L'IMPATTO AMBIENTALE




Raffaele Caroli Casavola



Mi pare che uno dei problemi più importanti da risolvere sia rappresentato dalla difficoltà di calcolare il danno ambientale provocato, ad esempio, da un'unità inquinante o, se si preferisce, dal vantaggio ambientale ottenuto dalla riduzione dell'inquinante stesso. Si tratta di una difficoltà ardua.
Quanto costa all'ambiente l'abbandono di un sacchetto di plastica, l'uso di un chilogrammo di fitofarmaci, il rumore provocato dal decollo di un aereo? Nonostante l'attuale sviluppo degli studi di impatto ambientale, non si è ancora in grado di rispondere in modo oggettivo alle precedenti domande.
Attualmente le principali tecniche di valutazione degli impatti sull'ambiente di un dato progetto sono la Valutazione di Impatto Ambientale, imposta a suo tempo dalla CEE come regolamentazione ambientale di carattere preventivo, e l'Analisi Costi-Benefìci.
L'approccio normativo della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) si inquadra in una situazione nella quale la divergenza tra preferenze individuali e preferenze collettive va rimossa attraverso l'intervento pubblico. Secondo questo approccio, infatti, il mercato sarebbe incapace di eliminare da sé le esternalità negative connesse all'inquinamento prodotto. Questo fallimento del mercato si ritiene sia eliminabile solo attraverso controlli e regolamenti e pertanto si esalta l'intervento pubblico teso a migliorare l'equità distributiva tra chi produce inquinamento e chi lo subisce.
In questo contesto, dunque, un appropriato sistema di controllo e di sanzioni dovrebbe fronteggiare adeguatamente, o, almeno, limitare fortemente il tentativo di conseguire guadagni individuali senza contribuire al controllo collettivo delle risorse.
L'impatto dell'Analisi Costi-Benefici rientra nello schema tradizionale dell'Economia del benessere, di derivazione neoclassica; come è noto, in questo schema i problemi ambientali sono trattati sulla base di una struttura di equilibrio di tipo "Pareto-efficiente" che intende assicurare il raggiungimento di un ottimo allocativo delle risorse in termini di efficienza e di massimizzazione del benessere degli individui.
La nozione fondamentale dell'efficienza paretiana viene usata insieme con quella di equilibrio per giudicare la bontà delle regole che presiedono alle interazioni fra gli agenti. I metodi della Valutazione di Impatto Ambientale (liste di controllo, overlay, net-work, matrici, etc.) hanno sostanzialmente il compito di prevedere l'impatto globale generato da una certa attività produttiva al fine di stabilire se quella attività porta ad alterazioni sensibili dell'ambiente naturale. Il quadro attuale dell'evoluzione della Valutazione di Impatto Ambientale è poco soddisfacente sia perché essa viene applicata quando il progetto da valutare è già in parte operativo, sia perché mancano delle precise linee-guida comuni per l'uniformità dei suoi meccanismi di funzionamento e del suo campo applicativo a livello internazionale. A tal proposito, in Italia, esiste un esempio eloquente di fattispecie applicativa ridotta, dato che sono escluse dalla procedura di valutazione diverse opere rientranti tra quelle soggette a Valutazione di Impatto Ambientale a livello comunitario.
Si discute ancora sul contenuto di impatto: se, cioè, debba riferirsi esclusivamente all'ambiente naturale in termini stretti, oppure ad un ambiente allargato che comprenda anche quello sociale, tecnico ed economico. Oppure se debba essere considerato impatto una semplice alterazione di condizioni già esistenti o si debbano considerare le più ampie condizioni di equilibrio che va a turbare.
Tra le tante metodologie della Valutazione di Impatto Ambientale adottate, due meritano maggiore attenzione: le liste di controllo e le matrici.
Le liste di controllo sono degli elenchi di fattori ambientali che servono a capire quali indicatori sono più adatti a valutare l'impatto e quali sono i fattori che lo influenzano maggiormente tra quelli ambientali preesistenti e quelli sopraggiunti col progetto. Ai fattori ambientali o agli impatti contenuti nelle liste di controllo si può dare un coefficiente che esprime rispettivamente il valore e il grado di pericolosità.
Le matrici sono, invece, delle rappresentazioni bidimensionali che mettono in relazione le liste di controllo di fattori dovuti al progetto con quelle di fattori ambientali allo scopo di evidenziare rapporti di causa-effetto oppure quelle degli impatti ambientali tra loro allo scopo di esaminare gli effetti indiretti degli impatti.
L'uso delle matrici, in modo particolare, è ritenuto il mezzo più idoneo a rendere chiari quali sono i fattori che causano l'impatto, come si concretizza e, quindi, quali sono le alterazioni subite dalle componenti durante le fasi di attuazione del progetto e, in particolare, come influenzano le attività umane. In definitiva, con esse si può avere una visione d'insieme che, invece, sfugge con le sole liste di controllo, più adatte ad analizzare singoli aspetti dell'impatto.
