Apulia sveva




Tonino Caputo, Gianni Bertini
Coll. : S. Mori, A. Alessi, V. Orsini



Federico fu italiano o tedesco? Se ne discute da sempre, ma in particolar modo dai giorni dell'enfatizzazione imperial-germanica che ne fece Ernst Kantorowicz, sulla scorta della storia del conflitto Chiesa-Impero, o meglio ancora Papato-Impero, che contraddistinse tanta parte della storia continentale dell'epoca.
E tuttavia oggi, dopo gli innumerevoli studi su questo personaggio, che secondo Michelangelo Schipa "fra i sovrani che vissero nei secoli che intercorsero fra Carlo Magno e Napoleone non ebbe uguali", si tende a rivalutare l'azione tutta italiana dell'imperatore, sottolineando che intanto nacque a Jesi, al centro della penisola, da padre tedesco (Enrico VI) e da madre siciliana (Costanza d'Altavilla); crebbe nell'umbra Foligno; maturò a Palermo, gran metropoli cosmopolita, nella corte europea più ricca e più colta del tempo. Fino all'età di dodici anni parlava soltanto italiano, e solo più tardi avrebbe imparato il tedesco, il latino, il greco e l'arabo. Sicilia, Puglia e Italia furono le sue passioni umane più durevoli. Incoronato re di Sicilia nel 1198, diede poi la corona d'Italia al figlio perché il papa, che inizialmente lo tutelava, continuò poi a osteggiare la possibile riunificazione nelle mani di una sola persona delle corone di Sicilia, d'Italia e dell'Impero.
Ma egli si disse Puer Apuliae, di quella grande regione che includeva i più imponenti castelli del XIII secolo: la splendida reggia di Fiorentino, i manieri di Lucera, di Melfi e di Lagopesole, quelli di Bari, Brindisi, Bisceglie, Trani, Altamura, Barletta, Oria, Gravina, fino alla Torre di Leverano, e in particolare i due gioielli di Gioia del Colle, che conserva l'unico trono federiciano che ci sia pervenuto, e di Castel del Monte. Qui si addestreranno Nicola de Apulia e suo figlio Giovanni, passati alla storia dell'arte come Nicola Pisano e Giovanni Pisano, creatori della moderna scultura italiana ed europea; e qui svilupperanno la loro esperienza architettonica gli artigiani-artisti dell'arte muraria. Come in Sicilia, dove svettano i castelli federiciani di Catania, di Enna e di Siracusa; o in Toscana (castelli di Prato e di San Miniato); o in Umbria (castelli di Castiglion del Lago, di Montefalco e di Gualdo Tadino); o nel cuore della stessa Sicilia (castello di Trapani) e nel baricentro della Campania (castello di Caserta).
La rete poderosa di questi castelli gli consentì di realizzare quella ubiquitas regis che insieme con la sua azione politica, con le Costituzioni di Melfi (che seguirono di soli sedici anni alla più celebre Magna Charta britannica), con la scuola poetica e la simultanea diffusione del "vulgare", gli consentì di estendere il suo dominio in tutta la penisola, sciaguratamente tagliata in due dalle terre pontificie, e di dilagare anche nel Nord, a Forlì, Piacenza, Bergamo, Como, Lodi, Tortona, Pavia, Cremona, Alessandria, Cuneo, Asti, Vercelli, Torino e Padova, città che si schierarono con Federico.
Fu comunque la Puglia, l'antica Regio Secunda della divisione augustea, la terra nella quale Federico lasciò segni indelebili del progetto reticolare di castelli che emblematicamente rappresentavano la sovranità imperial-regia. In genere, si tratta di interventi ricostruttivi, di ampliamento e di adeguamento alle esigenze contemporanee della difesa e a quelle mondane della corte, di rafforzamento delle strutture murarie, di articolazione degli ambienti militari e civili. Federico si dimostrò gran generale, dunque, ma anche gran costruttore e stratega completo, oltre che fine diplomatico. Fu comunque il polo magnetico della politica italiana, volta alla riunificazione della penisola, assai più che il polo imperial-germanico qual è descritto dagli storici romantici d'oltreconfine. E i suoi segni di pietra disseminati un po' ovunque nello Stivale, ma concentrati in particolar modo nella Puglia, ne sono la testimonianza forse più visibile.
Il castello di Monte Sant'Angelo svetta a circa 845 metri sul livello del mare, sul crinale più alto in cui si allarga il centro abitato. Secondo gli studi più recenti (dovuti a Maria Stella Calò Mariani, che ha "riletto" con rigore filologico la maggior parte dei castelli federiciani), il nucleo più antico venne realizzato nel IX secolo. A Roberto il Guiscardo è dovuta, o in ogni caso è riferibile, la Torre dei Giganti, a pianta pentagonale dai lati irregolari. All'epoca normanna fu alzato un corpo trapezoidale con torri angolari, una sola delle quali è superstite. Federico restaurò le strutture preesistenti e fece costruire una Sala del Tesoro. In seguito, Ferdinando d'Aragona aggiunse i torrioni circolari merlati sul versante meridionale, databili intorno al 1491. Sede militare strategica di primaria importanza, il castello è munito di un profondo fossato, ad eccezione del versante settentrionale, protetto da uno strapiombo su una gigantesca rupe. Caratteristica del castello: segue senza soluzione di continuità le irregolarità orografiche. Vi si accede attraverso un ponte a due arcate.
