Il ministero
dei Lavori Pubblici, per giudicare
la fattibilità
del ponte
tra Scilla e Cariddi,
deve chiamare una società americana.
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Nessuno dubita ormai che lItalia abbia accumulato gravissimi
ritardi nelle grandi infrastrutture rispetto ai partners europei.
Soprattutto, si comincia (soltanto) ora a capire che senza un complesso
ed efficiente sistema di mobilità per le persone e per le
cose la new economy non potrà decollare. Cè,
comunque, chi parla di numeri, e chi resta più nel vago,
a proposito di grandi opere da realizzare. Ma, se ormai è
palese che in qualche direzione sarà pur necessario muoversi,
è invece buio pesto, almeno per ora, sul che fare, su quali
priorità puntare, sul come e sul quando fare. E intanto sono
almeno quattro i nodi che sarà necessario sciogliere in via
preliminare.
Progetto-Paese. Il Parlamento continua ad esaminare il Piano decennale
dei trasporti. Il fatto è che gli archivi di Stato sono pieni
di piani approvati e mai realizzati. Il motivo fondamentale della
naufragabilità dei nostri piani è che essi, nella
migliore delle ipotesi, mirano a risolvere problemi già esistenti,
spesso lasciati incancrenire da anni di inazione. Ma questo non
basta, perché manca una visione anticipatrice del futuro.
Senza di essa non possono essere progettate e realizzate le opere
innovatrici sulle quali il Paese possa costruire il proprio avvenire.
Si legge, ad esempio, nella proposta di Piano dei trasporti, che
è necessario ammodernare lautostrada Salerno-Reggio
Calabria. Ma questa è unopera già in ritardo
sui tempi. Il futuro è invece là dove finisce lautostrada.
Quale sistema di trasporti multimodale potrà innervarsi nellincredibile
successo del porto transoceanico di Gioia Tauro? E il ponte sullo
Stretto di Messina si farà o non si farà?
Più in generale, non cè traccia, nel Piano,
della questione meridionale. Se ne conclude che, per inconsapevolezza
o per incapacità, si sta accettando di abbandonare definitivamente
il Sud al destino di regione periferica rispetto alla Mitteleuropa,
proprio ora che i grandi flussi migratori tra Sud e Nord e le poderose
correnti commerciali tra Est e Ovest del mondo possono riproporre
il Mezzogiorno come fulcro centrale di un nuovo sistema di trasporti
euro-mediterranei.
Rispetto a queste domande strategiche il Piano è muto. Pertanto,
lesigenza di una pianificazione strategica va posta con decisione
alle forze politiche, che oggi non sembrano avvertirne lindispensabilità.
Capacità progettuale. Negli anni Sessanta cè
stato il miracolo economico italiano. In quellepoca
si è realizzata, tra laltro, lAutostrada del
Sole: uninfrastruttura fondamentale, che è risultata
in anticipo rispetto a realizzazioni simili costruite successivamente
in Francia, in Inghilterra e in Spagna.
Sullonda della voglia di progettare e della capacità
di realizzare, lItalia vide allora la fioritura di grandi
società di ingegneria (Italconsult, Bonifica, Elettroconsult,
Ctip, Snam Progetti, Techint, Sauti), che hanno primeggiato allestero
con opere geniali, dallo spostamento dei templi egiziani di Abu
Simbel alle grandi dighe africane dello Zambesi, dai tunnel transandini
per deviare le acque del Rio delle Amazzoni verso il deserto peruviano,
ai porti sul Rio de la Plata.
Purtroppo, la loro stagione è stata breve. Esse infatti non
hanno potuto sviluppare solide radici in casa propria, perché
in Italia cera e cè una legge che incredibilmente
ne vieta lattività. In questo modo, in seguito alla
crisi petrolifera del 1973, cominciò il loro declino: di
quello straordinario patrimonio di know-how e di creatività
non è rimasto niente.
Ora lItalia non ha più alcuna capacità di produrre
grande ingegneria, non solo allestero, il che è grave
per il nostro prestigio, ma neppure nel Paese, il che è pregiudizievole
per lo sviluppo. Il ministero dei Lavori Pubblici, per giudicare
la fattibilità del ponte tra Scilla e Cariddi, deve chiamare
una società americana. LEnel, dovendo riordinare lAcquedotto
Pugliese, è costretta ad affidarsi a un consulente britannico.
Questa pesante lacuna è una seria ipoteca per il nostro futuro.
