ALBALI PIETRE DI PUGLIA




Marilena Nicolardi



Grande rilevanza ha assunto, nell'ambito dell'indagine paletnologica, l'opera di Giuliano Cremonesi (Cremona, 1939-1992), archeologo-paletnologo che ha aperto nuove prospettive alla ricerca archeologica nel Salento e in Italia, introducendo in campo esplorativo l'apporto essenziale di discipline collaterali, quali la paleobotanica, la palinologia, la pedologia e l'archeozoologia.
Le numerose testimonianze preistoriche da lui individuate nel territorio pugliese, espressioni delle forme più remote di frequentazione umana, i reperti rinvenuti in parecchie località, hanno agevolato il processo di ricostruzione delle diverse fasi evolutive della civiltà, dal Pleistocene (circa due milioni di anni fa), al Neolitico (VIII-IV millennio a.C.), per giungere all'esame degli insediamenti costieri dell'età del Bronzo del II millennio.
Allievo di Antonio Mario Radmilli, uno dei maggiori paletnologi d'impronta naturalistica del secondo dopoguerra, Cremonesi giunse nel Salento, a Lecce, nel 1967 per ricoprire, presso la Facoltà universitaria di Lettere e Filosofia, l'incarico di docente di Paletnologia che l'anno precedente era stato affidato al suo maestro. Da quest'ultimo eredita la formazione naturalistica che lo porta a coniugare l'osservazione scientifica con il senso della storia, e si traduce in una metodologia di scavo altamente analitica, in un'attenzione verso il particolare, decisiva per ampliare le conoscenze, ed ancora, nel perpetuare una tradizione di studio e di ricerca che vedeva il suo caposaldo nel rigore filologico. In quest'ottica devono intendersi il laboratorio di Paletnologia da lui fondato a Lecce, le numerose pubblicazioni sui vari siti esaminati, gli scavi condotti in Abruzzo, Basilicata, Campania, Toscana, sull'isola d'Elba e sul Carso triestino, oltre che in Puglia.
Poco incline alle generalizzazioni astratte, Cremonesi propone una sistematizzazione delle indagini che consente di far riemergere dall'oblio taluni aspetti della preistoria e della protostoria salentine. La metodologia di ricerca da lui adottata nello studio del Paleolitico, del Mesolitico, del Neolitico e dell'Eneolitico-Bronzo rappresenta un'innovazione nell'ambito dell'archeologia classica che, alla fine degli anni Sessanta, appariva ancora legata ai canoni della storia dell'arte antica.
Di particolare interesse, tra i siti salentini esaminati dal paletnologo lombardo, sono indubbiamente l'area di S. Ermete, a sud di Matino, e la grotta delle Veneri, a Parabita. S. Ermete presenta un anfiteatro di rocce calcaree affioranti che risalgono al Cretacico alla cui base, verso ovest, sono visibili i resti di una caverna in origine molto ampia. Gli scavi intrapresi nel 1980 da Giuliano Cremonesi rivelarono, sotto il terreno agricolo, uno strato di argilla con numerose schegge di fauna, contenente tra l'altro alcune ossa equine e bovine ed un buon numero di manufatti musteriani, tra i quali prevalgono punte e raschiatoi.
Nei pressi della grotta fu inoltre rinvenuto un primo strato di terreno rossastro con fauna fossile (rinoceronti, cavalli, buoi) del Paleolitico medio e strumenti in selce di epoca posteriore, e uno strato di base nel quale si riscontrarono resti di fossili animali e pochi manufatti in pietra sparsi nel terreno. L'industria litica del Paleolitico medio nell'arca di S. Ermete è caratterizzata dall'impiego di calcare selcioso locale; tra i reperti rinvenuti si ravvisano schegge corte e spesse, raschiatoi semplici e diritti con ritocco sopraelevato, oppure trasversali e convessi, o ancora doppi e diritti. Le punte hanno dimensioni variabili in base al materiale impiegato: le piccole sono realizzate su selce, le grandi su calcare. Vi sono infine elementi che confermano la frequentazione del sito in epoche successive: grattatoi risalenti al Paleolitico superiore, alcuni di tipo romanelliano, lame ed elementi di falcetto del Neolitico. Ad un periodo posteriore sembra appartenere il frammento di un probabile pugnale con ritocco piatto bifacciale.