I metodi della Valutazione di Impatto Ambientale hanno come denominatore comune il rifiuto del metodo monetario. Essi consentono, con l'apporto di un gruppo multidisciplinare di esperti, l'analisi dell'impatto sulle singole componenti ambientali (aria, acqua, suolo, flora e fauna) unitamente allo studio di possibili effetti d'interazione tra diversi fattori d'inquinamento per tener conto della sommatoria/integrazione delle reazioni tra i vari fattori inquinanti e stabilire la soglia critica di compromissione ambientale di una data area. Però questi metodi, da soli, non bastano. Con cospicui miglioramenti, questa tecnica potrebbe essere messa in grado di fornire determinati elementi quantitativi per effettuare scelte tra ipotesi alternative.
La tecnica dell'Analisi Costi-Benefici (ACB) valuta in modo socio-economico la convenienza a realizzare un certo progetto e la sua desiderabilità. Essa pone a confronto i benefici dovuti all'incremento di produzione di beni e servizi e i costi dovuti all'uso dell'ambiente per ottenere quei beni e servizi. Anche per l'Analisi Costi-Benefici esiste un panorama di metodologie applicative da prendere in esame.
Una tecnica particolare è quella che valuta la diminuzione di produttività intervenuta o l'aumento del costo dei fattori produttivi dovuti all'impatto ambientale in termini monetari. Se si vuol realizzare un progetto che crea un certo impatto è necessario valutare come questa nuova attività ne condizioni altre precedentemente svolte e se faccia diminuire la produzione di queste. L'uso dell'ambiente dovuto alla nuova produzione potrebbe impedire o limitare quelle già svolte, creando un mancato guadagno che può essere recuperato solo con nuovi investimenti e, quindi, con un maggior costo dei fattori produttivi.
Va segnalata l'impossibilità di applicare questa tecnica a quelle situazioni in cui l'impatto sia tale da generare un nuovo sistema di prezzi rendendo inattendibile il confronto tra vecchi e nuovi.
Una seconda tecnica, detta del costo -opportunità, si usa quando risulti difficile una quantificazione monetaria del valore della componente ambientale considerata. Pertanto, si valuta se il reddito ottenibile da quella componente ambientale a scopi produttivi sia tale da giustificare la rinuncia, in certi casi irreversibile, allo stato naturale della componente. La valutazione può essere fatta con riferimento al costo della minore produttività determinata dallo scarso rendimento in un ambiente insano o, comunque, non ottimale del capitale umano a causa dell'introduzione di fattori che lo degradano. In particolare, cause del minor guadagno realizzabile possono essere le malattie, l'assenteismo o, addirittura, la morte, ma anche più semplicemente l'aumento delle spese mediche.
Questa tecnica è di scarsa utilizzazione data la difficoltà di identificare un nesso che leghi direttamente un'unica causa (ad es. malattia) all'effetto indesiderato del minor rendimento, avendosi più spesso una combinazione di concause operanti contemporaneamente.
Un approccio metodologico del tipo indiretto mira a stabilire se e quante persone siano disposte a pagare un prezzo per l'uso dei beni naturali per impedire che l'alterazione di essi non permetta di fruire in futuro degli stessi benefici.
Tra gli altri metodi che operano in modo indiretto si' può annoverare anche quello che valuta la disponibilità a investire cifre più o meno elevate per evitare o prevenire gli effetti negativi di un ambiente degradato sulle persone.
L'Analisi Costi-Benefici condivide molte similitudini con la Valutazione di Impatto Ambientale: in particolare, entrambe adottano lo stesso criterio di riferimento, che è rappresentato dall'interazione fra ecosistema ed attività umana.
Nella Valutazione di Impatto Ambientale ci si basa su di una ponderazione qualitativa del problema. Nell'analisi costi/benefici si utilizza la valutazione in termini monetari; il valore finale ottenuto consente poi la comparazione tra le alternative di progetto. Entrambe le tipologie di tecniche sono oggetto di critiche, ma una loro utilizzazione congiunta sembra auspicabile. Prese isolatamente, infatti, esse appaiono scarsamente efficaci. Solo puntando sul loro miglioramento e sulla loro integrazione sembrerebbe possibile utilizzare una quanto meno accettabile tecnica di valutazione di un impatto ambientale.
In definitiva, resta accertata la incompletezza dei due metodi, e la indeterminatezza della normativa che, anche a livello internazionale, è vaga e non indica i soggetti obbligati alla Valutazione di Impatto Ambientale e quali sono i suoi meccanismi di funzionamento concreto.
Costi a parte, sembrerebbe prudente l'uso contestuale e combinato dei due sistemi di valutazione i quali presentano, comunque, una serie di analogie, come è stato già detto, sia nella fase della identificazione degli impatti sull'ambiente, sia in quella della valutazione delle conseguenze sull'uomo.
