§ L'AUTORE E IL SUO LINGUAGGIO

L'IMMAGINE FOTOGRAFICA (II)




Franco Barbieri



La riflessione compiuta intorno all'immagine fotografica ci ha portati a riconoscere che essa, come espressione umana, è sintesi di emozioni, cioè di sentimenti, sempre presenti in tutti tempi e variabili solo con il nostro stato d'animo.
Quanti significati ha l'immagine fotografica per l'Uomo?
Nell'esperienza di ciascuno troviamo che l'immagine fotografica, innanzi tutto, alimenta il culto dei morti e il ricordo dei vivi, ammantando le cose e le persone dell'illusione dell'eternità, difendendole dall'erosione del tempo, cosicché la loro vita venga trasmessa da epoca a epoca, da generazione a generazione, da luogo a luogo, oltrepassando i limiti spazio-temporali, arricchendo la potenza del ricordo con emozioni di emozioni.
I volti amati, gli oggetti desiderati, gli scenari ammirati, gli avvenimenti brutti o belli, straordinari o intensi, tutti lontani o finiti, comunque assenti, riemergono a nuova vita, sentiti e vissuti come presenti; l'immagine fotografica è, allora, la presenza dell'assenza perché ciò che rappresenta (presenza) è, nello stesso tempo, lontano o passato (assenza).
L'immagine fotografica carica l'animo di passioni di odio e di amore, sino a sfociare in crisi ed estasi mistiche, può divenire elemento di rito magico, di adorazione e di possessione, come anche rito di scambio quando questo non interessa solo il passaggio delle immagini ma viene inteso come trasferimento delle individualità.
E' stupefacente come la magia chimica (luce che attraverso composti chimici impressiona la pellicola e la carta) può divenire oggetto di sortilegio o di fattura, maleficio della fascinazione, presenza magica ma anche reale, cioè, ancora, presenza dell'assenza.
Allora "prendere", come si dice, una fotografia è come impossessarsi dell'anima, costruire un amuleto o un feticcio, trasformare una presenza muta in reliquia.
Dice Morin: " ... la ricchezza della fotografia è tutto ciò che non c'è ma che noi proiettiamo e fissiamo in essa". Lo stesso Morin afferma: "La fotografia copre tutto il campo antropologico che parte dal ricordo per pervenire al fantasma, poiché essa attua l'unione delle qualità, a un tempo affini e differenti, dell'immagine mentale, del riflesso, dell'ombra".
L'immagine del reale, non tanto la visione delle cose ma la sua rappresentazione, si realizza nel riflesso, così come originariamente avveniva nel rimando delle forme dall'acqua e dallo specchio, nonché nell'ombra, o meglio, nella simultanea presenza di porzioni oscure (il pieno), misto di reale e di magico, e zone di luce (il vuoto), aeree e inconsistenti.
Il riflesso e l'ombra, quasi la fisicità dell'immagine, convivono con l'immagine mentale, cioè con la proiezione di tutti i sentimenti, le emozioni, le ambizioni, l'ubiquità, l'onnipotenza e la speranza-illusione dell'immortalità.
L'arte rafforza la potenza affettiva dell'immagine, accentua il fantastico latente che è nell'oggettività dell'immagine, mostra le qualità emozionanti della fotografia.
La fotografia è, dunque, il trasferimento dell'uomo, attraverso l'immagine mentale e l'immagine materiale, riflesso e ombra, nello sdoppiamento fotografico.

La mia Cina


Quando nell'estate del 1991 mia moglie, Ale, ed io decidemmo improvvisamente di compiere un viaggio in Cina, trascinati da simpatici amici, eravamo non poco preoccupati di doverci aggregare ad una comitiva da noi non scelta, in quanto formata dall'agenzia organizzatrice, contro la nostra abitudine di partire e girare da soli, come dei "fai da te" in barba agli slogan pubblicitari.
Ma durante il viaggio, quel viaggio, abbiamo dovuto ricrederci, poiché quanto pensavamo che sarebbe stato di vincolo alla nostra autonoma curiosità si rivelò, invece, utile e comodo e al vantaggio di una facilità di trasferimento per un percorso di migliaia di chilometri si accompagnò una sufficiente libertà di conoscenza.


Tutto ciò per spiegare che il contatto con la gente, i cinesi, fu così ricco e vario, e soprattutto libero, convertendo la nostra diffidenza, formata da quanto sentivamo in Italia a proposito, in una sincera simpatia e una profonda ammirazione.
In particolare, pensavo di trovare difficoltà alla mia passione fotografica ed invece ho potuto constatare una grande disponibilità, e molto spesso una divertita partecipazione, in tutte, nessuna esclusa nella mia esperienza, le persone, che ben presto mi si è comunicata.
Nel rivedere le quasi tremila foto scattate, ho ritrovato quel divertimento, quella disponibilità e partecipazione: ero stato contagiato!


Mi auguro che, come vado sostenendo, le immagini esprimano da sole, tra l'altro, la grande simpatia che ho nutrito per quella gente, particolarmente per i bambini, un sentimento che da allora mi ha sempre ispirato una struggente nostalgia ed un intenso desiderio di poter tornare in quel vasto grande Paese.


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