Quello
delle pensioni
non è un problema soltanto italiano, ma non si capisce perché
lItalia non possa precedere altri Paesi
nel risolverlo.
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Ci si chiede se attualmente sia più ragionevole preoccuparsi
per il rallentamento delleconomia dellarea euro, oppure
per un tasso armonizzato dei prezzi al consumo. In realtà,
cè stato un deterioramento marginale sia delle prospettive
di crescita sia delle prospettive dei prezzi, entrambi dovuti al
prezzo del petrolio. Un peggioramento simultaneo su tutti e due
i fronti, che allepoca della prima crisi petrolifera venne
definito stagflazione, non a caso un termine entrato nelluso
corrente. Abbiamo vissuto un effetto dello stesso tipo, anche se
molto meno grave come portata e come durata. Il tasso di inflazione
che oggi ci preoccupa, allora sarebbe stato un sogno.
In linea teorica, i fattori esterni che possono rallentare leconomia
dellarea delleuro sono due e mezzo. Il petrolio, landamento
delleconomia negli Stati Uniti, e, venendo al fattore minore
e al momento meno rilevante, un fortissimo recupero del cambio delleuro,
decisamente superiore alle possibili aspettative. Non è certo
il recupero recente che giustifica una preoccupazione su questo
fronte. Nessuno dei tre fattori, inoltre, è valutabile a
freddo nella sua eventuale portata, dal momento che non sappiamo
in che misura si realizzerà. Ma osservo che il prezzo del
petrolio è in attenuazione, e che del rallentamento americano
non si può valutare ancora lentità. Problema
delleuro che si apprezza, approfittando della debolezza del
dollaro. Da quando è finito il sistema di Bretton Woods,
trentanni fa, le grandi monete hanno sempre fluttuato, anche
molto. E stato così per il dollaro, per il marco e
per lo yen. La lira non ha mai avuto questa esperienza di movimenti
ora al ribasso ora al rialzo; le cadute non sono state mai seguite
da un movimento di segno contrario, se non dopo il 1995. Soltanto
con leuro lItalia fa lesperienza di una grande
moneta, e questo non ce lo dobbiamo dimenticare. La nostra è
diventata una grande moneta e noi dobbiamo imparare a vivere con
questa realtà.
Ora, se non si tiene conto che ad una fase di indebolimento del
cambio può seguirne una di rafforzamento anche rapido, si
possono correre seri rischi, e occorre avere le idee ben chiare.
Penso a chi, giocando sulla moneta debole, ha aumentato i listini,
e dunque potrebbe trovarsi messo fuori mercato da una moneta forte.
Ma di solito i momenti di eccessi opposti, al rialzo e al ribasso,
sono lontani molti trimestri, e spesso anni. E parlare di preoccupazioni
di euro forte mentre è ancora debole non ha molto senso.
Occorre sapere tuttavia che è aperto anche il percorso inverso
rispetto a quello vissuto finora dalleuro sui cambi.
A questo punto, però, ciò che conta sono le ambizioni
europee e la capacità di perseguirle. Il problema è
sapere se lEuropa ha aumentato in modo significativo la propria
capacità di crescita potenziale senza inflazione. Questo
è il quesito cruciale: è capace lEuropa di fare
come gli Stati Uniti? Cè lambizione? Se invece
il problema è quello di avere la locomotiva americana per
stare al traino, allora i problemi marginali di rallentamento della
crescita e di aumento dellinflazione pesano maggiormente.
Altro quesito attuale: lEuropa degli Undici (area euro) è
in cerca della new economy? Dobbiamo intenderci sullespressione
new economy, che può voler dire due cose. O un
risultato, vale a dire tassi elevati di crescita per un lungo periodo
senza inflazione, e allora gli Stati Uniti lhanno sperimentata.
Oppure le cause del miracolo, che sono la Information and Computer
Technology, (Ict), e la sua diffusione capillare in un sistema dotato
di una notevole flessibilità.
Se la causa è la Ict, allora sta arrivando anche da noi,
perché come i telai a vapore attraversarono la Manica duecento
anni fa, così la moderna tecnologia informatica non è
stata certo bloccata dallAtlantico. Se invece è la
flessibilità, vuol dire che lEuropa ha un grande potenziale,
perché abbiamo notevoli recuperi da fare in questo campo.
Per concludere, occorre capire qual è il nostro potenziale
di crescita non inflazionistica. E molto difficile, perché
le valutazioni le facciamo sulla base delle rilevazioni passate,
e qui il terreno è nuovo. Bisogna evitare di vedere il miracolo
quando in realtà non cè, e ugualmente evitare
di non coglierne i segnali presenti.
Io sono fiducioso nel futuro. La Ict è sempre più
massicciamente presente in Europa, e anche sul recupero di flessibilità
larea euro si è mossa, più di quanto a volte
non si pensi. Non è vero che le riforme strutturali devono
ancora incominciare: il Mercato Unico e la Moneta Unica sono stati
due grandi riforme strutturali, nel 1993 e nel 1999. Siamo spesso
carenti, invece, nelle piccole riforme strutturali,
quelle che riguardano i mercati del lavoro, dei beni e dei servizi.
Ma la possibilità di replicare il miracolo americano cè,
anche se non è la politica monetaria che può garantirlo.
Resta da esaminare lultimo problema, che ci riguarda molto
da vicino. E il seguente: vari Paesi, e lItalia è
come dimensione il maggiore tra questi, si sono in parte ipotecato
il futuro con un debito pubblico eccessivo, hanno scaricato sulle
prossime generazioni un debito pensionistico che sembra non più
sostenibile, nelle sue componenti attuali. Ma questo non è
di per sé un impedimento alla crescita; anzi, per riportare
il tutto sotto controllo, abbiamo un urgente bisogno della crescita.
Un punto in percentuale in più di aumento del Prodotto interno
lordo fa poca differenza tra un anno e laltro, ma proiettato
costantemente tra cinque o sei anni fa una differenza enorme, grazie
ai miracoli del tasso composto. Per il debito pubblico italiano,
occorre non invertire la direzione di marcia virtuosa degli ultimi
anni. E qualche motivo di preoccupazione cè. Il Belgio,
che aveva un debito più alto di quello italiano in rapporto
al Prodotto interno lordo, ha fatto meglio di noi, e grazie ad un
avanzo primario superiore lascerà forse allItalia la
maglia nera, nel 2001.
Il debito pensionistico resta un problema da affrontare. E
da rimpiangere che nellultima legislatura loccasione
sia stata mancata. Capisco le difficoltà. Ma se la correzione
fosse già alle spalle, le prospettive di crescita sarebbero
migliori. Quello delle pensioni non è un problema soltanto
italiano, ma non si capisce perché lItalia non possa
precedere altri nel risolverlo. Alla fine, tutto diviene un problema
di competitività che in ambito europeo non è affatto
abolita dalleuro, anzi è ordinata e mirata secondo
regole virtuose. Ma esiste, eccome!
Si dice che la riforma fiscale tedesca del luglio 2000 abbia agito
da sprone, anche su chi aveva già fatto passi nella stessa
direzione. Certo, la forza degli esempi virtuosi è aumentata
molto da quando cè leuro. La concorrenza tra
i Paesi di Eurolandia è positiva. Sul fisco, è vero
che lItalia si era mossa prima, ma lesempio si è
innescato lo stesso, perché la Germania ha fatto meglio.
Ora però Berlino ha le sue difficoltà con la riforma
delle pensioni. Su questi cruciali dossier socio-economici pesano
molto gli elettorati nazionali.
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