La Valutazione di Impatto Ambientale e l'Analisi Costi-Benefici sono strumenti previsionali che in genere identificano un punto critico di "rottura", oltre cui l'impatto diviene irreversibile. Essi indicano, tuttavia, la necessità di produrre nella legislazione strumenti che stimolino comportamenti di rispetto dell'ambiente mediante la creazione di spazi per le imprese che producono beni e servizi compatibili con esso, piuttosto di introdurre semplici vincoli che restringono il margine operativo delle imprese stesse e limitano certi comportamenti dei consumatori ma che, tutto sommato, non garantiscono la tutela dell'ambiente.
Si parla a tal proposito di tutela attiva dell'ambiente nel primo caso e di tutela passiva nel secondo. Resta, però, da eliminare, a prescindere dal tipo di tutela adottata, un'evidente discrasia.
Mi riferisco alla necessità di risolvere, o almeno attenuare, il problema della difformità delle linee-guida della normativa. Non solo vi è differenza fra quella americana e quella dell'Unione Europea. Ma anche all'interno della stessa UE, vista l'ampia libertà demandata ai singoli Stati membri, si registra una forte disarmonia fra le varie normative nazionali.
L'Italia, ad esempio, non ha provveduto ad inserire parti rilevanti della direttiva 337/85. Tant'è che è stato avviato nei suoi confronti un procedimento di infrazione da parte dell'Unione. Infatti, la Valutazione di Impatto Ambientale italiana, definita dalla "legge Merloni" (n. 109/94) come Studio di Impatto Ambientale (SIA), non valuta in modo soddisfacente la portata, né fa una preselezione degli impatti, come avviene negli altri Paesi, ed è carente circa l'identificazione dei parametri di compatibilità ambientale. Ma, soprattutto, esclude dalla valutazione alcune opere rilevanti con motivazioni vaghe e che spesso nascondono la volontà di eluderla. L'UE ha emanato la direttiva 337/85 recepita solo parzialmente dal legislatore italiano nell'articolo 6 della legge 349/86, istitutiva del Ministero dell'Ambiente. In particolare, sono stati esentati dalla VIA sia tutti i casi previsti dall'allegato II della direttiva comunitaria, sia la creazione delle terze corsie autostradali e dei cosiddetti interventi di "ambientalizzazione" delle centrali termoelettriche.
Altre volte, invece, le Autorità del nostro Paese, al di là dei forte ritardo con cui recepiscono le direttive comunitarie di tutela ambientale, hanno adottato procedure più restrittive di quelle fissate dai nostri concorrenti europei.
Il pericolo rappresentato da questa prassi è chiaro. Si rischia che il mercato - e dunque la sua competitività -subisca alterazioni per l'imposizione, ad esempio, di standard diversi da un'area geografica all'altra per lo stesso tipo di emissioni. Ciò che è ritenuto inquinante a Lecce, può non esserlo a Berlino o a Parigi, con un diverso aggravio di costi per chi deve effettuare interventi antinquinamento. Così facendo, si finisce per apportare profonde modificazioni alla concorrenza.
Come si è già accennato, anche a livello europeo si stanno percorrendo nuove strade di tutela ambientale, fra cui quelle di autocontrollo volontario. Nella Comunità Europea sono stati approvati due strumenti economici che, applicati in tutti i Paesi membri, consentiranno di sperimentare nei prossimi anni l'utilizzo di questo tipo di gestione ambientale.
Ecoaudit ed Ecolabel testimoniano l'evoluzione in corso nel rapporto imprese-ambiente: da una posizione passiva, di difesa, impegnate ad ottemperare a quanto viene loro prescritto dalla normativa e a gestire gli eventuali problemi ambientali a mano a mano che essi si presentano, le imprese stanno sempre più orientandosi verso un atteggiamento attivo, volto a gestire con cura le loro performances ambientali e a prevenire i problemi.
Si parla infatti sempre più spesso di "qualità totale", inserendo in questo concetto anche la qualità degli impatti provocati sull'ambiente esterno sia dai prodotti sia dai processi produttivi.
Da quanto è stato detto, spero sia emerso che la teoria economica ha sì individuato degli strumenti interessanti per la gestione della tutela ambientale, ma questi vanno ancora affinati. Sono richiesti sforzi specifici in varie direzioni come gli studi di impatto ambientale, il monitoraggio ambientale, l'analisi dei costi di produzione, l'individuazione di risorse per l'innovazione tecnologica.
Questi sforzi vanno compiuti, anche dalle banche per quanto di loro attinenza, perché è dall'efficace saldatura fra economia ed ecologia, unitamente alle considerazioni etiche sul "futuro di noi tutti", che potrà rendersi più agevole quella transizione verso lo sviluppo sostenibile, da tutti auspicata.


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