§ L'ESPERIENZA MALTESE

MEDITERRANEO SINTESI DI CULTURE




Oliver Friggieri



Nell'introduzione al suo libro Mediterraneo - Un nuovo breviario Predrag Matvejevic' parla già di un mosaico mediterraneo, e dunque delle difficoltà, anche metodologiche, che si incontrano quando si cerca di "compilare... il catalogo delle sue componenti, verificare il significato di ciascuna di esse e il valore dell'una nei confronti dell'altra: l'Europa, il Maghreb e il Levante; il giudaismo, il cristianesimo e l'islam; il Talmud, la Bibbia e il Corano... Qui popoli e razze per secoli hanno continuato a mescolarsi, fondersi e contrapporsi gli uni agli altri" (1).
Più complesso è il problema che si deve affrontare nei confronti delle isole. Matvejevic' afferma:
"Le isole sono posti particolari. Si differenziano sotto molti aspetti: la distanza dalla costa più vicina, le caratteristiche del canale che da essa appunto le separa... Si diversificano anche dall'immagine e per l'impressione che suscitano: ci sono isole che sembrano navigare o affondare, altre che paiono ancorate o pietrificate e sono davvero soltanto resti del continente, staccate e incompiute, separatesi a tempo debito e alle volte diventate indipendenti, più o meno bastanti a se stesse" (2).
Con tali premesse mi appresto a delineare alcuni aspetti della mediterraneità di Malta, l'isola con cui si chiude il Sud europeo e si apre il Nord dell'Africa, un fazzoletto di terra su cui hanno lasciato le loro indelebili impronte alcune delle forze politiche e culturali più importanti in tutta la storia: i fenici e i cartaginesi, i romani, gli arabi, l'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni, i francesi e finalmente gli inglesi. L'elenco completo dei dominatori stranieri è assai più lungo, ma forse sono stati questi ad aver determinato il carattere complesso dell'identità maltese.
La trasformazione più radicale accadde durante la dominazione araba (870-1090 AD), un arco di tempo in cui i maltesi sono stati costretti a subire due profondi sviluppi: terminare, o meglio interrompere, la loro precedente tradizione cristiana, che risale al periodo romano, e addirittura all'anno 60, quando San Paolo naufragò sull'isola e vi passò tre mesi, dando così inizio ad una ricchissima tradizione di fede e di cultura ancora molto forte presso la piccola comunità maltese; adottare l'arabo come lingua comune, gettando in questo modo le basi per la nascita della moderna lingua maltese. Non si sa molto altrimenti della presenza degli arabi a Malta, e non vi sono tracce della lingua precedentemente parlata dai maltesi. L'eventuale rinascita della religione cristiana, in seguito all'arrivo dei normanni nell'undicesimo secolo, è maggiormente caratterizzata dall'uso di parole arabe per esprimere un contenuto cristiano, come, ad esempio, "Alla" (Dio), "maghmudija" (battesimo), "tewba" (penitenza), "qrar" (confessione), "knisja" (chiesa) (3).
La lingua maltese è dunque il terreno in cui si manifesta particolarmente la sintesi tra cultura araba e cultura cristiana. Si tratta di una lingua di lunga tradizione orale, ufficialmente ignorata nei campi della politica e della cultura dominante.
Sono relativamente pochi gli scrittori e gli studiosi che nel frattempo hanno cercato di scrivere in maltese. Una rara eccezione si trova nella poesia più antica, la Cantilena di Pietro Caxaro (m. 1485), scritta intorno alla metà del quindicesimo secolo (4). Si tratta di un caso isolato che non stabilisce la possibilità di un movimento di poesia popolare "scritta" nel dialetto arabo di Malta. La Cantilena suggerisce già la linea generale che la lontana poesia successiva era destinata a seguire (5).
Benché non abbia una sola parola di origine non semitica, cioè romanza, dovuta alla presenza culturale post-araba, cioè europea, questa poesia apre la strada per la forma poetica europea, o meglio italiana, del movimento moderno maltese che ebbe inizio sotto l'influsso illuministico e romantico. I versi costituiscono un'allegoria, di origine evangelica, e ricordano la poesia mosarabica della Spagna. In genere, i versi sembrano modellati sull'endecasillabo. A volte, a causa della difficoltà presentata dall'ortografia che tenta di trascrivere arbitrariamente una lingua semitica con l'alfabeto romano, l'armonia endecasillabica non riesce del tutto chiara. Ciò risulta dalla inclusione apparentemente superflua di qualche sillaba non accentata dentro la serie degli accenti principali. Comunque, ogni verso ha un accento fisso sulla penultima sillaba, corrispondente alla decima, e alcuni fanno cadere gli accenti principali sulla quarta e sull'ottava:

mensab fil gueri uele nisab fo homorcom,
……………..
halex liradi 'al col xebir sura.

