I Celti padri inabissati




Tonino Caputo, Giulio Orefice
Coll. Vanni Rossitto, Tracy Caputo, Rodolfo Boratto



Il minuscolo Asterix e il massiccio Obelix, discendenti diretti dei Galli a denominazione d'origine controllata, continuano nelle loro foreste di carta a fare la guerra al nemico romano. Un nemico particolare, perché, più che odiato, è preso per matto. Come del resto tutti gli stranieri. Nella nascita di questo simpatico fumetto qualcuno vide, in un passato non tanto lontano, anche una proiezione della "force de frappe" della Francia gollista. La rivendicazione "lumbard" dell'eredità di questi presunti "padri colti" potrà mai avere altrettanta fortuna, al di fuori della cerchia dei duri e puri sparsi tra le rive del Po e l'arco delle Alpi?
Dalla loro parte, i creatori di Asterix hanno un punto a favore: l'autoironia, vale a dire la capacità di guardare le storie (e di guardarsi) con quel tanto di umorismo scanzonato e intelligente che non guasta, ma che manca del tutto negli imitatori delle leghe padane. Un'autoironia genuina quanto l'accuratezza nel documentarsi sugli usi e i costumi storici raffigurati nelle vignette, o quadri del fumetto, con i villaggi delle case di legno e di paglia, con i guerrieri capelluti e barbuti, con i druidi-sacerdoti, con la vita quotidiana della tribù.
Originari dell'Europa centrale e medioorientale, dell'area fra il Reno e il Danubio, i Celti o Galli o Galati, di ceppo indoeuropeo, ebbero un lungo rapporto di attrazione e di guerre con i popoli mediterranei. Nel primo millennio a.C., a ondate successive, dilagarono da oriente a occidente, da nord a sud. Gli scrittori classici, fin da Ecateo (intorno al 500 a.C.) e da Erodoto (intorno al 450 a.C.) li distinguevano dalle popolazioni vicine per il loro aspetto, per i costumi, per la lingua e per l'organizzazione politica. Essi parlarono di costoro come di uomini forti, anche belli, che ostentavano il modo di vestire e di agire, e di feroci guerrieri. Essi stessi si rappresentarono, e furono da altri raffigurati con capelli lunghi, ondulati, tirati all'indietro, con folti baffi, con addosso una collana, il torque.
Diedero inizio alle invasioni cominciando dalla Francia, che sottomisero per intero; poi passarono in Spagna (dove la Galizia prese il nome da loro), nella Boemia (che prese il nome dai "Boi"), nei Balcani, fino in Grecia (dove saccheggiarono Delfi) e in Asia Minore (dove compirono una catena di devastazioni), e in Inghilterra.
Agli inizi del IV secolo scesero in Italia partendo dalle loro terre a nord della catena alpina: dopo aver saccheggiato Roma (col tributo imposto da Brenno), si stabilirono nella Val Padana, che divenne per lungo tempo Gallia Cisalpina. Nel periodo di massima espansione, tra il V e il III secolo a.C., la fascia colonizzata sembrò rappresentare l'embrione di una "prima Europa". In Italia, dopo un più antico insediamento a Como, che controllava i valichi alpini, i Celti Insubri fondarono Milano ("MidIanda", o Terra di mezzo), e i Celti Boi Bononia, Bologna. I Celti Senoni scesero fin nelle Marche.
La Gallia Cisalpina rimase temuta e impenetrabile alle legioni per due secoli. Fino a che l'arcipelago celtico, privo di organizzazione statale, cominciò a sgretolarsi, sotto i colpi dei Germani a nord, e della crescente potenza di Roma a Sud. Sottomessa l'area padana all'inizio del II secolo a.C., centocinquant'anni dopo la Gallia Transalpina perdette l'indipendenza nelle guerre di Cesare contro Vercingetorige. Di volta in volta, Roma conquistò la Spagna, la Provenza, la Gran Bretagna. Se si eccettuano le "isole" della Scozia e dell'Irlanda, il mondo dei Celti si inabissò.
