§ IL SUD DI VITTORE FIORE

Il Nuovo Risorgimento




Attilio Compasso



La democrazia non deve mai temere di fare gli esami di coscienza, assumere le responsabilità che competono alla sua classe dirigente, compiere le scelte necessarie per assicurare, con il metodo della libertà, il progresso della società: per non averlo fatto nel 1922 fu sopraffatta dal fascismo.
"Se la democrazia non sarà in grado di risolvere i gravi problemi lasciati in eredità dalla dittatura - scriveva il 20 aprile 1946 Vittore Fiore sul Nuovo Risorgimento, al suo terzo anno di vita - una nuova passione totalitaria, più aberrante e rovinosa, rifletterà le contraddizioni sociali, politiche, psicologiche ed ambientali di una società delusa che non si è ancora completamente liberata dalle tare del passato".
Alle delusioni della società meridionale dopo la caduta del fascismo, ancora dominata dal trasformismo dei ceti egemoni, dal ricostituirsi del blocco agrario, dalla perdurante incapacità della sua classe dirigente di uscire dalla subordinazione dell'ascarismo, Vittore Fiore oppone la necessità di un profondo impegno civile degli intellettuali meridionali. Riprendendo il filo del discorso di Guido Dorso sul dovere delle élites meridionali (i cento uomini di ferro capaci di promuovere la spinta e la speranza di una effettiva rivoluzione meridionale), Vittore Fiore individua in un movimento d'avanguardia lo strumento di lotta e di partecipazione delle masse meridionali per la costruzione di una società più umana e più giusta.
Al centro della linea meridionalista di Vittore Fiore è la consapevolezza che il movimento d'avanguardia e di rinnovamento del Sud dovrà in primo luogo valorizzare l'autonomia degli enti locali: "nei municipi risiede il centro di effettive solidarietà popolari". L'azione politica di rinnovamento della società meridionale spetta innanzitutto ai partiti, la cui funzione dinamica e di guida politica delle masse popolari è stata troppo a lungo mortificata dalla dittatura fascista, dal compromesso istituzionale e dall'accentuarsi del trasformismo notabilare. Per battere il particolarismo, male antico del Mezzogiorno, l'idea meridionalistica di Vittore Fiore indica la strada di un profondo rinnovamento della società meridionale. Se fino ad ora - scriveva Guido Dorso nel 1946, commentando il Cristo si è fermato ad Eboli di Carlo Levi - il Mezzogiorno ha sopportato il suo stato e le sue reazioni collettive sono apparse più il frutto della disperazione che del calcolo politico, per Vittore Fiore la democrazia repubblicana nata dalla Resistenza dovrà assumere la questione meridionale come grande questione nazionale. Il suo Nuovo Risorgimento è il bollettino del Sud: il primo giornale meridionalistico che si pone l'obiettivo di uscire dal chiuso di un problema intellettuale (e, per molti versi, addirittura sentimentale) per entrare nel vivo delle singole situazioni concrete e delle loro prospettive di soluzione.
La più vasta e significativa mobilitazione di intellettuali e politici si stringe intorno a Vittore Fiore per dare vita, attraverso Il Nuovo Risorgimento-bollettino del Sud, alla battaglia civile del rinnovamento della società meridionale. Un rinnovamento che parte dalla consapevolezza che alla gente del Mezzogiorno, alla quale si è lasciato soltanto il senso oscuro di un peccato da scontare, si deve dare finalmente una possibilità di riscatto e di crescita.
Il meridionalismo della ragione, che riconosce il grande valore civile della lezione di Fortunato e Nitti, ma si impegna a tradurre in scelte politiche generali (la battaglia per la Repubblica nelle regioni meridionali dove trionfa la monarchia) e in soluzioni concrete (riforma agraria; lotta all'analfabetismo e alla disoccupazione; sviluppo economico e sociale legato all'industrializzazione) i nuovi termini della questione meridionale. Da Emilio Sereni a Manlio Rossi Doria, da Michele Abbate a Giovanni Pica, da Alberto Jacoviello a Ugo De Feo, da Tommaso Fiore a Ugo Vittorini e a Francesco Liuni, i nuovi termini della questione meridionale (il problema della distribuzione, la malaria, la disgregazione sociale, la disoccupazione) vengono affrontati nella consapevolezza che la trasformazione strutturale della vita pubblica meridionale dovrà spazzare via definitivamente il trasformismo.
La battaglia civile e politica per la Repubblica è il punto centrale dell'azione intellettuale e giornalistica di Vittore Fiore e del suo giornale: "esso raccoglie, scrive Vittore alla vigilia del 2 giugno 1946, attorno ad un largo comune programma, rappresentanti di diverse forze, tutte consapevoli della fondamentale importanza della questione meridionale". Consapevoli, per ciò stesso, che se per l'intero Paese la Repubblica è un'esigenza vitale, "per il Mezzogiorno è condizione indispensabile di vita e di rinnovamento civile e sociale".
Le grandi tensioni ideali, espressione di culture politiche diverse, trovano un valido e irripetibile punto di riferimento nel giornale di Vittore Fiore. E, perciò, se è possibile che il comunista Emilio Sereni riprenda e sviluppi l'intuizione di Antonio Gramsci sul Mezzogiorno come "grande disgregazione sociale", è altrettanto lecito che il liberale Michele Abbate rilanci l'invettiva crociana sulla inadeguatezza della classe dirigente meridionale. E' questo il significato di alto livello civile che il giornale di Vittore Fiore si impegna a tradurre sul terreno della lotta politica per il rinnovamento del Mezzogiorno. Una grande unione di energie intellettuali, di forze nuove al servizio della causa del Mezzogiorno.
A distanza di cinquant'anni, Il Nuovo Risorgimento-bollettino del Sud ritorna nelle librerie per il sensibile interessamento dell'ANIMI (autorevolmente presieduta dal seri. Michele Cifarelli, alla guida della benemerita associazione che ha avuto tra i suoi sostenitori Giustino Fortunato, Benedetto Croce, Umberto Zanotti Bianco, Manlio Rossi Doria) e per l'intelligente iniziativa editoriale del dottor Gianfranco Cosma della Palomar di Bari. La riedizione anastatica del Nuovo Risorgimento è un grande contributo al dibattito delle idee sul futuro del Mezzogiorno.
Dobbiamo cogliere il forte significato della nuova fatica di Vittore Fiore per riflettere sul rapporto tra intellettuali e politica, tra cultura e Mezzogiorno. A ben vedere è questa la più grande e attuale esigenza che discende dalla rilettura della lezione" di Vittore Fiore, del suo attivo e militante servizio nella trincea del meridionalismo. Del meridionalismo della ragione, che non si stanca mai di combattere contro l'intolleranza populistica, l'arroganza del potere, la vergogna del clientelismo eretto a sistema. In Fiore la passione civile, il dibattito intenso delle idee, l'impegno meridionalistico non hanno mai subìto attenuazioni nella incessante battaglia per promuovere, attraverso la funzione etico-civile di una nuova classe dirigente, il rinnovamento della società meridionale.
"Ciò che è mancato al Mezzogiorno è una classe dirigente che fosse veramente consapevole dei suoi doveri e delle esigenze del popolo che si trovava a rappresentare e indirizzare": così scriveva cinquant'anni fa Michele Abbate denunciando la manomorta intellettuale che gravava sul Mezzogiorno". A distanza di cinquant'anni, Vittore Fiore, con la sua rigorosa coscienza morale, la sua integra dignità civile, continua a sollecitare l'impegno di quanti sono consapevoli che il rinnovamento profondo della società meridionale resta tuttora una prospettiva da realizzare.


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