TUTTO IL POTERE A FRANCOFORTE




Ezio De Palma



Gli edifici delle banche centrali sono generalmente essenziali, austeri. Palazzo Koch, sede storica della Banca d'Italia, ad esempio, malgrado le palme che ne incorniciano la facciata, ha l'aspetto severo di una costruzione barocca. Anche gli uffici della Bundesbank, nel centro di Francoforte, disegna un parallelepipedo grigio, con vaghi echi di architetture dell'Est.
La costruzione che ospita la Banca centrale europea, sempre a Francoforte, non poteva fare eccezione a questa regola generale: l'Eurotower, nella Kaiserstrasse, si presenta infatti come un grattacielo in vetrocemento che svetta nel cuore della capitale dell'Assia come un gran birillo. Ma è proprio in questo birillo che dal primo gennaio del prossimo anno si tireranno le fila dell'intera economia europea.
Fino a questo momento, nel grattacielo ha avuto la propria sede l'Ime, cioè l'Istituto monetario europeo, il "laboratorio" della moneta unica che da luglio si tramuterà nella Bce, la Banca centrale europea. Da gennaio, per così dire, la Bce si prenderà tutto. Le grandi decisioni di politica monetaria, dalle cosiddette operazioni di mercato aperto per regolare la liquidità del sistema alle variazioni del tasso di sconto, verranno assunte solo ed esclusivamente dall'Istituto di Francoforte. Il quale sorveglierà anche le politiche dei cambi tra Euro, dollaro e yen, i grandi blocchi valutari del Terzo millennio.
Ovviamente, le banche centrali nazionali non spariranno, almeno non del tutto; ma diventeranno cinghie di trasmissione, terminali periferici di ciò che verrà deciso, peraltro collegialmente. Saranno come stelle che ruotano attorno al pianeta principale.
Gli economisti definiscono questo sistema, che ha al suo centro la Bce, Sistema europeo delle banche centrali, o Sebc. La definizione è asettica. Ma il Sebc rivolterà la vita di cittadini e di operatori economici come un guanto. Basti pensare, per esempio, alle banche. Finora, se volevano partecipare a un'asta pronti contro termine di titoli oppure ad un'altra operazione del genere, era sufficiente che si rivolgessero alla Banca d'Italia. D'ora in poi si rivolgeranno ancora a Via Nazionale, la quale tuttavia girerà la richiesta a Francoforte, dove essa verrà messa in "concorrenza" con le proposte di tutte le altre banche, francesi, tedesche, olandesi, e così via. Il che imporrà agli istituti italiani uno sforzo competitivo non indifferente. Non sarà poi la Banca d'Italia a decidere la quantità di titoli da offrire pronti contro termine, bensì la Bce.
Il cittadino e il risparmiatore, a loro volta, dovranno sapere che il costo del denaro sarà regolato a Francoforte, che lo "tarerà" sulle esigenze dei vari Paesi, tenuto conto in primo luogo del vincolo della stabilità dei prezzi. Bastano questi due esempi per cogliere tutta l'influenza che avrà il Sebc sulla vita economica europea.
Naturalmente, i "padri fondatori" si augurano che questa influenza sia soltanto positiva. Non a caso il Sebc è una sorta di fotocopia della Bundesbank, l'Istituto centrale di maggior successo nel Vecchio Continente, e forse nel mondo. Dalla scelta della sede a Francoforte alla struttura organizzativa, dagli stili di conduzione della politica monetaria alla sobrietà relativa nel trattamento economico dei dipendenti, tutto alla Banca centrale europea sembra parlare tedesco. L'idea è di ripetere gli ottimi risultati ottenuti in mezzo secolo di vita dalla Banca centrale teutonica.
Sarà così? Molto probabilmente sì, anche se soltanto i fatti diranno se la scelta sia stata fondata.
Per di più, è molto simile alla Bundesbank (ma anche alla Federal Reserve americana) anche la struttura organizzativa di tipo federale dell'Istituto. Al vertice della Bce agirà un consiglio direttivo formato dai governatori delle Banche partecipanti (che resteranno in carica dai due agli otto anni) e dal board. Questo "parlamentino", simile al consiglio della Bundesbank che raccoglie i presidenti delle Banche centrali dei Länder, deciderà le variazioni dei tassi ufficiali dell'Euro e prenderà le grandi decisioni. Per fare questo, dovrebbe riunirsi un paio di volte al mese.
La gestione della politica monetaria e delle deliberazioni del consiglio direttivo spetterà invece al board, un comitato ristretto di sei membri: presidente, vicepresidente, più quattro personalità di nomina governativa (per un periodo di otto anni). Al di sotto di questa struttura lavorerà poi lo staff, che si compone di funzionari dei rispettivi Paesi ammessi all'Uem. Il reclutamento al di fuori della Germania, tuttavia, ha incontrato non poche difficoltà, viste le condizioni buone ma non proprio allettanti offerte dalla Bce. Non per nulla, per esempio, l'Italia è sempre stata sottorappresentata all'Ime.
Anche nello stile di politica monetaria alla fine dovrebbe prevalere lo "stile Buba". La questione, in effetti, è molto tecnica. A Francoforte si discuterà (molto riservatamente) se la Bce dovrà seguire una strategia di monetary targeting, orientata cioè da obiettivi intermedi di evoluzione degli aggregati monetari, come ha sempre fatto la Bundesbank (anche se in modo pragmatico), oppure una strategia di inflation targeting, vale a dire guidata da obiettivi d'inflazione. Si presume che ben presto prevarrà il primo approccio. Tutt'al più, si farà ricorso ad un approccio eclettico.
Rimane aperta, infine, la questione relativa alla politica di cambio nei confronti del dollaro e dello yen. La questione non può essere codificata in regole precise, per ragioni di segretezza, e anche perché nelle sue grandi linee la politica del cambio è decisa dai governi, mentre la Banca, che pure su di essa eserciterà di sicuro una grande influenza, avrà un ruolo più operativo.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000