Anime sonore




Sergio Bello



Chi, spinto dall'amore per il cinema d'autore, rivedesse oggi un film di Antonioni, alla fine dovrebbe ringraziare due maestri: quello della regia e l'altro, della musica. Giovanni Fusco da Benevento, infatti, folgorato dalla severità e dallo sdegnoso rifiuto dell'ovvio michelangioleschi, fin dal lontano 1948 creò insieme con lui un fervido sodalizio, dal quale nacquero a partire dal '50 le umide melodie di Cronaca di un amore, seguite poi da quelle per I vinti, Le amiche, Il grido, L'avventura, L'eclisse, Deserto rosso.
Altra attrazione fatale, più o meno nello stesso torno di tempo, quella tra Federico Fellini e il pugliese Nino Rota. Il musicista, che aveva cominciato a comporre all'età di otto anni, avviò la collaborazione con il gran maestro nel 1952. A Lo sceicco bianco fecero seguito titoli celeberrimi, come La strada, I vitelloni, La dolce vita, Otto e mezzo, Amarcord. Rapporto davvero bizzarro, fra i due. Nel senso che il regista riminese, al primo ciack di ogni film, aveva già in mente certe melodie, di solito musiche che aveva orecchiato nei circhi quando era bambino, e quasi senza eccezione otteneva che Rota le trasferisse sul pentagramma, arricchendole della sua grande sensibilità, e nello stesso tempo rendendole orecchiabili.
Musicalmente parlando, sono parecchie le coppie fisse che si incontrano nel cinema italiano. Il maestro romano Roberto Rossellini fece ricorso alle note, ovviamente, del fratello, l'altrettanto romano e maestro Renzo. Il quale nel 1945 compose le colonne sonore di quel capolavoro che è Roma città aperta, e in tempi successivi di Germania anno zero, Stromboli, Francesco giullare di Dio e Viaggio in Italia.
Agli anni Sessanta risale invece la ferrea alleanza tra Sergio Leone ed Ennio Morricone, noto al colto e all'inclita come il compositore di Per un pugno di dollari e di altri western all'italiana, ma anche di musichette per commediole di Gianni Morandi (In ginocchio da te, Non son degno di te) dirette dall'infaticabile Ettore Fizzarotti.
Altra alleanza felice, quella tra Pupi Avati e Riz Ortolani, che negli anni Ottanta creò le delicate partiture di Una gita scolastica, Festa di laurea e Regalo di Natale; mentre Carlo Rustichelli (padre di Alida Chelli) ha composto le colonne sonore per i più bei film di Pietro Germi: In nome della legge, Il cammino della speranza, Il ferroviere, L'uomo di paglia, Divorzio all'italiana, Sedotta e abbandonata, Signore e signori. Rustichelli restò legatissimo al regista anche quando questi, gravemente malato, nel 1975 lasciò a Monicelli la direzione di Amici miei.
Altro esempio, ma di musica davvero più leggera, quello di Gorni Kramer, diviso fra Mario Mattoli (Un mandarino per Teo) e Camillo Mastrocinque (Alvaro piuttosto corsaro e Domenica è sempre domenica).
Esempi analoghi sono piuttosto frequenti all'estero. Citando un po' come capita, Henry Mancini imparentò la sua musica con la commedia regale di Blake Edwards (la serie della Pantera rosa). Lo stakanovista Dimitri Tiomkin scrisse le musiche per molti film di Alfred Hitchcock da L'ombra del dubbio a L'altro uomo, Io confesso, Il delitto perfetto. Se Walt Disney si affidò a due musicisti diversi, prima a Edward Plumb (per Bambi) e poi a George Bruns (per La carica dei 101), George Lucas e Steven Spielberg hanno puntato quasi esclusivamente sullo stesso compositore, Johnny Williams: l'intera saga di Guerre stellari per il primo, e quella di Indiana Jones per l'altro.
In un elenco così vasto e articolato, c'è spazio anche per Walter (oppure Wendy, essendo un transessuale) Carlos, il quale con il sintetizzatore moog firmò le colonne sonore di due film di Stanley Kubrik, Arancia meccanica, nel 1971, e Shining, nel 1982. L'inglese Michael Nyman ebbe invece una lunga collaborazione con il connazionale Peter Greenaway, musicando i tremendi I misteri del giardino di Compton House e Giochi nell'acqua.
Odio-amore, poi, tra Emir Kusturica e il musicista Goran Bregovic; molto amore, al contrario, tra il regista Theo Angelopulos e la compositrice, anch'essa greca, Eleni Karaindrou; così come, in Italia, tra Benigni e Nicola Piovani, e, fuori, tra Wim Wenders (quello più tecnologico) e gli U2, in versione Brian Eno. Mentre, a voler parlare di due registi agli antipodi, Charlie Chaplin e John Carpenter, (si potrebbe aggiungere a qualche distanza il nostro Renzo Arbore), si deve registrare un punto in comune: tutti e due (e tre) si fidavano tanto poco delle musiche altrui, da scriversele in proprio. Con risultati tutt'altro che deludenti.


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