fecondazione in provetta
si introduce una causalità genitoriale plurima ed estranea
alla coppia. Mentre nellAIH il medico compie solo unazione
sussidiaria e complementare che non espunge la fecondazione dalla
volontà e dallunione della coppia, nella FIVET il momento
fecondativo (lunione dei due gameti) è attuato da un
operatore estraneo alla coppia, riducendo, così, la procreazione
a fatto di mera tecnica, degradando latto procreativo sia
in senso teleologico che antropologico: chi compie la fase decisiva
alla procreazione è un estraneo alla coppia tanto che non
sembrerebbe azzardato affermare che il concepito avrebbe così
tre genitori, distinguendo, quindi, fra padre putativo e padre genetico.
Problemi ancora maggiori pongono le tecniche di fecondazione artificiale
eterologa, indicata per ovviare a patologie più complesse
rispetto a quelle prese in considerazione per la fecondazione omologa,
perché si richiede la donazione di cellule uovo o di spermatozoi
(tecnicamente più semplice da effettuare e più sicura,
in quanto con la crioconservazione i gameti maschili possono essere
conservati senza particolari problemi anche per lunghi periodi di
tempo). Sullilliceità etica di questo tipo di tecniche
non vi è alcun dubbio. Si pensi allaberrazione di una
FIVET eterologa con coinvolgimento di problematiche (oltre a quelle
già trattate) legate allunità matrimoniale e
coniugale, allidentità biologica, psicologica e giuridica
del nascituro, il quale non avrebbe, da un punto di vista strettamente
genetico, nessun tratto in comune con il padre putativo.
E facile osservare che, quando si realizza la donazione del
seme e dellovulo o di entrambi, si stabilisce una differenziazione
tra la figura dei genitori e la figura dei coniugi.
La struttura unitaria del matrimonio verrebbe ad essere infranta;
si avrebbe un individuo concepito in provetta, con seme prelevato
da un donatore, frutto di una fecondazione asessuata e scissa dal
rapporto intercorrente tra lindividuo e i propri genitori.
Stante il fatto che ognuno ha diritto di sapere di chi è
figlio (diritto sancito dalla Dichiara-zione sui diritti del fanciullo
approvata dallAssemblea generale delle Nazioni Unite nel 1959),
il nascituro che avesse unidentità biologica non coincidente
con quella giuridica potrebbe avere delle difficoltà di rapporto
(difficoltà che esistono anche per i figli adottati e per
i quali spesso ladozione rimane un segreto) con i propri genitori,
nonché problemi di identità personale. Il ricorso
al trasferimento di embrione creerebbe casi strani e giuridicamente
intricati, come nel caso di trasferimento di embrione dopo la morte
del padre (FIVET omologa) o dopo che i committenti vengano a scomparire
prima dellimpianto in utero di un embrione già esistente
e già orfano prima ancora di venire alla luce. Il ricorso,
poi, alla banca del seme (ricorso ammesso secondo un recente disegno
di legge oggi in esame alla Commissione Igiene e Sanità del
nostro Senato) potrebbe determinare una popolazione di un certo
numero di consanguinei che non sanno di essere tali fra loro (con
il rischio reale di unioni matrimoniali tra fratellastri con tutte
le conseguenze di ordine biologico e giuridico conseguenti), e ciò
perché con leiaculato di un uomo solo si possono fecondare
molti ovuli. Il distacco fra paternità genetica e paternità
sociale è talmente evidente che sarebbe necessario
un apposito documento normativo per parificare ex lege i figli nati
da una donazione di seme a quelli naturali di una coppia, degradando
così un fatto essenzialmente naturale ad oggetto di disciplina
giuridica. A ciò si deve aggiungere il pericolo di spinte
verso leugenismo allorquando la coppia (o la sola donna) committente
decida di rivolgersi a particolari banche del seme (esistenti già
negli States) che raccolgono solo gameti di uomini con un certo
grado culturale o con ben determinate caratteristiche psicosomatiche.
Le tecniche in questione sono assolutamente contro natura, atteso
che rimettono alla volontà delluomo decisioni (quali
i tratti somatici o il sesso del figlio) che non spettano a lui.
Il ricorso alla banca del seme, o alle surrogate mothers, è
aberrante, poi, nel caso in cui la coppia committente sia una coppia
di omosessuali. Si pensi al caso di quel bambino inglese commissionato
da una coppia di gay e procreato per il tramite della surrogate
mothers: è la prova più evidente dei pericoli insiti
in questo tipo di tecniche, che minano il fondamento della società
tutta, la famiglia coniugale e bisessuale.
