§ VENTESIMO SECOLO

L'ALTRA FACCIA DEL SOGNO AMERICANO




Carlo M. Cipolla



Una rivoluzione silenziosa ma profonda e dalle conseguenze imprevedibili sta trasformando gli Stati Uniti. Questi, si sa, sono sempre stati Paese di immigrazione.
Paradossalmente, ad onta della predilezione e preoccupazione dimostrate sempre da questo Paese per le statistiche e i servizi statistici, cifre sicure sul numero di coloro che nel corso degli ultimi duecento anni andarono a stanziarsi definitivamente negli Usa non sono disponibili. Già che per buona parte dell'Ottocento coloro che arrivavano a New York via mare in cabina di prima classe erano fatti passare attraverso il cordone di polizia di confine senza sottostare a pratiche di sorta. Passavano e basta: non venivano neppure contati. Ma dovevano essere ben pochi. La gran massa degli immigrati arrivava in terza classe e per costoro i controlli erano lunghi e severi. Il che peraltro ancora non comportò la comparsa di statistiche soddisfacenti. Il professor Stengers nel corso di una sua ricerca concluse che secondo i registri di residenza delle province belghe tra il 1906 e il 1913 emigrarono dal Belgio negli Stati Uniti 24.717 cittadini. Le statistiche americane denunciano invece per lo stesso periodo l'immigrazione di 53.279 cittadini belgi. Chi abbia ragione non si sa.
D'altra parte, le statistiche americane riguardano gli arrivi ed ignorano le partenze. Le cifre che ne derivano, quindi, si riferiscono all'immigrazione lorda e non a quella netta, cioè a dire non tengono conto di coloro che per una ragione o per l'altra decisero di ritornare al Paese natio. Infine, c'è il problema dell'immigrazione illegale, che come si vedrà in seguito assume oggi proporzioni molto consistenti.
Ad onta di tutti questi tranelli statistici, le idee sulla composizione etnica della popolazione immigrata negli Stati Uniti restano abbastanza chiare. Una prima lunga fase che va dalla fondazione delle colonie a circa la metà dell'Ottocento vide la netta prevalenza di immigrati di origine inglese e scozzese.
Nel primo censimento Usa del 1790 i cittadini americani di origine inglese rappresentavano da soli circa il 61 per cento della popolazione in tutti gli Stati, eccettuati il New Jersey e la Pennsylvania.
Con la metà dell'Ottocento la disastrosa carestia di patate in Irlanda e il fallimento della rivoluzione liberale in Germania favorirono l'immigrazione di irlandesi e tedeschi. Ma fu soprattutto verso il 1880 che si aprì una fase completamente nuova. Due circostanze vennero a coincidere e a spingere masse di contadini affamati verso gli Stati dell'Unione. Da un lato vi fu la crisi agricola che in Europa fu provocata paradossalmente proprio dall'afflusso di grano americano, afflusso facilitato dal completamento delle linee ferroviarie transcontinentali e dall'immissione di navi a vapore nelle flotte atlantiche. D'altro lato c'era il fatto che in vaste aree d'Europa la crisi agricola venne a coincidere con una fase di rapida espansione demografica, della cui natura e delle cui cause i demografi e gli storici stanno ancora discutendo.
Si aprì così, come si è detto, una seconda fase nella storia dell'immigrazione statunitense, una seconda fase caratterizzata questa volta dalla stragrande prevalenza tra gli immigrati di tedeschi, italiani, russi, polacchi e scandinavi. Gli americani di seconda e di terza generazione si spaventarono: vedevano e temevano la trasformazione etnica, religiosa e culturale del loro Paese. Così nel 1882 prese corpo una legislazione federale intesa a frenare l'immigrazione e nel 1921-24 fu istituito il sistema delle quote, in base al quale la massa degli immigranti non doveva discostarsi nella sua composizione etnica dalla composizione etnica della popolazione degli Stati Uniti.
Oggi si assiste allo schiudersi e allo sviluppo di una nuova fase caratterizzata dalla massiccia invasione degli Stati Uniti da parte degli Asiatici (soprattutto filippini, sud-coreani, indiani, vietnamiti) e dei Latino-americani chiamati generalmente "hispanics".
Mentre gli immigranti ufficiali dall'Europa diminuirono da 138 mila unità nel 1960 a 63 mila unità nel 1985, gli immigranti di origine asiatica aumentarono da 25 mila unità a 265.000 unità e gli hispanics da 66 mila a 2 10 mila unità. E queste sono le cifre ufficiali. Secondo l'esperto Brinley Thomas, ci sono oggi negli Stati Uniti più di 6 milioni di immigrati illegali, buona parte dei quali sono asiatici e soprattutto Latino-americani.
Al momento, i nuovi venuti affluiscono anche nell'area metropolitana di New York, ma in grande prevalenza tendono a concentrarsi sulla costa americana del Pacifico, in ispecie in California, ed in particolare nell'area metropolitana di Los Angeles. Tra gli immigrati ci sono bambini che vanno educati. Ci sono scuole medie inferiori a Los Angeles dove si insegna in una ventina di lingue, e trovare docenti che sappiano insegnare in molte di queste lingue esotiche non è ovviamente cosa facile.
Anche San Francisco non resta immune dal fenomeno, anche se in misura notevolmente inferiore che a Los Angeles. C'è un simpatico quartiere a San Francisco, chiamato North Beach. Era il quartiere tradizionalmente abitato dagli immigrati italiani. Passeggiando per le vie di questo quartiere ci si imbatteva nella salumeria "Molinari", nel caffè "Roma", nel ristorante "Stella d'Italia", nell'agenzia di viaggi "Fugazi", e così via. Oggi nel quartiere di North Beach questi nomi stanno scomparendo, e al loro posto si vedono sempre più frequenti le insegne al neon di ristoranti thailandesi, di negozi sudcoreani e filippini.
Che cosa significherà tutto questo nel lungo andare? Ovviamente, la risposta dipenderà dalla prosecuzione o meno dell'attuale flusso migratorio, ma anche dalla propensione di asiatici e latino-americani a lasciarsi acculturare nel "melting pot" statunitense e dalla recettività della cultura americana a valori e modi di vivere profondamente alieni. Per il momento, tutto è in stato di flusso e gli interrogativi di lungo periodo rimangono aperti. Sarà la storia a fornire la risposta.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000