§ TERZO MILLENNIO

UN FUTURO PER L'EUROPA




Zbigniew Brzezinski
Docente di Politica Internazionale - Ex consigliere del presidente Jimmy Carter



Oggi Clinton è costretto ad affrontare tre problemi importanti e collegati tra di loro, originati dalla fine della guerra fredda. Innanzitutto, quale dovrebbe essere il campo d'azione dell'Alleanza euro-atlantica. Poi, quale dovrebbe essere il ruolo della Germania all'interno dell'Europa e del dopo-guerra fredda. Infine, quali dovrebbero essere i rapporti dell'Europa e della Nato con la Federazione Russa. Se si vuole che il lungo impegno dell'America nei riguardi dell'Europa sia coronato dal successo è essenziale trovare una risposta a tutte e tre queste domande. La mancanza di una risposta decisa alla prima domanda potrebbe dare origine a incertezze nei confronti della seconda e, automaticamente, creare inquietanti prospettive per quanto riguarda la terza. Dunque, la risposta deve essere complessiva.
E' evidente che la sicurezza dell'America e quella dell'Europa sono collegate. Gli europei desiderano quasi unanimemente mantenere in vita l'alleanza euro-atlantica. Ma questo significa che tutte e due le parti devono definire che cosa oggi costituisce l'Europa e qual è il perimetro di sicurezza coperto dall'alleanza. Richiede anche che venga stabilito un rapporto più stretto fra Europa e Russia che faciliti il consolidamento di una Russia davvero democratica e affidabile. Nella vastità della sua portata questo programma ci spaventa, quanto quello che l'America ha dovuto affrontare alla fine degli anni '40. E' anche opportuno rammentare che la Nato non si è formata soltanto in risposta alla minaccia sovietica; la sua nascita è dovuta anche al riconoscimento del fatto che un sistema di sicurezza euro-atlantico stabile era indispensabile per assimilare nel sistema europeo una Germania in ricostruzione. Oggi, dopo la riunificazione tedesca e la liberazione dell'Europa centrale, l'attuale espansione dell'Europa - favorita da una Germania potente - richiede che si affronti risolutamente il problema dell'espansione della Nato. In alcuni casi questa espansione dovrebbe precedere l'allargamento dell'Europa; in altri, potrebbe essere successiva.
A mano a mano che l'Unione europea accoglierà nuovi membri, lo stesso avverrà per il suo organo di sicurezza, l'Unione dell'Europa Occidentale (Ueo). Questa ha già creato una speciale categoria di partners associati che include diversi Stati dell'Europa centrale. La loro adesione formale creerà ulteriori legami economici e interessi politici comuni inseparabili dalla dimensione della sicurezza. Dato che la maggior parte dei membri dell'UE fa parte della Nato, la neutralità dell'alleanza di fronte a un eventuale attacco nei confronti di un membro della Ueo diverrà inconcepibile. In pratica, il problema di allargare formalmente l'alleanza non può più essere evitato.
Se non viene affrontato, si accentueranno le tendenze disgreganti dell'alleanza euroatlantica che la tragedia bosniaca ha reso così evidenti. La vergognosa indecisione politica sia dell'amministrazione Bush che dell'amministrazione Clinton ha contribuito a creare all'interno della Nato coalizioni che hanno dato origine a divisioni, mettendo Gran Bretagna e Francia, appoggiate all'esterno dalla Russia, contro America e Germania. Il conflitto regionale in Bosnia rappresenta perciò una sfida immediata alla coesione politica dell'alleanza. L'assenza di un progetto a lungo termine per l'Europa potrebbe finire per privare l'alleanza della propria ragion d'essere.
Non è fare una critica faziosa dire che finora l'amministrazione Clinton non ha mostrato né una visione strategica né un chiaro senso della direzione in cui intende muoversi su una questione così rilevante per il futuro dell'Europa come l'allargamento della Nato. Di sicuro il presidente ha affermato che il problema non è più "se" la Nato sarà allargata, ma "quando e come". Il compito di un presidente, tuttavia, non è solo quello di definire le questioni, ma anche di fornire delle risposte. "Quando e come" sono precisamente le domande che richiedono una risposta.
L'ambiguità della politica americana è stata resa più evidente dal conflitto tra le posizioni dei principali consiglieri presidenziali. C'è stata una particolare confusione sul ruolo della partnership per la pace della Nato in un'eventuale alleanza allargata. I commenti dello stesso presidente hanno contribuito a creare questa confusione: "Ventuno nazioni sono entrate a far parte di questa associazione da quando l'abbiamo fondata, e si stanno già muovendo per realizzare il sogno di un'Europa unificata e pacifica". Significa allora che il Kazakstan e il Kirghisistan appartengono alla stessa categoria di Stati cui appartengono la Repubblica Ceca e l'Ungheria?
L'associazione intende garantire ugual sicurezza a tutti? Si tratta di una promessa di ammissione alla Nato per tutti oppure per nessuno? Se tutti sono eleggibili, allora, in pratica nessuno lo è. Giustamente, in proposito, è stato citato l'assioma di Federico il Grande: "Colui che vuole difendere tutto non difende nulla, e colui che vuole essere amico di tutti, alla fine non ha amici".