Nell'area di Parabita è situata la grotta delle Veneri, che deve la sua denominazione alle due statuine femminili in osso, rinvenute nel 1966 da un appassionato locale. La grotta consta di una cavità esterna, semicircolare, e di una interna formata da un settore centrale che si snoda in due cuniculi, a nord e ad ovest.
Il sito, esaminato da Cremonesi in varie fasi a partire dal 1972, è ricco di reperti (lastre, ciottoli, frammenti rocciosi e ossei) risalenti al X-IX millennio a.C., decorati con motivi geometrici astratti: incisioni a reticolo, a scaletta, rettangolari, a ventaglio o di altro genere. Tali incisioni, talvolta adornate con ocra, secondo alcuni studiosi potrebbero rappresentare sistemi di notazione (calendari, elementi matematici, numerazione delle prede cacciate), secondo altri costituirebbero invece manifestazioni artistiche raffiguranti l'uomo nei suoi vari aspetti. Gli oggetti decorati erano con ogni probabilità utilizzati durante i riti cultuali.
Nella grotta (sia nella cavità interna che in quella esterna) sono stati rinvenuti anche numerosi manufatti litici (punte, raschiatoi, grattatoi, lame), su selce e su calcare, che attestano la frequentazione dell'arca nel Paleolitico medio e superiore.
Ragguardevole è inoltre la quantità di frammenti (più di diciottomila) di ceramica d'impasto e figulina che appartengono ad un periodo compreso tra l'ultima fase del Neolitico antico e l'inizio dell'età del Bronzo. I reperti del Neolitico antico sono in gran parte costituiti da resti di ciotole e di vasi ovoidali, sferici o a fiasco, in origine decorati con tecnica a incisione, a impressione, a impressione-incisione, o con l'ausilio di elementi plastici. Sono presenti anche frammenti di ceramica graffita e di ceramica dipinta a bande rosse.
Le ceramiche impresse ed incise erano probabilmente destinate ad un uso cultuale. All'ultima fase del Neolitico (fine IV-inizio III millennio a.C.) risalgono i resti di piccole olle globulari, vasi a fiasco, ciotole, tazze decorate a graffiti o a solcature, mentre i frammenti di ceramica con motivi a squame e a cordoni testimoniano la frequentazione del sito in epoca eneolitica e nell'età del Bronzo.
La grotta interna ha restituito anche i resti di due individui adulti, un maschio e probabilmente una femmina, di statura elevata (177 e 172 cm) e di ossatura robusta (proprio quest'ultimo elemento ha reso incerta l'identificazione del sesso di uno dei soggetti, il quale tuttavia, per la posizione assunta rispetto all'altro, sembrerebbe essere stato una donna) che appartengono al Paleolitico superiore. Accanto alle ossa sono stati rinvenuti un ciottolo oblungo, una scheggia di selce, ventinove canini di cervo forati, e una notevole quantità di ocra che dovevano costituire il corredo funerario.
Dall'esame dei materiali lavorati, l'area della grotta delle Veneri in epoca preistorica sembrerebbe essere stata destinata soprattutto all'attività agricola e allo sfruttamento delle risorse naturali (canne, giunchi) utilizzate per fabbricare stuoie o recipienti. I resti di fauna rilevati nel sito attestano inoltre la presenza di numerose specie animali, con prevalenza di equidi, bovidi, cinghiali, cervi e iene.

