Europa unita Italia no




Giorgio Primiceri



Se la costituzione dell'Euro rappresenti una fonte di benefici o anche di svantaggi per gli Stati membri, credo che sia un argomento largamente discusso, sia dai giornali sia dalla letteratura accademica. Alle teorie che pongono l'accento sui vantaggi dell'Euro, soprattutto in termini di bassi tassi monetari, si contrappongono teorie che si concentrano sulle differenze tra le economie reali dei diversi Paesi membri, che non potrebbero essere gestite con una moneta unica. Se il primo tipo di teorie privilegia questioni di credibilità e di stabilità monetaria, dovute alla partecipazione all'Euro della Germania, il secondo gruppo sembra preoccupato delle divergenze in termini di reddito, occupazione, salari reali, ecc.
Credo sia non solo logico, ma anche utile, cercare di trasferire considerazioni di questo genere a uno dei casi che forse ci riguarda più da vicino. E', infatti, usuale che si parli delle conseguenze dell'Euro per gli Stati che ne fanno parte, senza ammettere che gli Stati stessi (o, quantomeno, alcuni tra di essi) sperimentano al loro interno realtà economiche spesso diverse tra loro. Naturalmente, mi riferisco e mi interessa in particolar modo il caso italiano: Nord e Sud Italia rappresentano, allo stato attuale delle cose, due mondi molto diversi tra loro. Gli sforzi compiuti nel tentativo di appianare le enormi differenze in termini di occupazione, di sviluppo, di investimenti, di efficienza, non sono stati completamente vani, ma i risultati sono sicuramente inferiori alle aspettative. E' logico pensare che l'impatto dell'Euro su questi due mondi sarà molto differente.
Ora, la domanda principale che vale la pena di porsi è se l'innegabile divario esistente nel nostro Paese tra Nord e Sud sarà accentuato oppure attenuato dall'entrata in vigore dell'Euro.
E' chiaro che tutto quello che segue si basa su congetture (personali e non) e su scenari probabili, ma tentare di rispondere a questa domanda rappresenta un importante risultato perché in un caso permetterebbe di rilassarsi, sicuri che il divario verrà colmato soltanto con il passare del tempo e con l'aiuto dell'Unione Europea; il caso contrario (ahimè, quello più probabile) costituirebbe un evidente segnale di allarme.
Per cominciare nessun dubbio sul fatto che l'introduzione dell'Euro sia destinata a costituire un vantaggio e a produrre dei benefici sia per il Nord sia per il Sud Italia. L'abbassamento dei tassi di interesse rappresenta un enorme stimolo agli investimenti, la concorrenza europea un grande incentivo allo sviluppo, il libero mercato un mezzo per selezionare solo le imprese efficienti e più sane. E questo discorso, come già detto, vale sia per il Meridione che per il Settentrione. Esiste, però, la possibilità che Nord e Sud non siano in grado di sfruttare nello stesso modo e con pari risultati le grandi opportunità che si presenteranno. Ritornando, ad esempio, sulla questione degli investimenti, è facile pensare che al Nord venga meglio colta l'occasione dei bassi tassi di interesse per un ulteriore aumento degli investimenti. Il Sud sembra invece caratterizzato da una bassa elasticità degli investimenti al tasso di interesse che non gli consentirà una crescita adeguata. Non c'è ragione di pensare che con l'introduzione dell'Euro aumenteranno gli incentivi per gli investitori del Nord o europei ad investire al Sud, anzi tutt'altro. Si pensi al caso di un'impresa del Nord Italia che oggi voglia estendersi e sia indecisa se farlo al Sud Italia oppure all'estero. Se oggi questa impresa potrebbe ancora trovare qualche difficoltà a finanziarsi in una valuta estera tramite una banca, per così dire, estranea, questa difficoltà non ci sarà più fra qualche anno, quando tutti si potranno finanziare in Euro da qualsiasi banca e, quindi, anche dalla "propria".
Naturalmente, tutte queste considerazioni si tramutano facilmente in considerazioni riguardanti l'occupazione: maggiori investimenti significano un maggior numero di posti di lavoro. Ma non solo: la maggiore domanda di posti di lavoro si trasforma in salari più elevati, anche se questo non implica necessariamente salari reali più elevati. Anzi, non credo che ci potranno essere sostanziali variazioni relative dei poteri d'acquisto: i prezzi al Nord sono più alti (così come si è detto per i salari) e non vedo ragione per cui si possa rompere questo equilibrio.
Piuttosto, quello che si deve temere è un diverso impatto "sociale" della moneta unica. Mi spiego meglio: credo possibile che se al Nord la gente (e, quindi, gli investitori) impiegherà un certo periodo di tempo a ragionare "in termini di Euro", al Sud ci metteranno di più. Questo gap temporale non farà altro che incrementare il gap economico tra le due regioni.
In conclusione, il futuro non sembra affatto roseo. E' difficile pensare che il divario tra Nord e Sud possa essere attenuato con l'introduzione dell'Euro, per il semplice fatto che il Sud non sembra essere in grado di sfruttare le opportunità della moneta unica. Purtroppo non si tratta di un divario irrisorio, che un'accelerata generale può colmare, ma di differenze molto consistenti.
L'unica soluzione praticabile è quella di accorciare le distanze prima dell'introduzione della moneta unica. Il tempo a disposizione non è sicuramente sufficiente, ma un tentativo, quanto meno per migliorare la situazione, vale sicuramente la pena di farlo.
Viene naturale pensare a due macchine che procedono a velocità diverse. Un migliore carburante non può non beneficiare maggiormente la vettura meglio costruita. Il risultato dell'introduzione di questo nuovo carburante è che la distanza tra le due macchine aumenta ancora di più. Ma, attenzione: nel nostro caso non si può permettere che la più lenta scompaia dallo specchietto retrovisore della più veloce!


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