Pura Sinfonia




Sergio Bello



Si cominciò nel XVII secolo a pensare che gli strumenti, anche subordinati al canto, potessero portare un coefficiente più rilevante di quello del solo accompagnamento, e nello stesso tempo potessero accrescerne la forza e il colore. E vennero le opere di Lulli, precedute da ouvertures, cioè da pezzi di musica spogli di parole. Ma il tentativo di Lulli non trovò lì per lì né approvazione né seguaci.
L'emancipazione vera e propria della musica strumentale cominciò invece con una forma abbastanza curiosa, quella dell'imitazione. Scrive Colombani: "Il processo fotografico precedette quello pittorico e si ebbero nelle prime composizioni delle vere puerilità: il canto degli uccelli - la battaglia - la caccia al cervo - il cicaleccio delle donne [...]. Poi si pensò ad usare per gli istrumenti quello stesso materiale ch'era stato fino allora sfruttato solo pel canto; si pensò di poter scrivere l'opera senza le parole e senza il libretto e si cadde in veri non sensi melodici, in organismi senza testa [...]".
Indirizzati su una via più retta dai Concerti Grossi - di Torelli, di Corelli, di Tartini - Bach e Haendel scoprirono finalmente che anche la composizione strumentale doveva avere nello stesso tempo una logica e un'unità: "Al soggetto delle opere drammatiche deve contrapporre il motivo, alla ficelle lo svolgimento, agli elementi decorativi gli episodi". Quei grandissimi maestri fecero parlare per primi agli strumenti un linguaggio ordinato, vario, comprensibile, senza che ci fosse la necessità che venisse tradotto in parole. E con la fuga, che fu il verbo più eloquente della musica pura, nacque l'autentica musica strumentale, che, progredendo a mano a mano nella libertà di sviluppo dei tempi e richiamando al suo servizio due, tre, quattro e anche più strumenti, pervenne alla forma più completa: la Sinfonia.
Le prime composizioni strumentali che presero il nome di Sinfonia furono, come abbiamo detto, dei Quartetti per archi. Quartetti che rimanevano manoscritti e che andavano a finire tra la polvere del cassettone, una volta che il mecenate, il committente o la stessa società li avevano gustati. Secondo il Brenet - che pubblicò un diligente studio storico su questa materia - non si pensò a scrivere Sinfonie per orchestra né a farle stampare, se non nella prima metà del XVIII secolo. E i primi sinfonisti furono: in Germania, Foerster (1693-1748), Agrell (morto nel 1769), Gebel (1709-1753), Fasch (1688-1758), Hertel (1699-1754), Harrer (morto nel 1754), Scheibe (1708-1776), Telemann (1681-1767), Stamitz (1716-1761), Carlo Filippo Emanuele e Bach (1714-1788). In Francia, La Popelinière. In Italia, Veraccini (1685-1750), Porpora (1686-1767) e Sammartini (16..-1675). Insomma, tutti autori che non è errato definire contemporanei fra di loro, e di poco anteriori a colui che si è soliti definire il padre della Sinfonia, vale a dire Haydn. E' sicuramente vero che l'orchestra per la quale scrissero un po' tutti gli autori che abbiamo citato era ancora ristretta. Al quartetto di archi - già "rinforzato" - non si erano aggiunti che il corno, l'oboe, il clarinetto, la tromba, e solo in qualche caso anche il flauto.
Tuttavia, qui la struttura della Sinfonia più che essere in nuce è già nettamente delineata. I tempi sono adesso tre (allegro, adagio, finale), adesso quattro (aggiungendo il minuetto tra l'adagio e il finale), e la semplicità delle idee non toglie che il complesso di queste composizioni non sembri neanche ai nostri giorni troppo "primitivo" al confronto con le Sinfonie di Haydn, che indubbiamente riuscirono meglio a consacrare il "genere".
Di conseguenza, è forse più esatto dividere la paternità fra tutti questi autori che non riconoscerla esclusivamente a Haydn. Su questo, torneremo più in là. Ora preferiamo soffermarci su un nome che nella storia della Sinfonia deve, a nostro avviso, essere messo in cima a tutti. E questo, sia per ragioni cronologiche, sia per ragioni di valore; non certamente per ragioni sciovinistiche, peraltro non dissimili da quelle del Brenet che fa derivare tutto dal connazionale Gossec, mentre questi, lungi dall'essere un autentico precursore, fu né più né meno che un contemporaneo di Haydn. Confortati da testimonianze critiche oggettive, possiamo affermare che Sammartini sia stato il primo, vero e grandissimo sinfonista.
E' davvero un gran peccato che, come si conosce pochissimo della sua biografia, così sono note in piccolissima parte anche le sue opere. Ma quel poco che dicono di lui i critici e quel pochissimo che si può consultare nel Conservatorio di Milano possono in ogni caso consentirci di esprimere nei suoi confronti alcuni non infondati apprezzamenti. E' quanto ci proponiamo di fare nella prossima puntata.

(2 - continua)


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