LEuropa appare intollerabile
alla Germania: appare nemica sia della democrazia sia della sicurezza
del cittadino.
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Ci sono momenti in cui la nazione tedesca è tormentata dallo
sgomento e da paure esistenziali. Sono momenti sempre più
frequenti, a mano a mano che lidea dEuropa si trasferisce
dal piano progettuale a quello esecutivo. Sono (e sono stati) i
momenti di una nazione che è divenuta più vasta, più
popolosa, dopo la caduta del Muro e lunificazione, ma che
non si fida dei propri capi che lhanno voluta portare a viva
forza dentro il reticolo di Maastricht.
La nazione tedesca avrebbe voluto far marcia indietro, dire di no
alleuro, far sacrifici per correggere le storture della propria
economia, ma non sacrificare il marco. Tre quarti della popolazione
sono tuttora contro lEuropa monetaria. Un terzo è scettico,
e comunque non guarda con favore alledificio europeo.
Il marco è più di una moneta di conto, per luniverso
teutonico. E simbolo della sua rinascita psicologica, dopo
la catastrofe del nazismo. E un emblema di dignità
democratica ritrovata, grazie ai Padri della Seconda Repubblica,
che furono Adenauer ed Erhard. Il marco solido è la bandiera
che i tedeschi non poterono far propria dopo il 45, quando
metà del Paese fu consegnata al vincitore sovietico. Rinunciare
al marco non è come rinunciare alla lira per gli italiani,
o al franco per i francesi. E unamputazione ben più
traumatica, perché il marco è per i tedeschi un sostituto
di Patria, di Heimat. Il marco è un luogo, più
che unastrazione: è luogo dove si nasce, dove si torna
dai viaggi. E rifugio-casolare dove si invecchia, dove si
fanno i testamenti. Per questo continuano ad essere così
grandi i tremori tedeschi. Cè ancora una volta Angst
tedesca, nel cuore dEuropa: cè questa accumulazione
di angoscia cupa, malata, radicale, che (come ha dimostrato il recente
vertice di Nizza) può invalidare lintero edificio pensato
a Maastricht dopo la caduta del Muro.
Diciamo tutta la verità. Tutto questo significa che gli sforzi
italiani non sono sufficienti a tranquillizzare una Germania sgomenta
e smarrita; che non basta promettere una condotta economica più
responsabile, come hanno fatto i nostri governi, per poi magari
avversare scioccamente lingresso tedesco nel Consiglio di
Sicurezza dellOnu. La sfiducia ha messo radici ben più
profonde nelle coscienze tedesche, ed è ancora sfiducia generalizzata
nei confronti delle proprie classi dirigenti, delle proprie istituzioni
politiche, dello stesso proprio Cancelliere. Non è soltanto
la Banca centrale, la Bundesbank di Hans Tietmeyer ad avversare
sotto sotto una moneta unica tirata verso il basso dalla presenza
italiana, spagnola o francese. Lavversione è condivisa
da un numero crescente di tedeschi, si esprime nei sondaggi, trapela
dalle dichiarazioni di varie autorità accademiche e di vari
politici anche di schieramenti opposti. E lunico modo di uscirne,
almeno in parte, è quello di contare di più in unEuropa
che, costruita su basi prettamente economiche, progetta di accelerare
i tempi dellunificazione politica, militare e diplomatica.
Leconomia tedesca, fra laltro, oggi è in un certo
senso malcerta. Soffre di scarsi investimenti interni, di alti costi
del lavoro, di uno Stato Sociale ancora molto forte, e le cifre
della disoccupazione mettono spavento, ricordano in qualche modo
lepoca di Weimar e le recessioni che spezzarono la democrazia,
prima di aprire la strada a Hitler. Malgrado tutto questo, i tedeschi
non manipolano i loro bilanci per rispettare le norme canoniche
di Maastricht, come hanno fatto gli italiani con la tassa sullEuropa
o i francesi con i fondi pensione della Télécom.
Manipolazioni di questo tipo non sarebbero tollerate da unopinione
pubblica che in Germania è abitata, appunto, da Angst: langoscia
che aumenta a mano a mano che si vede sacrificata lidentità
nazionale oltre che la stabilità economica.
Per il momento, da queste malattie tedesche non è ancora
scaturito un forte movimento anti-europeo. Dice lo storico Michael
Stürmer che lAustria può permettersi di secernere
un personaggio anti-Maastricht come Jörg Haider, mentre la
Germania ancora non lo può. Così grande è il
peso del passato sulla memoria dei suoi cittadini, e sulla loro
coscienza. Così forte è ancora il tabù, che
vieta alla nazione tedesca il piacere superbo dellisolazionismo.
Kohl stesso aveva costruito tutta la sua idea dEuropa su questo
tabù, su questa autodisciplina tedesca che Stürmer descrive
molto bene nel suo ultimo libro: solo sacrificando il proprio potere,
solo dissolvendolo nelle organizzazioni europee e atlantiche, la
Germa-nia post-bellica ha potuto conquistarsi la potenza che adesso
le viene riconosciuta. Ma questo spirito di sacrificio ha tendenza
a scemare, a mano a mano che si profila una recessione economica
e che i tedeschi sono costretti a prender congedo dai tempi della
sovranità limitata e della guerra fredda.
I politici che avevano voluto la moneta unica appartenevano a una
generazione che si va spegnendo, in Germania. Appartene-vano alla
generazione dei Kohl, che conquistava il potere devolvendolo, europeizzandolo.
I nuovi hanno messo in croce Kohl, e dunque quella generazione:
giudicano conclusa letà dellespiazione delle
colpe del passato, ritengono troppo grandi le difficoltà
della mondializzazione, troppo difficile la salvaguardia della legittimità
dei politici in mezzo a mutazioni economiche e sociali tanto vaste.
Ridotta ad avventura quasi esclusivamente monetaria, lEuropa
appare intollerabile alla Germania pro-fonda: appare nemica sia
della democrazia sia della sicurezza del cittadino.
Daltra parte, Kohl aveva voluto proprio questo, in principio:
la moneta unica e la fine della sovranità assoluta
della Bunde-sbank ma soltanto a condizione che lEuropa
si unisse parallelamente in uno Stato federale, politico e militare.
Questo secondo punto è venuto meno per lostilità
di Parigi e della grandeur francese, per la disattenzione delle
altre nazioni e da questo punto di vista il Cancelliere aveva
perso una battaglia essenziale. Allattuale Cancelliere, oggi,
non resta in mano che lEuropa della sola moneta, con la promessa
piuttosto vaga di futuri sviluppi: troppo difficile per la Germania
inferma, e tuttavia già emancipata, che adesso rischia di
perdere su tutti e due i fronti. Non può evitare un isolamento,
dal momento che tutti temono legemonia tedesca; e non può
trascinare il proprio popolo, così come seppe trascinarlo
sulla via dellunità nazionale. Per europeizzarlo, dovrebbe
offrirgli un progetto ugualmente convincente di ununità
politica europea. Ma esattamente questo non può mettere in
campo: grande gigante imprigionato, o imbrigliato, non ne ha la
forza, anche se ne avrebbe la volontà (con tentazioni fortemente
egemoniche o di controllo).
Calato il sipario sui compromessi raggiunti a Nizza, si lavorerà
nellombra, fino al prossimo appuntamento del 2004. La partita
è solo rimandata. Nel frattempo, lEuropa potrà
essersi allargata ad altri Paesi dellEst: ed è sui
loro fianchi che lavorerà la diplomazia tedesca. La storia
la scriverà lEuropa che si allunga verso i Carpazi,
se non verso gli Urali.
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