Infatti, per quanto sinceri possano essere gli impegni presi, il
governo non sarà in grado di far partire in tempi brevi neppure
una sola grande opera. Non abbiamo i progetti esecutivi per il ponte
sullo Stretto, ma neanche per il Mose di Venezia e,
addirittura, per la linea C della metropolitana di Roma,
da anni annunciata e mai progettata. In ultima analisi, dietro i
politici che promettono, e gli ambientalisti che protestano, cè
un vuoto, praticamente pneumatico, dingegneria.
Allora, se per davvero si vuole passare dalle parole ai fatti, cè
bisogno di un impegno chiaro ed esaustivo di abolire la legislazione
che rende illegali le società di ingegneria in Italia. E
un caso unico al mondo. La legge, fatta nel clima razziale che intendeva
vietare laccesso degli ebrei alle professioni liberali, poi
è stata strenuamente difesa sia dalla corporazione dei liberi
professionisti, abbarbicati allobbligatorietà delle
tariffe professionali, sia dalla casta degli accademici, sempre
più inadeguati rispetto alla complessità dei problemi
e sempre più chiusi nella difesa dei propri privilegi.
Equivoco ambientalista. I nostri ambientalisti sono affezionati
a unidea profondamente emotiva, ma politicamente molto redditizia.
Essi ci raccontano che il mondo è diviso in due. Da una parte
ci sono i buoni, che operano secondo le leggi della Natura. Dallaltra
ci sono i cattivi, che agiscono sotto la spinta del profitto e della
tecnologia. Così, quando ci sono piogge torrenziali e i fiumi
esondano, ciò avviene come reazione al fatto che i corsi
dacqua sono stati violentati dalle opere degli
uomini. Per costoro, quindi, lunico rimedio è la rinaturazione:
il fiume torni brado, e faccia quel che faceva prima, cioè
quello che voleva.
Ma questa è unidea irrazionale e fuorviante. Il corso
dacqua, lasciato alla sua evoluzione naturale, in montagna
ha unazione di erosione, determinando la franosità
dei versanti; in pianura, invece, alimenta incessantemente unopera
di sedimentazione, rendendo instabile ogni suo tracciato. Pertanto
il corso dacqua, lasciato alla sua naturalità,
renderebbe impossibile la vita delluomo. Di conseguenza, luomo,
se vuole sopravvivere, deve regolare il fiume, così come
deve costruire case, ponti, strade e fabbriche.
Lo spartiacque, allora, non è tra gli ambientalisti, i quali
vogliono proteggere la Natura, e i fautori dello sviluppo, che vogliono
violentarla. E da tuttaltra parte: è fra chi
è in grado di fare buoni progetti, e chi non lo è.
E dal 1989 che opera la legge per la difesa del suolo. Da
allora sono proliferate le Autorità di bacino e sono stati
spesi migliaia di miliardi. Ma le alluvioni sono continuate. Il
rimedio non è liberare i fiumi e riconsegnarli alla Natura,
ma programmare più attentamente le opere sul territorio,
progettare argini più adeguati, realizzare invasi di laminazione
delle piene, installare sofisticati sistemi meteorologici.
Per fare tutto questo, ci vogliono meno ambientalisti e più
ingegneri, meno politici e più programmatori. Luomo,
in definitiva, non può estraniarsi dalla Natura, come qualsiasi
altro essere vivente non può non interagire con il proprio
habitat naturale. Si sente fortemente lesigenza di superare
un ambientalismo primitivo e privo di senso, per andare verso una
nuova idea di co-evoluzione tra luomo e lambiente, che
miri a una crescente e più armonica complessità.
Finanziamenti. Per riguadagnare almeno in parte terreno e tempo
perduti, lItalia dovrebbe spendere in pochi anni da 300 a
400 mila miliardi di lire. Siccome nel bilancio dello Stato questi
quattrini non li troveremo mai, sarà necessario rivolgersi
ai finanziamenti privati. La legge che consente il coinvolgimento
dei privati nella costruzione e nella gestione delle opere pubbliche
è stata varata nel 1999: è la cosiddetta Merloni
ter. Ma questa legge è stata fatta chiaramente controvoglia:
il legislatore, ancora fondamentalmente statalista, ha fatto finta
di aprire la porta ai privati, ma dietro la porta ha provveduto
a costruire un labirinto di norme, di vincoli e di adempimenti praticamente
insuperabili. La legge, così, è rimasta lettera morta.
Senza una nuova legislazione, che creda davvero al contributo dei
privati, i soldi non ci saranno e le opere non si faranno. Ma ne
prenderanno mai atto i responsabili dello sviluppo del Paese e del
Sud?
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