Fu dunque,
il Futurismo,
una clamorosa esplosione di
intenzioni estetiche innovative rispetto al formalismo
accademico
e al passatismo.
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1959, cinquantenario del Futurismo. Si erano proposti, i futuristi,
(al modo dei cubisti in Francia), la riconquista di una realtà
intesa plasticamente, in opposizione allImpressionismo e al
Divisionismo. Ma mentre i cubisti avevano distillato una concezione
statica delle cose, i futuristi vollero «dare la vita della
materia traducendola nei suoi moti»: sicché interpretarono
«gli oggetti secondo le linee e forme forza, e colori forza
che li caratterizzano»; e resero l«ambiente emotivo»
dellopera darte, vale a dire lo «stato danimo»,
concetto che implica lo sconvolgimento delle idee tradizionali di
tempo e di spazio: per far vivere lo spettatore al centro dellopera
darte è necessario che questa sia «la sintesi
di quello che si ricorda e di quello che si vede».
In altre parole, i futuristi introdussero degli elementi plastici
pensati fra gli altri visti, secondo il
principio della simultaneità. Così loggetto,
scomposto nei suoi elementi formali, viene sottoposto a un moto
più o meno veloce, attuato attraverso il moltiplicarsi e
il compenetrarsi di quegli stessi elementi, con notevoli effetti
dinamici. Fu dunque, il Futurismo, una clamorosa esplosione di intenzioni
estetiche innovative rispetto al formalismo accademico e al passatismo.
E fu culto della macchina intesa come misura unica dei valori contemporanei;
mito dellazione contro limmobilismo; poetica delle parole
in libertà (parolibere), cioè del discorso come
negazione della semanticità della parola, che venne elevata
a puro suono.
E anno di bilanci, il 59. Con testimonianze ancor vive e vivacemente
espresse, includenti polemiche e fronteggiamenti, sul filo di una
memoria cronistorica che intendeva far chiarezza sul movimento che
elettrizzò la vita artistica e letteraria del primo Novecento
come avanguardia al suo sorgere e come professione
di fede in quella che viene generalmente definita «la nuova
ondata». Che della vecchia fu proiezione e segno
di continuità, filiazione partenogenetica, se vogliamo, i
cui epigoni hanno operato coerentemente fin quasi ai nostri giorni.
Delle Site, fra questi. Il quale, proprio nel 59, pubblicò
sulla Tribuna del Salento di Ennio Bonea, allora diretta
se la memoria non ci tradisce da Mario Proto, una piccola
cronistoria del movimento a Lecce, in risposta alla presa
di distanza di Vittorio Bodini, il quale aveva scritto di sentire
un «sottile orrore di dovere storicizzare quegli impeti sconsiderati»
(peccati di gioventù?), che delle Site, al contrario, riteneva
«passaggi obbligati per i nostri temperamenti». Bodini
era stato poeta futurista, e il Futurismo aveva sostenuto a tempo
pieno, insieme con un precursore assoluto del movimento,
Antonio Serrano, col cugino di questi, Giovanni, e con larchitetto
Dattilo, oltre che con un giornalista di razza, Ernesto Alvino,
direttore di Vedetta Mediterranea, poi fondatore di Vecchio e Nuovo,
e infine, dal 53, creatore di quella palestra professionale
per molti giovani e non solo che fu Voce del Sud.
Lasciò il Futurismo, Bodini, alla morte del nonno, Pietro
Marti, che determinò anche la fine della rivista da questi
diretta, Fede. E, trasferitosi a Firenze, aderì alla corrente
dellermetismo. Rimasero fedeli allidea futurista, invece,
gli altri su citati, insieme con DAndrea, Sabato, De Raho,
lo scultore Mimmi Stati, altri ancora.
Il 1933 scrive Delle Site «segnò lacme
del gruppo futurista leccese. Dopo le lusinghiere affermazioni individuali
dei suoi esponenti, ognuno si avviò a consumare i giri dei
propri anni, con i relativi incontri e secondo la congenita fortuna».
E non cè chi non percepisca in queste parole uninterna
amarezza per la fine della dinamica stagione che aveva
dato una sferzata al figurativismo-pneumatico di prammatica soprattutto
nelle periferie artistiche italiane.
Loccasione per ricordare tutto questo, e per riproporre una
riflessione su Delle Site, sul Futurismo e sulle storie individuali
degli intellettuali, scrittori e artisti coevi salentini, ci è
data da una mostra dellaeropittore tenutasi a Roma nella Galleria
Solarte: Alle radici dellaeropittura, curata da
Renato Miracco, con oltre cinquanta rare opere (oli, disegni, acquarelli,
tempere e sculture): unoccasione, è scritto in catalogo,
«per rendere omaggio ad uno dei più significativi artisti
italiani [...] molto ben conosciuto da esperti e collezionisti,
ma non ancora dal grande pubblico».
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