Oltre che temibili guerrieri, i Celti erano stati fabbri e abili orafi, agricoltori e mercanti. I Romani ne ripresero la rete stradale, parole come caballus, carrus o gladius, che derivavano dalla loro lingua. Una "tonalità celtica" resterebbe nel dialetto lombardo, a detta di Cattaneo e di Gadda, anche se in compagnia di altre derivazioni dalla lingua dei preesistenti Liguri. Altrettanto varrebbe per la musica. Dal punto di vista linguistico, questo popolo si può sicuramente associare al gruppo indoeuropeo, grazie alla testimonianza di nomi propri e di toponimi, tramandati da alcune (poche) iscrizioni in alfabeto latino, ma in lingua popolare. Dei suoi due rami, il Q-celtico o gaelico sopravvive nell'antico irlandese e nel gaelico, e il P-celtico (i termini riflettono un maggior cambio di consonanti) o britannico, nel gallese e nel brettone.
Tornando in Italia: può bastare quanto si è verificato per tramandare un'appartenenza o addirittura una parentela con la proverbiale laboriosità lombarda? Risponde l'antropologa Gloria Ardissone, della Cattolica di Milano: "E' giusto riportare l'interesse verso una cultura diversa da quelle grecoromana ed ebraico-cristiana che si sono imposte nella nostra tradizione. Ma non ha senso voler trovare nei Celti le radici del presente, modelli e valori per l'oggi: è solo una costruzione artificiale, la risposta sbagliata a un vuoto culturale che alimenta tanti fondamentalismi".
Sotto il profilo archeologico, è possibile una stretta correlazione con alcuni gruppi culturali, ma non si può parlare di una cultura celtica uniforme. Le necropoli galliche in Italia sono state identificate e studiate. In Spagna, le necropoli dei Campi di Urne e le aree con nomi di località celtiche sono state attentamente registrate. Nell'Europa centrale, i tumuli aristocratici della cultura di Hallstatt, che contengono spesso carri o cavalli, furono sicuramente celtici, mentre si hanno dubbi per i campi di urne più modesti.
La località di Hallstatt, situata nel Salzkammergut austriaco, a circa cinquanta chilometri ad est di Salisburgo, è notissima per le sue miniere di sale e per la necropoli di circa tremila tombe. Le più antiche gallerie scavate nelle miniere risalgono all'età del Bronzo recente, sebbene la maggior parte di esse appartenga all'età del Ferro. Il sale nelle miniere ha preservato i corpi, gli abiti e ogni sorta di utensili per il lavoro sotterraneo. La necropoli ebbe inizio quando era in uso soprattutto il rito della cremazione.
Nell'archeologia dell'Europa centrale, i termini Hallstatt A (sec. XII-XI a.C.) e Hallstatt B (sec. X-VIII a.C.) vengono usati come base cronologica per le culture dei campi di urne dell'età del Bronzo recente. I primi oggetti in ferro, a nord delle Alpi, appaiono alla fine di questo periodo e l'età del Ferro vera e propria inizia con Hallstatt C (oppure I), nel VII secolo. L'area di maggiore sviluppo è la Boemia, con l'Austria settentrionale e con la Baviera, dove vennero costruite stazioni fortificate su alture; il defunto era interrato e posto a giacere su un carro a quattro ruote, o sepolto accanto ad esso, entro una casa-sepolcro sotto un tumulo. Il bronzo in lamina era ancora in uso per armature, per vasi e opere in metallo di carattere decorativo; l'arma caratteristica fu una lunga spada in ferro (o copia in bronzo di essa) con un fodero culminante con un puntale metallico ad alette. Queste spade, molto diffuse, sono state rinvenute anche nell'Inghilterra sud-orientale.
Durante il periodo Hallstatt D (oppure II), nel sesto secolo, le culture più progredite si trovavano in Borgogna, in Svizzera e nella Renania. Le tombe con carro erano ancora preminenti, e grazie al commercio furono introdotti oggetti di lusso dalla Grecia e dalle città etrusche delle sponde mediterranee. Dalla fine di questo periodo, nella metà del V secolo, elementi della cultura di Hallstatt (sebbene senza tombe con carro) sono stati riconosciuti nella Francia meridionale, fino alla Jugoslavia e alla Cecoslovacchia. Forti dubbi permangono invece per la Gran Bretagna, dove il popolo dei Bicchieri (del 2000 a.C.) e quello dei Marniani (250 a.C.) sono stati considerati i primi abitatori celtici.