Inoltre, un verso ripetuto è composto perfettamente da un ottonario e da un quinario:

fen timayt insib il gebel / sib tafal morchi.

Lingua semitica, forma poetica europea, contenuto metaforico e allegorico cristiano: ecco le tre componenti che costituiscono l'identità di questa poesia, partecipe di una tradizione continentale che ha avuto grande fortuna presso gli scrittori maltesi. Anche il problema del modo in cui si può scrivere una lingua araba fuori dei limiti della stessa cultura araba è risolto in un modo tipicamente maltese, cioè tramite una romantizzazione. Il maltese è un raro esempio di trascodificazione, costituendo così una mirabile sintesi tra le culture tipiche di due continenti diversi.
Per interi secoli Malta svolgeva una vasta letteratura in italiano, il frutto di intelletti educati "italianamente" che seguivano costantemente l'architettura stilistica e la gamma tematica degli autori italiani. Quando poi ebbe inizio lo sviluppo di una letteratura in maltese, raggiungibile da tutti, benché per lungo tempo priva di alte pretese artistiche, lo scrittore era in grado di interpretare fedelmente il sentimento proprio e collettivo, e non più l'ambizione accademica. L'autore non poteva più rinchiudersi nel santuario delle sue precettistiche e dei suoi formalismi, ma doveva incontrarsi con il popolo e ispirarsi alle sue esperienze. A Malta il principio della popolarità della letteratura, un'eredità illuministica che il romanticismo modificò secondo nuove esigenze, non poteva realizzarsi pienamente in italiano. La lingua di origine araba doveva essere utilizzata, per motivi di comunicazione popolare, ma sempre secondo i modelli letterari importati dall'Italia.
Un tale processo di sviluppo in lingua maltese è nato circa verso la prima metà dell'Ottocento - se si vuole parlare in termini di movimento diffuso e piuttosto nazionale - quando chi scriveva in maltese non poteva prescindere dal fatto che, nonostante il substrato semitico del suo idioma, la tradizione, la struttura dell'espressione e l'intera educazione letteraria (letterati e pubblico) erano esclusivamente italiane. Perciò la nuova produzione in maltese era inevitabilmente costretta a seguire la stessa direzione, e in effetti a mantenere la continuità storica. Il detto sfondo è il quadro che, a cagione dell'inscindibile rapporto tra storia politica e attività creativa che la dottrina romantica tanto accentuava (particolarmente in Italia, dove i problemi dell'identità e dell'unificazione nazionale furono sentiti più che altrove in Europa), spiega e giustifica le conquiste ed anche le limitazioni del movimento romantico maltese. In tal modo la letteratura in lingua maltese, superando gradualmente gli svantaggi storici del pregiudizio e della noncuranza, poteva godere il vantaggio concesso dalla mentalità letteraria dell'epoca: il riconoscimento del concetto europeo del popolo come il poeta che sente e scrive autenticamente, cioè di necessità nella propria lingua, che non è europea. Mentre, da un canto, si continuò a scrivere la letteratura italiana della classe socialmente elevata, dall'altro le prime opere letterarie in maltese toccavano l'animo del popolo e lanciavano una sfida a chi provava la tentazione di cimentarsi con la lingua cosiddetta "incolta".
Durante l'Ottocento e la prima metà del Novecento, lo scrittore in lingua maltese doveva far fronte alla sfida di elevare con dignità un veicolo non curato a livello di lingua letteraria, a cui mancava fino a circa mezzo secolo fa anche un sistema ortografico normalizzato. Ciò significa che, in ultima analisi, la polemica tra l'italiano (come lingua rispettata della classe colta) e il maltese (come lingua orale più antica dell'isola) non doveva influire gravemente sul procedimento del maltese come mezzo letterario. Nel campo dell'ortografia si doveva trattare di una sintesi tra parola araba e alfabeto latino. Nel campo letterario si arrivò con naturalezza ad una sintesi tra la tradizione e il presente, cioè all'affermarsi del principio della continuità storica. Gli autori maltesi, infatti, conservavano il ricco deposito che avevano ereditato da varie fonti (tradizione popolare, cultura continentale, consapevolezza della vicinanza di Malta alla penisola), e lo modificarono quasi istintivamente in maltese. Vari scrittori hanno cercato di formare nuovi vocaboli tramite il sistema del trilitterismo arabo: una intera cultura europea veniva espressa così con parole arabe.
Vari scrittori di origine culturale italiana hanno cercato di utilizzare tutto il lessico semitico della lingua maltese, risuscitando parole arcaiche, arabizzando anche la struttura sintattica.
Alla base di questa loro disposizione a non distinguere tra la cultura ereditata e la cultura che si aspettava da loro, c'è l'incapacità di distinguere nettamente tra cultura italiana e cultura maltese o indigena, da un lato, e tra italiano come lingua scritta e maltese come lingua parlata, dall'altro. Quello che segue è un brano da Il-Jien u lilhinn minnu (L'io e al di là dell'io), un poema di Dun Karm (1871-1961), il poeta nazionale di Malta, pubblicato nel 1938. Il verso è l'endecasillabo italiano, la figurazione è di origine biblica e dantesca, mentre i vocaboli sono tutti arabi, l'insieme è tipicamente maltese in quanto esprime una situazione umana in chiave cristiana, immedesimando il senso del malessere con la speranza e con l'attesa:

Hsiebi bhal aghma; biex isib it-trejqa
itektek bil-ghaslug kull pass li jaghti;
jimxi qajI qajl u qatt ma jaf fejn wasal;
dalma kbira tostorlu l-kif u l-ghala,
u d-dawl li hu jixtieq qatt ma jiddilu.

Hsiebi bhal aghma, u dik id-dalma sewda,
bhal marda li tittiehed, tmissli 'l qalbi
u ddawwarha bin-niket, bhalma z-zragen
tax-xewk u tal-gholliq idawru x-xitla
tal-ward u johonquha. Minn gol-hondoq
tad-dwejjaq kiefra jien ghajjatt imbikki:
"Ghajjew ghajnejja thares bla ma tara,
u qalbi nfniet ....".

Tale sintesi, reale e implicita lungo una intera tradizione, si trasformò in piena e matura coscienza nazionale durante l'epoca romantico-risorgimentale, a causa del rapporto culturale e politico con l'Italia. Comunque, la nascita di una vera letteratura in maltese non poteva avvenire prima della "conversione", non di spirito e di cultura ma per necessità di lingua, di qualche membro della classe privilegiata dei letterati, che avevano per secoli ignorato il dialetto arabo e si erano espressi in italiano. Nel 1796 Mikiel Anton Vassalli (1764-1829) parlò per la prima volta del bisogno sociale e culturale di coltivare la "lingua nazionale". Vassalli, che si educò a Roma dove pubblicò alcune sue opere (6), nutriva idee liberali, fondate sulla necessità della partecipazione popolare alla cultura e della diffusione democratica del sapere. Il suo spirito illuministico lo costringeva a concedere una particolare importanza alla funzione della lingua nativa: "In un secolo in cui le arti e le scienze han fatto progressi sì grandi ed ammirabili, che quasi non restano fra di esse più dipartimenti da illustrare, pareva che non si dovesse tralasciare incolto, senza dissotterrarlo dall'oblivione, uno de' più antichi monumenti, qual è la lingua maltese" (7).
Tramite la sua partecipazione alla cultura europea, e particolarmente italiana, Vassalli era dunque in grado di scoprire il valore della lingua semitica, analizzando la sua origine, mettendo in un insieme il suo sistema grammaticale, raccogliendo i suoi vocaboli e i suoi idiomi. Una intera tradizione popolare maltese viene così riconosciuta come degna di cultura, alla pari della cultura dominante. Non a caso, dunque, Vassalli ha scelto il latino e l'italiano per le sue opere sulla lingua maltese.
Rifacendosi al pensiero di vari autori italiani e francesi, Vassalli diede inizio alla formazione di un modo moderno maltese di pensare. Per lui la lingua nativa si presentò come l'oggetto più raro dell'antichità dell'isola, degno delle ricerche dei letterati e della più raffinata cultura (8). Pur ammettendo che il dialetto arabo era, o pareva essere a primo aspetto, rozzo e pieno di barbarismi, concludeva che ciò accadeva perché era trascurato. Il suo concetto, pregno di sapore nazionalistico, era un intelligente compromesso tra il movimento illuministico che stava morendo e l'avanzata del nuovo spirito romantico. Così scoprì il valore supremo della patria, e giunse ad una mediazione proprio nel modo in cui utilizzò tutto quello che aveva imparato in Europa con l'intento di modernizzare il proprio Paese. Vassalli fu altresì il primo a riconoscere che la lingua maltese spicca nel campo poetico: "La vivezza delle espressioni, le sentenze prodotte dal fervore della fantasia maltese, la semplicità e la naturalezza attrattiva unite alle doti naturali della lingua, benché l'idee siano qualche volta ristrette, formano il bello delle nostre canzoni. Sarebbe impresa molto degna che alcun de' nostri si mettesse ad illustrare questo