Dollarizzazione?




Alan Blinder
Economista - Docente alla Princeton University



Senza il decollo dell'euro non se ne sarebbe parlato. Ma l'idea della "dollarizzazione" penso di poterla collocare tra il brutto e il terribile. Non avrebbe alcun senso economico, finirebbe per penalizzare Paesi già deboli con recessioni devastanti. Il perché è presto detto. Si prenda il Venezuela, vulnerabile alle fluttuazioni del prezzo del petrolio, o si prenda il Cile, vulnerabile alle fluttuazioni del prezzo del rame. Se per impreviste condizioni di mercato questi due Paesi dovessero soffrire di una caduta dei valori delle materie prime, il loro unico mezzo per recuperare forza economica sarebbe attraverso una politica sui tassi di cambio. Se la tua valuta è il dollaro e la tua politica monetaria è stabilita da una Banca centrale di un altro Paese, non puoi svalutare, finisci per avere salari insostenibili, recessione e una disoccupazione potenzialmente devastante, con l'orrenda sensazione di avere le mani legate.
Ora, sul piano teorico possiamo dire molte cose. Ma si guardi che cosa è successo con i Paesi del Sud-Est asiatico, che hanno cercato di difendere fino all'ultimo i loro rapporti valutari: alla fine, sono crollati. La mia prima conclusione è che questo non è necessariamente nell'interesse dei Paesi oggetto della rinuncia alla sovranità monetaria. Ma ce lo immaginiamo il Brasile, che ha aspirazioni di potenza mondiale, rinunciare alla sua sovranità monetaria, introdurre il dollaro e appoggiarsi a Washington? Io, proprio no. Eppure, gli interessi americani sarebbero indubbiamente importanti se questo avvenisse a costo zero, e, soprattutto, se non si richiedesse alla Federal Reserve di diventare il garante di sistemi bancari e finanziari di Paesi terzi, il prestatore di ultima istanza: in quel caso per gli Stati Uniti non ci sarebbero impatti negativi, e allora la dollarizzazione sarebbe la benvenuta.
Ma il punto è proprio questo. Per gli americani non si tratta di un interesse strategico. Non ne hanno bisogno, stanno benissimo così. Eppoi, ce lo immaginiamo il Congresso americano che approva l'elargizione di alcuni miliardi di dollari per indurre alcuni Paesi all'utilizzo del dollaro? Io, ancora una volta no. Parlando in termini pratici, non mi sembra possibile. La verità è che l'America non ha alcun bisogno della dollarizzazione, non abbiamo ragioni per giustificare agli occhi del contribuente statunitense una simile spesa. E non ne abbiamo neanche a fronte della concorrenza dell'euro. Negli Stati Uniti sono davvero in pochi a pensare alla concorrenza dell'euro nei confronti del dollaro.
E' vero, uno dei pochi è Fred Bergsten, il quale ha scritto un articolo sul Foreign Affairs per riaffermare sue vecchie tesi partendo da nuovi spunti. Va da sé che l'euro nel lungo periodo attirerà capitali stranieri a svantaggio del dollaro. E' anche vero che le Banche centrali riorganizzeranno le loro riserve e un po' di affari avverranno in euro, ma si sa quanto sarà il costo in termini di signoraggio per gli Stati Uniti? Non superiore a un decimo dell'1 per cento del loro prodotto nazionale lordo.
Ci si chiede, fra l'altro, se non sarebbe comunque prudente introdurre bande di oscillazione fra dollaro ed euro, esattamente come suggerisce Bergsten. Risposta: assolutamente no. Come ho già detto, l'idea delle bande di oscillazione è una vecchia passione di Bergsten, ma non è nell'interesse americano, non è nell'agenda dell'attuale amministrazione ed è anche mal vista dalla Federal Reserve. E, posso garantire, con buone ragioni. Intanto, perché, per le stesse motivazioni cui mi riferivo poco sopra, non è nell'interesse degli Stati Uniti limitare la loro manovra in termini di politica monetaria. E poi perché, quando sarà necessario, sarà il mercato ad aggiustare i tassi di cambio. L'esperienza empirica ci dice che i risultati saranno molto più soddisfacenti.
Molti, infine, sostengono che oggi il dollaro è troppo forte e che il disavanzo commerciale è insostenibile. Io personalmente condivido questa tesi. Dal punto di vista dei fondamentali e nel medio periodo il dollaro appare forte rispetto all'euro: dunque, il rapporto attuale non è sostenibile. Ma ai fondamentali dobbiamo aggiungere le circostanze congiunturali, che sono favorevoli al biglietto verde. Per questo ritengo che vi siano spazi per ulteriori aumenti, prima di un riaggiustamento al ribasso.
In ultima analisi: io credo che l'euro fluttuerà nei confronti del dollaro come il dollaro fluttuava nei confronti del marco tedesco. Abbiamo registrato forti sbalzi che, quando è stato necessario, hanno rimesso a posto i fondamentali. Un analogo fenomeno si verificherà nei prossimi mesi o nei prossimi anni. Non mi sembra necessario evocare nuovi scenari disastrosi per riproporre idee che non hanno funzionato nel passato e che non sono adatte per il futuro. Sia che si parli di bande di oscillazione, sia che si parli di dollarizzazione.


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