Marzo 2001

L’AEROPITTORE DELLE SITE

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La costanza
della ragione futurista
aldo bello
 
 

Fu dunque,
il Futurismo,
una clamorosa esplosione di
intenzioni estetiche innovative rispetto al formalismo
accademico
e al passatismo.

 

1959, cinquantenario del Futurismo. Si erano proposti, i futuristi, (al modo dei cubisti in Francia), la riconquista di una realtà intesa plasticamente, in opposizione all’Impressionismo e al Divisionismo. Ma mentre i cubisti avevano distillato una concezione statica delle cose, i futuristi vollero «dare la vita della materia traducendola nei suoi moti»: sicché interpretarono «gli oggetti secondo le linee e forme forza, e colori forza che li caratterizzano»; e resero l’«ambiente emotivo» dell’opera d’arte, vale a dire lo «stato d’animo», concetto che implica lo sconvolgimento delle idee tradizionali di tempo e di spazio: per far vivere lo spettatore al centro dell’opera d’arte è necessario che questa sia «la sintesi di quello che si ricorda e di quello che si vede».
In altre parole, i futuristi introdussero degli elementi plastici “pensati” fra gli altri “visti”, secondo il principio della simultaneità. Così l’oggetto, scomposto nei suoi elementi formali, viene sottoposto a un moto più o meno veloce, attuato attraverso il moltiplicarsi e il compenetrarsi di quegli stessi elementi, con notevoli effetti dinamici. Fu dunque, il Futurismo, una clamorosa esplosione di intenzioni estetiche innovative rispetto al formalismo accademico e al passatismo. E fu culto della macchina intesa come misura unica dei valori contemporanei; mito dell’azione contro l’immobilismo; poetica delle “parole in libertà” (parolibere), cioè del discorso come negazione della semanticità della parola, che venne elevata a puro suono.
E anno di bilanci, il ‘59. Con testimonianze ancor vive e vivacemente espresse, includenti polemiche e fronteggiamenti, sul filo di una memoria cronistorica che intendeva far chiarezza sul movimento che elettrizzò la vita artistica e letteraria del primo Novecento come avanguardia – al suo sorgere – e come professione di fede in quella che viene generalmente definita «la nuova ondata». Che della “vecchia” fu proiezione e segno di continuità, filiazione partenogenetica, se vogliamo, i cui epigoni hanno operato coerentemente fin quasi ai nostri giorni.
Delle Site, fra questi. Il quale, proprio nel ‘59, pubblicò sulla Tribuna del Salento di Ennio Bonea, allora diretta – se la memoria non ci tradisce – da Mario Proto, una “piccola cronistoria” del movimento a Lecce, in risposta alla presa di distanza di Vittorio Bodini, il quale aveva scritto di sentire un «sottile orrore di dovere storicizzare quegli impeti sconsiderati» (peccati di gioventù?), che delle Site, al contrario, riteneva «passaggi obbligati per i nostri temperamenti». Bodini era stato poeta futurista, e il Futurismo aveva sostenuto a tempo pieno, insieme con un “precursore assoluto” del movimento, Antonio Serrano, col cugino di questi, Giovanni, e con l’architetto Dattilo, oltre che con un giornalista di razza, Ernesto Alvino, direttore di Vedetta Mediterranea, poi fondatore di Vecchio e Nuovo, e infine, dal ‘53, creatore di quella palestra professionale per molti giovani – e non solo – che fu Voce del Sud.

Lasciò il Futurismo, Bodini, alla morte del nonno, Pietro Marti, che determinò anche la fine della rivista da questi diretta, Fede. E, trasferitosi a Firenze, aderì alla corrente dell’ermetismo. Rimasero fedeli all’idea futurista, invece, gli altri su citati, insieme con D’Andrea, Sabato, De Raho, lo scultore Mimmi Stati, altri ancora.
Il 1933 – scrive Delle Site – «segnò l’acme del gruppo futurista leccese. Dopo le lusinghiere affermazioni individuali dei suoi esponenti, ognuno si avviò a consumare i giri dei propri anni, con i relativi incontri e secondo la congenita fortuna». E non c’è chi non percepisca in queste parole un’interna amarezza per la fine della “dinamica stagione” che aveva dato una sferzata al figurativismo-pneumatico di prammatica soprattutto nelle periferie artistiche italiane.

L’occasione per ricordare tutto questo, e per riproporre una riflessione su Delle Site, sul Futurismo e sulle storie individuali degli intellettuali, scrittori e artisti coevi salentini, ci è data da una mostra dell’aeropittore tenutasi a Roma nella Galleria Solarte: “Alle radici dell’aeropittura”, curata da Renato Miracco, con oltre cinquanta rare opere (oli, disegni, acquarelli, tempere e sculture): un’occasione, è scritto in catalogo, «per rendere omaggio ad uno dei più significativi artisti italiani [...] molto ben conosciuto da esperti e collezionisti, ma non ancora dal grande pubblico».

   
   
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