MA IL REGNO UNITO RESTA UN'ISOLA




Michele Lenza, Giorgio Primiceri



I Paesi ammessi all'Unione Monetaria sono undici e se non desta particolare sorpresa l'esclusione di una nazione come, ad esempio, la Grecia, che non si trova in riga con i famosi parametri di Maastricht (e a cui già molti analisti di mercato guardano con interesse attendendosi un processo di convergenza delle dimensioni e della velocità di quello italiano), molto più sorprendente risulta l'assenza del Regno Unito.
La prima cosa da dire è che il Regno Unito in realtà si è autoescluso dall'Unione Monetaria, avendo esercitato l'opzione di restarne fuori inizialmente come poteva fare grazie ad un'apposita clausola in tal senso presente nel Trattato di Maastricht; detto questo, va poi tenuto in considerazione il fatto che la Gran Bretagna è tra le poche nazioni candidate a far parte dell'Unione Monetaria che rispetti tutte le prescrizioni del Trattato di Maastricht, in più potendo contare anche su di un'economia solida e in discreta salute, con una disoccupazione più bassa rispetto al resto d'Europa.
Il breve quadro sopra delineato sembra suggerire un interrogativo: il Regno Unito ha senza sforzi davvero rilevanti (almeno nel presente) centrato gli obiettivi indicati nel Trattato di Maastricht, quali possano essere le motivazioni che giustifichino la sua scelta di restare fuori dall'Unione Monetaria? Naturalmente, dietro una scelta dell'importanza di quella qui considerata, non ci dovrebbe essere un solo ordine di motivazioni, intrecciandosi tra loro fattori di natura storica, sociale, politica ed economica; riteniamo, comunque, che il nostro compito sia quello di evidenziare come la scelta del Regno Unito sia giustificabile da un punto di vista strettamente economico. Particolarmente interessante nella nostra analisi è la formulazione da parte di Gordon Brown (Chancellor of the exchequer) dei "cinque tests" economici più volte commentati dagli esperti dell'Economist; secondo Brown, la decisione se aderire o meno all'Unione Monetaria dovrebbe essere legata all'analisi dei seguenti 5 fattori:
- grado di allineamento dei cicli economici britannico e dei Paesi dell'Europa continentale;
- flessibilità dei mercati europei nel fronteggiare gli shocks economici;
- effetto Emu sugli investimenti britannici;
- effetto Emu sull'industria dei servizi finanziari;
- implicazioni Emu su occupazione e crescita in Gran Bretagna.
Mediante una breve analisi dei tests proposti possiamo trarre alcune interessanti conferme della complessità del processo di decisione della Gran Bretagna. In realtà, soltanto il primo dei cinque tests si presterebbe a conclusioni univoche, mentre per gli altri si potrebbero delineare con una certa facilità conclusioni in entrambi i sensi, che lascerebbero facilmente il passo a considerazioni di natura non strettamente economica. Un'altra (e dal nostro punto di vista più importante) conclusione che si può trarre dalla formulazione dei tests è che è molto rilevante lo "sfasamemo" o meno dei cicli economici che si potrebbe verificare tra il Regno Unito e l'Europa continentale nella scelta "Emu-Non Emu"; in effetti il problema di tale sfasamento è reale ed è anche annoverato tra le cause dell'uscita della Gran Bretagna dallo SME nel 1992.
La dimensione del problema può essere compresa se si considera che nel recente passato l'economia britannica è stata in linea con la media EU solamente per 6 anni su 10, mentre le economie tedesca e francese lo sono state per 9 anni su 10; evidenza ancora a favore dell'esistenza del cosiddetto "mismatch" dei cicli economici la si rinviene analizzando i bollettini della Bank of England: nel corso del 1997 l'economia britannica ha goduto di buonissima salute, con una crescita costante e solida accompagnata da disoccupazione in diminuzione e apprezzamento reale del cambio che riflette appunto le differenze di andamento rispetto alle economie francese, italiana e tedesca, per la maggior parte dell'anno alle prese con una crescita economica altalenante e legata più a rimedi temporanei (come gli schemi di incentivi all'automobile e alla domanda dall'estero che non alla domanda interna) e con tassi di disoccupazione costantemente in doppia cifra. Naturalmente, l'esistenza del "mismatch" costituisce un elemento contro la desiderabilità della prospettiva di entrare nell'Unione Monetaria per il Regno Unito, tenuto conto del fatto che la politica monetaria unica implementata in ambito europeo potrebbe spesso essere inadeguata quando non deleteria per l'economia britannica.
Il problema dello sfasamento dei cicli economici sembra di difficile risoluzione in quanto dietro di esso vi sono le caratteristiche particolari dell'economia britannica: la composizione del commercio internazionale molto più rivolto a Paesi fuori dall'Unione Europea rispetto agli altri Paesi europei, la posizione di esportatore netto di petrolio non riscontrabile negli altri Paesi europei e la struttura dell'indebitamento di famiglie e imprese a breve e a tasso variabile in misura molto maggiore che nel resto d'Europa.
Quest'ultimo fattore ha una doppia valenza, costituendo una spiegazione del "mismatch" dei cicli e anche un problema a sé, per l'eventuale implementazione di una politica monetaria europea unica. Infatti, date queste caratteristiche, l'economia britannica dovrebbe essere colpita più profondamente e velocemente delle altre economie europee dagli stessi provvedimenti di politica monetaria che impattano soprattutto sulla parte a breve della curva dei tassi d'interesse.
Naturalmente, nella nostra analisi non pretendiamo di essere stati esaurienti, nemmeno relativamente alle "motivazioni economiche" che hanno giustificato l'autoesclusione del Regno Unito dall'Unione Monetaria; nonostante ciò, ci sembra opportuno tenere nel giusto conto i problemi ora evidenziati, rimarcando come argomentazioni del genere siano le stesse che sei anni fa decisero, insieme alla volontà politica e alla forza dei mercati, l'uscita del Regno Unito dal Sistema Monetario Europeo e come fino ad oggi non abbiano perso in maniera evidente la loro forza, facendoci pensare che potrebbe essere piuttosto lontano il momento in cui il Regno Unito entrerà nell'Unione.
In conclusione, la scelta del Regno Unito di restare fuori dall'Unione Monetaria sembra economicamente giustificata e potrebbe essere anche durevole se si basasse soltanto sulle argomentazioni ora proposte; naturalmente, se si considera come, con il passare del tempo, la Gran Bretagna perda progressivamente la possibilità di esercitare un ruolo di primo piano in ambito europeo e altri fattori come l'eventualità che un numero rilevante di multinazionali (come hanno già fatto Toyota e Unilever) dichiari di non voler più investire in una Gran Bretagna fuori dall'area dell'Euro, si comprende come in un certo senso le argomentazioni proposte, che sembrano ora decisive, potrebbero velocemente perdere il loro "potere persuasivo".


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