articolo; ma per riuscirvi dovrebbe tenersi lontano dagli usi poetici di quelle nazioni eterogenee di lingua riguardo alla nostra, dei quali non credo che sia troppo suscettibile un'antica 9 lingua orientale" (9). Di particolare significato è l'ultima opinione; nella seconda parte discute se la poesia maltese, essendo il maltese un germoglio dell'albero delle lingue semitiche, non debba adottare la tecnica prosodica orientale. L'ambiente, molto recettivo quando si trattava di influssi latini, ben lontano per vari secoli dagli influssi del mondo arabo, e l'intera tradizione poetica italiana dell'isola non potevano facilitare l'uso del maltese in sede poetica e favorire il richiesto riconoscimento se i poeti successivi decidevano di battere una nuova strada, assai accademica e contraria ai dati della storia, adottando la metrica semitica.
Le conclusioni che derivano dall'analisi della storia della lingua e della letteratura di Malta riassumono in sé la complessa identità di tutto l'essere maltese:
1) la lingua maltese, pur avendo una sottostruttura semitica, è scritta nell'alfabeto latinolo;
2) la poesia tradizionale maltese non si costruisce secondo le regole prosodiche di qualche dialetto di origine semitica, o secondo la struttura del canto ebraico e di quello che si compone nel Medio Oriente, ma secondo la metrica italiana;
3) gli autori maltesi hanno sempre insistito sul primato dei vocaboli semitici per quanto riguarda la poeticità e la letterarietà del testo, mentre si aprono liberamente alle forme e alle idee europee.
La mediterraneità di Malta, dunque, è allo stesso tempo araba ed europea. Si tratta di una fusione imposta dalle condizioni storico-culturali, tradotta poi quasi istintivamente in una scelta consapevole con l'arrivo del romanticismo. Altri esempi possono essere citati dal campo del culto religioso, del modo di pensare politico, dell'architettura e dei costumi. La sintesi linguistica e letteraria si configura in una specie di microcosmo di tutta l'identità maltese, composta com'è da vari e diversi elementi di natura intercontinentale. L'unicità del fenomeno sta nella capacità dello spirito maltese di ricevere con giudizio, di plasmare ogni dato secondo le proprie inclinazioni, di riconoscersi tra i due estremi dell'isolamento e dell'integrazione.


NOTE
1) Predrag Matvejevic', Mediterraneo - Un nuovo breviario, (trad. Silvio Ferrari), Garzanti Editore, Milano, p. 18.
2) Ibidem, p. 25.
3) Cfr. Joseph Aquilina, Papers in Maltese Linguistics, Royal University of Malta, 1961, p. 46.
4) Cfr. Godfrey Wettinger-Mikiel Fsadni, Peter Caxaro's Cantilena, Lux Press, Malta, 1968.
5) Cfr. Oliver Friggieri, Storia della letteratura maltese, Edizioni Spes, Milazzo, 1986, p. 88.
6)Cfr Ninu Cremona, Mikiel Anton Vassalli a Zminiiietu, 2° ed., a cura di Oliver Friggieri, Klabb Kotba Maltin, Malta, 1975, pp. 3-4 e passim.
7) Ktieb il-Kliem Malti, A. Fulgonio, Roma, 1976, p. VII.
8) Ibidem, p. XIII.
9) Ibidem, p. XIX.
10) Joseph Aquilina (op. cit., p. 81) analizza i vari sistemi ortografici proposti, dai primi scritti di G. F. Bonamico (1672-1675) fino al 1934 (quando il sistema dell'Ghaqda tal-Kittieba tal-Malti raggiunse un livello scientifico), e distingue nettamente tra i romanisti e gli arabisti: "The Arabists were those who, basing themselves on the fact that Maltese is a semitic language, akin to Arabic or, as some others wrongly believed, to Hebrew, favoured the use of the Arabic alphabet".


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