Nel territorio dell'antica Herdoniae, a Ordona, nelle vicinanze di Ortanova, è localizzato il Castellum medioevale, con fossato e con terrapieno, e con la Domus federiciana. Le strutture superstiti consentono di ipotizzare un tipo di impianto analogo, o molto vicino, a quello della Domus federiciana di Fiorentino, con le sale longitudinali comunicanti al pianterreno e con la dimora imperiale al primo piano.
Scendendo dallo sperone garganico e spostandosi verso la Murgia argillosa, in direzione ovest, si entra nel territorio di Lucera. Qui ci sono le imponenti rovine sul versante nord-orientale della lunghissima cerchia di mura erette da Carlo I d'Angiò. Di fondazione normanna, il castello venne ampliato da Federico e sottoposto a complesse ristrutturazioni dagli Angioini. In seguito, tra i secoli XVI-XVIII, i feudatari lo resero dimora gentilizia. Intorno all'originario nucleo centrale normanno, a pianta rettangolare, con quattro torri angolari, delle quali oggi sono visibili soltanto le tracce, si dispiegano cortili e corti di fabbricati successivi. Il sistema di difesa è costituito da uno spalto, da un profondo fossato aperto su tre lati e da una cinta fortificata con dieci torri.
Il nome originario era quello di Santa Maria del Monte. Oggi è universalmente noto come Castel del Monte. Una missiva di Federico diretta al Giustiziere della Capitanata fa risalire la fase di completamento del manufatto al 1240. Ancora sconosciuta la destinazione, forse residenziale, forse emblematica della potenza regio-imperiale. Articolato su due piani, il castello si sviluppa attorno a un cortile ottagonale, con i vertici segnati da una corona di torri. Classico il portale d'ingresso, con decorazioni scultoree di alta fattura. Non è stato accertato se corpo centrale e torri siano stati abbassati di qualche linea di conci, che rendevano l'intero castello più alto di quanto appaia oggi. Sicuramente è il prestigioso simbolo imperiale, l'emblema federiciano per eccellenza, con le sue componenti di potenza e nello stesso tempo di originalità e di grazia, di bellezza nella skyline che si staglia in cima ad un acrocoro, di dominio del territorio, persino di esoterismo e di magia. L'immagine comparirà su una delle cartamonete in Euro italiane.


Tra Lucera e Torremaggiore, sempre in Capitanata, scavi recenti hanno riportato alla luce la Domus sorta sul più antico impianto di un castello normanno. Qui morì Federico.
E sempre restando in quest'area, nella sua capitale, Foggia, (ma ai margini della Foggia più antica), sorgeva, rivolto a settentrione, sulla Piazza della Pescaria, il Palazzo Imperiale, fastosa residenza realizzata nel 1223, con complessi dispositivi di sicurezza, compresa una cinta muraria. Attualmente sopravvivono l'archivolto su mensole-aquila e l'iscrizione (oggi murati all'esterno del Museo Civico), oltre a un semicapitello ottagono.
Passiamo a Pantano, realizzata sul modello dei "sollazzi" siciliani, in seguito restaurata da Carlo I d'Angiò. Era costituita da un parco recintato da un muro: vi erano animali in libertà, un vivarium o peschiera alimentata da un acquedotto, un palatium gentilizio e numerose domus emergenti dal verde diffuso degli alberi e dei giardini.
Trani, la città delle Costituzioni o Statuti Marittimi e della cattedrale che svetta come uno splendido, gigantesco menhir sulla sponda adriatica. Qui è anche un castello, situato sul lato nord-occidentale, lambito dal mare, poco distante proprio dalla cattedrale. Fu realizzato inglobando preesistenti strutture normanne tra il 1233 e il 1249. Due iscrizioni rivelano le date dell'intervento e i nomi dei magistri, Stefano di Romoaldo e Filippo Cinardo. Visibili sono i segni di successivi interventi ad opera degli Angioini e di Carlo V. Sede militare e residenza regia, si sviluppa attorno ad un'area quadrata centrale, con le ali munite di torri angolari, anch'esse quadrate, di cui quelle rivolte alla mano di scirocco più aggettanti.
Il castello di Barletta si eleva ai margini del centro storico, sulle rocce che sorgono in riva al mare. Anche questo è di fondazione normanna. Sorto tra il 1282 e il 1291, venne poi interamente modificato da Carlo I d'Angiò. In seguito, Carlo V fece realizzare - nel secolo XVI - i poderosi bastioni pentagonali. La pianta è quadrilatera, con mura circondate da un profondo fossato su tre lati. Elementi della fortezza sveva sono riconoscibili ancora oggi nel cortile interno, anch'esso a pianta quadrata.