Altra tecnica utilizzata nellambito delle tecniche di fecondazione
eterologa riguarda la locazione del ventre materno nella duplice
forma della madre portante, che affitta il proprio grembo
per la gestazione e il parto di un embrione ottenuto in vitro con
cellule germinali di una coppia e poi impiantato nellutero
della suddetta, e della madre surrogata che viene inseminata
dal marito di altra donna (in vitro o in utero) contribuendo così
col proprio corpo alla gestazione e al parto del concepito. Col
fine ultimo, in entrambi i casi, della cessione del nato alla coppia
committente. Il disvalore di questo metodo è evidente: si
determina così una manipolazione della corporeità
del figlio che riceve il patrimonio genetico da due persone, mentre
riceve il sangue, il nutrimento e la comunicazione vitale intrauterina
da unaltra persona, con il conseguente trattamento del figlio
come un esemplare animale e non come un individuo che ha il diritto
di riconoscere i propri genitori e di identificarsi con essi.
Si tratta di interventi che non si configurano come mero problema
morale, di libertà o di coscienza individuale, ma che ledono
il principio di salvaguardia della dignità umana. La locazione
del ventre (non importa se retribuita o meno), infatti, costituisce
offesa alla dignità della donna innanzitutto, snaturando
il ruolo sociale e naturale della maternità e degradando
la donna a puro organismo riproduttore, in contrasto evidente con
il concetto di maternità responsabile (desumibile anche dalla
194/1978) e con lo stesso processo culturale di emancipazione della
donna che da oltre trentanni combatte perché non sia
considerata solo ed esclusivamente unincubatrice umana. Si
lede, così, in ogni caso, la dignità del nato, poiché
egli viene degradato a res commerciabile e commissionabile, ad oggetto
di scambio, di contrattazione e di scambio. Anche perché
la locazione del grembo materno comporta una cessione di nati che
già la legge italiana del 1983 sulle adozioni severamente
punisce.
Lapplicazione delle più recenti scoperte scientifiche
in tema di fecondazione artificiale, quindi, rappresenta uno dei
più problematici campi con cui la bioetica deve confrontarsi.
La peculiarità in questo campo è dovuta al fatto che,
ad un potenziamento della tutela dellessere umano, soprattutto
in ambito sovranazionale, non fa riscontro unadeguata politica
dei legislatori dei singoli Paesi che compongono la comunità
internazionale; si ha quasi limpressione che allaccordo
generalizzato sulla proclamazione dei diritti delluomo (in
ambito bioetico in particolare mi riferisco al diritto alla vita
sancito solennemente dallart. 3 della Dichiarazione universale
del 1948 e calpestato con la pratica dellaborto o della creazione
di embrioni in sovrannumero nei vari tipi di fecondazione artificiale,
nonché al diritto personalissimo di ognuno ad avere unidentità
personale sancito dalla Dichiarazione sui diritti del fanciullo
del 1959, violato ogni qualvolta si ammettono pratiche di fecondazione
assistita eterologa) non corrisponda un adeguato riscontro tutelatorio
nel diritto interno. Probabilmente il villaggio globale, in via
di costituzione, dovrebbe fare in modo che sia la comunità
internazionale (in primis lUnione Europea, anche se le differenze
di approccio al problema della procreazione assistita sono evidenti
nel contrasto tra i Paesi mediterranei, meno inclini allo sviluppo
senza limiti della scienza applicata alla procreazione, e i Paesi
nord-europei, più aperti a non limitare eticamente la scienza
in nome dei diritti soggettivi diritto ad una famiglia per
le coppie omosessuali il cui contenuto è certamente
discutibile) a porre dei limiti efficaci allaffievolimento
della tutela dellessere umano operata sotto la spinta di un
dilagante utilitarismo individualistico-edonistico capace di elevare
il progetto nichilistico di morte, portato dal soggettivismo tendenzialmente
illimitato, a sommo principio-guida della condotta umana. Solo,
infatti, un accordo programmatico realizzato a livello mondiale,
o quantomeno europeo, che specifichi in modo chiaro quali siano
i limiti etici invalicabili della scienza, può garantire
il rispetto di princìpi morali propri non di una particolare
cultura, bensì delluomo e dellintera umanità.
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