La più notevole testimonianza di materiale per i Celti è offerta dall'arte di La Tène: il significato di questa e dei tumuli aristocratici si accordano bene con le tradizioni letterarie della cultura celtica, quale è sopravvissuta soprattutto in Irlanda. Ne emerge il quadro preciso di un'età eroica, con l'esaltazione del coraggio sui numerosi campi di battaglia, con un'illimitata ospitalità nelle case, e con un coraggioso comportamento tenuto in ogni circostanza.
Lo stile artistico di La Tène è tra i più efficaci dell'antichità: si sviluppò tra i Celti poco dopo il 500 a.C. Quest'arte nacque dapprima per i capitribù di un'area situata sul Medio Reno, e che si estendeva verso l'Alto Danubio e la Marna (centro di Waldalgesheim, nel Distretto di Kreuznach); quindi si sviluppò largamente, anche se non raggiunse la propagazione della stessa popolazione celtica. Molti dei più bei manufatti furono prodotti nelle Isole Britanniche dal primo secolo a.C. al primo d.C., dopo che i Celti avevano perduto il controllo dei loro territori sul continente. Infatti in Irlanda, mai raggiunta dalle legioni romane, essa sopravvisse per rifiorire e ravvivare il risveglio artistico, dopo la ritirata dei Romani, in Northumbria, nel VII secolo d.C.
I fattori che determinarono il suo sviluppo furono l'amore dell'aristocrazia celtica per l'ostentazione e l'acquisizione, attraverso la via del Rodano o quella dei passi alpini, di esemplari classici, specialmente di vasi di bronzo e di altri recipienti di nuova foggia, per bere il vino. A tutto questo si aggiunse un certo gusto per il disegno di animali, spesso fantastici, derivati dagli Sciti delle steppe. Ma dietro ciò, stava il genio artistico degli artigiani celti, che si basò sulla tradizione del disegno geometrico e astratto di HalIstatt. Il risultato fu, appunto, lo stile di La Tène, ardito e curvilineo, sia lineare che plastico, con un'affascinante confusione tra il naturalistico e l'astratto, e una speciale misura di equilibrio, senza simmetria. Quest'arte si manifestò più comunemente in opere di bronzo, in equipaggiamenti di guerra, in finimenti per cavalli, e in vasellame per mangiare e per bere, cioè proprio nei campi di attività ai quali i Celti diedero suprema importanza. Vi sono anche, tuttavia, notevoli esempi di sculture monumentali in pietra, molte delle quali hanno precisi significati culturali: tale, ad esempio, il pilastro in pietra scolpita di Entremont, vicino Aix-en-Provence. Entremont, come la contigua Roquepertuse, ebbe un santuario con figure scolpite. I ritrovamenti comprendono teste e busti a tutto tondo, con pilastri a calcare, a quattro facce, con teste umane a rilievo.
Infine, i Campi celtici. Sono tracce di sistemi di antichi campi, che sono evidenti sul terreno, in territori nei quali la successiva agricoltura non li ha rimossi. In Gran Bretagna gli esempi più antichi sono blocchi di terreno arabile (talvolta associati a fattorie, a tipiche strade infossate, a palizzate e a recinti), divisi in appezzamenti di unità più o meno quadrate. I singoli campi hanno di solito un'area di circa mezzo acro e non superano mai i due acri. Sono delimitati da cumuli di terra lungo i bordi superiore e inferiore e da porche leggermente elevate lungo i lati.
In realtà, il termine "celtico" sembra usato in maniera errata. I primi campi risalgono all'età dell'antico Bronzo (intorno al 1500 a.C.), ma la maggior parte di quelli tuttora esistenti appartengono all'ultimo periodo dell'età del Bronzo (a partire dal 1000 a.C. circa), all'età del Ferro e anche all'epoca romana, quando i metodi locali della coltivazione della terra perduravano al di fuori delle aree dell'agricoltura praticata nella Villa. Campi di questo stesso tipo sono noti anche in Scandinavia e nei Paesi Bassi.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000