 


Le altre scoperte di Giuliano Cremonesi in Puglia

Cattìe (Maglie): A circa 2 km. da Maglie, nei pressi di una grotta, furono rinvenuti industria litica (raschiatoi, punte, grattatoi) del Paleolitico medio e resti di fauna (equidi e cervidi).
Grotta Montani (Salve): Grotta di origine marina nella quale furono recuperati manufatti in selce e in calcare (punte, lame, raschiatoi) riferibili al Paleolitico superiore e medio, e resti di fauna (elefanti, rinoceronti, equidi, bovidi, iene).
Località San Giovanni Lo Pariete (Oria): Industria litica (raschiatoi, punte) del Paleolitico medio, manufatti in selce (grattatoi, punte, lame) del Paleolitico superiore.
Contrada Pappadà (Oria): Manufatti in calcare silicio del Paleolitico medio, industria litica del Paleolitico superiore (grattatoi, lame a dorso, punte).
Contrada Monti (Oria): Industria litica del Paleolitico medio realizzata su pietre verdi, calcare silicio e quarzite (soprattutto raschiatoi, poche punte e limaces), manufatti del Paleolitico superiore (bulini, grattatoi, lame a dorso).
Chiesa della Madonna della Scala (Oria): Manufatti del Paleolitico (bulini, grattatoi, lame e punte a dorso) rinvenuti ad est della chiesa.
Sant'Anna (Oria): Resti di due insediamenti parzialmente sovrapposti, il primo riferibile al Neolitico medio (V millennio a.C.), l'altro al Neolitico finale (III millennio a.C.); frammenti di ceramica graffita e dipinta (olle, anse a rocchetto, ciotole, scodelle), industria litica in selce e ossidiana, industria ossea (spatole, punteruoli, oggetti ornamentali).
Riparo Bosco (Supersano): Industria litica del Paleolitico superiore e resti di fauna.
San Foca (Melendugno): Manufatti litici (lame e punte a dorso, grattatoi, bulini, raschiatoi) del Pleistocene finale o del Mesolitico.
Grotta Marisa (Laghi Alimini-Otranto): Manufatti litici (grattatoi, bipunte, triangoli, dorsi, raschiatoi) e ceramica del Mesolitico e del Neolitico.
Torre Sabea (Gallipoli): Insediamento del Neolitico nel quale furono individuati ceramica ad impasto decorata ad impressione, ad incisione o a graffito, industria litica (grattatoi, punte, perforatori, elementi di falcetto, raschiatoi) e resti di fauna (ovidi, bovidi, suidi).
Samari (Gallipoli): Insediamento del Neolitico con focolare, zona di combustione e piccolo sepolcreto (resti di ossa umane); resti di ceramica impressa, incisa e a graffito.
Grotta Grande del Ciolo (Gagliano del Capo): Frammenti di ceramica (scodelle, orcioli, vasi, olle), manufatti su selce e calcare (raschiatoi, punte, lame) risalenti probabilmente al Paleolitico superiore, al Neolitico e all'Eneolitico.
Grotta della Trinità (Ruffano): Caverna profonda più di 30 metri. Cremonesi condusse uno scavo che ne evidenziò la frequentazione dalla fine del Neolitico antico agli inizi dell'età del Bronzo, dall'epoca arcaica a quella ellenistica, dal periodo medioevale fino ad età recente. Fu rinvenuta ceramica indigena e d'importazione del VII secolo a.C. e del IV-III secolo a.C.; furono inoltre individuati resti di fauna fossile del Pleistocene, reperti del Neolitico antico (ceramica impressa, incisa, graffita e figulina dipinta a bande rosse), medio-finale e finale (scodelle con ansa a rocchetto, anse, bugne, ciotole, orcioli), e dell'età del Bronzo (anse a gomito, piccole ciotole ellissoidali, scodelle passanti a tazza, ciotole carenate). Probabilmente in epoca preistorica la grotta era adibita a luogo di culto.
Grotta Cappuccini (Galatone): Reperti della fine dell'Eneolitico o dell'inizio dell'età del Bronzo (boccali carenati con ansa a gomito, bicchieri tronco-conici e cilindrici, orcioli, piccole ciotole a calotta o carenate, scodelle con orlo parzialmente sopraelevato in lobi, olle biconiche e ovoidali); industria litica (cuspidi di freccia, semilune, affilatoi), oggetti ornamentali (pendenti, conchiglie forate), manufatti in osso ed elementi di corredo funerario (asta in arenaria, oggetti in metallo) della stessa epoca.
Cavallino: Insediamento dell'età del Bronzo con pavimenti a tecnica potsherd, frammenti in ceramica (tazza-ciotola a carena bassa con collo concavo, ciotola-boccale, anse a gomito, boccaletti) del Bronzo antico e medio; reperti del Bronzo finale (anse a bastoncello, frammenti di ciotole e di ceramica figulina decorata in rosso o con motivi protogeometrici iapigi).
Cardigliano (Specchia): Circa 5 km a nord-ovest di Specchia. Cremonesi rinvenne materiale del Neolitico finale e della tarda età del Bronzo, epoca in cui si creò probabilmente un piccolo insediamento.
Contrada Le Pazze (Ugento): Resti di insediamento (mura, tracce di focolari, pavimenti a tecnica potsherd) del Bronzo antico-medio; manufatti vascolari (olle, ciotole carenate troncoconiche o a calotta, bollitoi).
Santa Maria di Leuca: A Punta Ristola, nei pressi del santuario, e a Punta Meliso, resti di insediamenti (mura fortificate, silos, cisterne, pavimenti a tecnica potsherd) del Bronzo medio e finale, e vari reperti (ciotole a carena, scodelle troncoconiche, anse tubolari, frammenti figulini, contenitori dipinti con motivi protogeometrici iapigi) della stessa epoca.
Otranto: Insediamento del Bronzo medio e del Bronzo finale con strutture abitative scavate nella roccia, resti di ceramica e oggetti in bronzo.


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