Il castello svevo di Bari è ubicato all'estremità occidentale del territorio, dopo il quale si allarga la splendida città vecchia. La costruzione di questo maniero venne iniziata nel 1233 esattamente sul luogo del castello normanno (documentato nel 1131), rimasto seriamente danneggiato nel 1155. A Isabella d'Aragona (XVI secolo) si devono la trasformazione del castello in residenza signorile e la costruzione della grande cinta bastionata esterna. Il complesso ha pianta trapezoidale, con quattro torri angolari quadrate e con un ampio cortile interno. Carlo d'Angiò approvò la ristrutturazione degli ambienti regi dislocati sul lato settentrionale, quello prospiciente il mare.
Considerato uno dei gioielli dell'arte militare sveva, il castello di Gioia del Colle sorge al centro della città. Di fondazione normanna, fu ristrutturato da Federico intorno al 1230, e in seguito trasformato in residenza gentilizia: ciò si verificò tra il XV e il XVI secolo. Agli inizi del nostro secolo fu sottoposto ad interventi di completo restauro. Il complesso ha un impianto rettangolare, che si sviluppa attorno a un cortile centrale. Due torri sorgono sul lato meridionale, collegate da una cortina con una porta ad arco lunato, profilato da conci bugnati a raggiera. L'ingresso principale, invece, si apre sul lato occidentale.
Sull'acrocoro di Monte Oritano, in posizione dominante sulla Via Appia e ai margini del centro abitato, sorge l'imponente mole del castello di Oria. Si tratta di una probabile ristrutturazione di un preesistente manufatto normanno, con massicci interventi svevi nell'area sud-occidentale. Si presenta come un castrum, con pianta triangolare, munito di tre torri, una delle quali quadrata, mentre le altre due sono cilindriche. Aveva un ruolo strategico di prim'ordine, trovandosi al centro di un'area ricca di produzioni agricole e di transiti commerciali.
I resti monumentali del castello di Gravina sono visibili su un'altura a pochissimi chilometri dalla città. Sorto con ogni probabilità dopo il 1220, era destinato a residenza di caccia, essendo contiguo ad un ampio parco. Il complesso ha un impianto longitudinale orientato lungo l'asse nord-sud. L'ingresso monumentale è ubicato sul lato meridionale, e all'epoca era sovrastato da una torre. Gli appartamenti imperiali, invece, sorgevano sul lato settentrionale, in comunicazione diretta col parco grazie ad un'elegante serie di ballatoi.
Il castello di Brindisi si innalza nella zona di ponente, all'interno del porto e dunque ai margini del nucleo urbano antico. I lavori di costruzione del complesso si protrassero dal 1221 al 1283. Fu nello stesso tempo presidio militare e base navale munita per gli eserciti imperiali che presero il mare alla volta dei Luoghi Santi, al tempo della quinta crociata. Più volte rimaneggiato, all'origine aveva una forma trapezoidale, a quattro ali, con torrioni angolari e un largo cortile centrale. La cinta bastionata esterna è dovuta ad un successivo intervento di ristrutturazione degli Aragonesi.
Aveva scritto Ugo Foscolo: "Federico II aspirava a riunire l'Italia sotto un solo principe, una sola forma di governo e una sola lingua e tramandarla ai suoi successori potentissima fra le monarchie d'Europa". Dunque, come sottolinea Cerroni, il "progetto Italia" di Federico costituì un poderoso sforzo di unificazione della penisola e di promozione del linguaggio culturale della nazione italiana.
Per questa ragione, fra le altre, la sua opera monumentale, che si estese alla politica, alla letteratura, alla filosofia, al diritto, va ora recuperata alla nostra storia nazionale. "Riscoprirla significa ritrovare le radici più profonde della nazione italiana in un'epoca che vide nascere tutti i suoi connotati - lingua, letteratura, pittura, scultura, diritto, filosofia - esclusion fatta per l'unità politica statuale".
Ciò chiarisce una volta per tutte la sua figura, il suo ruolo, la sua azione politica: in lui non c'è traccia di influssi germanici né della civiltà dei suoi antenati paterni: fu italiano di nascita, latino e mediterraneo di sentimenti. La sua azione politica fu debolmente imperiale e potentemente italiana. Il suo progetto di Stato, come ha scritto Masson, si radicava sull'antica statualità normanna e per questo aveva una certa affinità con l'Inghilterra, ma per l'Europa continentale era qualcosa di assolutamente nuovo: e si trattava dell'Italia nascente come Stato nazionale in formazione, per la prima volta dotato di leggi uguali per tutti, di un giudice unico e naturale, di una sola moneta, di una grande e moderna cultura, di un sistema unitario solido e in progress, come del resto la rete di castelli dal Nord al Sud sta, nella sua grandiosa realizzazione, a dimostrare.


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