Occorre riconoscere che sia in Germania sia in Russia è in atto una delicata e complessa fase di ridefinizione nazionale. Non è un'offesa alla Germania - membro modello della democratica Comunità europea - far notare che dopo la riunificazione il Paese si trova di fronte alla scelta se diventare una Germania sempre più europea o cercare di realizzare un'Europa tedesca. La prima soluzione è molto più probabile nell'ambito di un'Unione europea allargata e in particolare di una Nato in più rapida espansione, con l'America profondamente impegnata a stabilire i termini di questa espansione. La seconda si rivelerebbe più probabile se la Nato si atrofizzasse e un'Europa centrale insicura, abbandonata a se stessa, divenisse di nuovo terreno di caccia per i suoi potenti vicini ad Est e ad Ovest. E' per questo motivo che la prossima fase della costruzione dell'Europa dovrà includere il deliberato incoraggiamento a una stretta collaborazione tra Germania e Polonia. L'Europa occidentale di oggi non sarebbe una realtà senza l'avvenuta riconciliazione tra Francia e Germania. L'Europa del dopo-guerra fredda non diventerà una vera "Europa" senza una profonda e ampia riconciliazione tra Germania e Polonia.
La ridefinizione in atto in Russia pone potenzialmente delle scelte ancora più drastiche. La democrazia tedesca non è in discussione, ma quella russa è, nella migliore delle ipotesi, tenue. Inoltre, l'impegno della Germania nei confronti dell'Occidente è consolidato; il rapporto della Russia con l'Occidente - e la sua stessa inclinazione a definirsi parte dell'Occidente - è incerto.
Fondamentalmente, la battaglia politica in corso all'interno del Paese è per stabilire se la Russia sarà uno Stato nazionale e sempre più europeo, o uno Stato decisamente euro-asiatico e pronto a ritentare la strada dell'imperialismo. Il dibattito si sta acuendo. Il vuoto lasciato dall'ideologia del socialismo reale non è stato ancora colmato. Tra le varie scuole di pensiero politico in lotta, gli "occidentalisti" o "europeisti" non stanno sicuramente guadagnando terreno. I leaders più eloquenti e politicamente affascinanti sembrano essere proprio quelli che sostengono che la Russia è destinata ad esercitare un dominio geopolitico sull'Eurasia, che è l'incarnazione di una precisa identità euro-asiatica, e che deve esercitare il suo ruolo di guida politica direttamente in Eurasia e indirettamente nell'Europa centrale. Il dibattito russo e il crescente successo degli euroasiatici segnalano l'urgenza storica di definire con maggiore precisione uno stabile rapporto politico e territoriale tra l'Europa, compreso il suo sistema di sicurezza euro-atlantica, e la Russia post-sovietica.
In Occidente, tra coloro che si oppongono all'espansione della Nato, alcuni hanno cominciato di recente a formulare fantasiose pre-condizioni per l'ammissione, richiedendo fra l'altro che le forze armate di qualsiasi aspirante membro debbano prima essere portate a livello di quelle dell'alleanza. Dato che nessun Paese dell'Europa centrale potrebbe permettersi una cosa del genere, la richiesta diventa una tattica ovvia per escluderli. In ogni caso, sarebbe necessario fare una distinzione fra criteri politici per l'ammissione di uno Stato in una comunità di alleati, e gli standard operativi e logistici per un'effettiva integrazione militare una volta che si sia entrati a far parte della comunità. I primi debbono preesistere all'ammissione, i secondi possono essere perseguiti nell'arco di qualche anno prima e dopo l'ammissione.
Sembra esistere un vasto consenso sul fatto che i criteri basilari per l'ammissione debbano includere uno stabile sistema democratico basato su un'economia di mercato funzionante; l'assenza di dispute territoriali o etniche; un evidente rispetto per i diritti delle minoranze nazionali; preferibilmente, una contiguità geografica con l'alleanza; un controllo dei civili sui militari, sostenuto da garanzie costituzionali; e la trasparenza in materia di bilanci e di politiche della difesa. L'articolazione esplicita di questi criteri di base non pregiudicherebbe né i tempi né l'ampiezza della futura espansione dell'alleanza. Chiarirebbe, tuttavia, la situazione esistente, rendendo più evidente quali Stati potrebbero aspirare all'ammissione e su per giù quali tempi occorrerebbero. I criteri servirebbero anche da stimolo per alcune auspicabili riforme interne degli aspiranti membri. Rafforzerebbero inoltre il nascente consenso sul fatto che, in un prevedibile futuro, soltanto quattro Paesi dell'Europa centrale - Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria e Slovacchia - verranno probabilmente presi in seria considerazione come possibili partners. E lascerebbero aperta la possibilità per gli altri, compresa in teoria la stessa Federazione Russa.
Si deve ammettere che l'espansione della Nato, anche se accompagnata da una risposta positiva alle preoccupazioni della Russia, creerà nuovi problemi. Il più importante dei quali riguarderà la posizione e la sicurezza degli Stati Baltici e dell'Ucraina.
Gli Stati Baltici sono fieramente indipendenti e desiderano entrare a far parte integrante dell'Europa. L'Ucraina al momento si definisce "neutrale": ha resistito alle pressioni russe perché si integrasse nel trattato di sicurezza della Confederazione di Stati Indipendenti (Csi) dominata da Mosca ed è l'unica ex repubblica sovietica ad avere un grande esercito nazionale. La Russia ha accettato a malincuore l'indipendenza delle Repubbliche Baltiche e ha acconsentito formalmente all'indipendenza dell'Ucraina, ma c'è una diffusa convinzione tra l'élite politica russa che prima o poi, in qualche modo, l'Ucraina dovrà tornare sotto il dominio del Cremlino. Data questa aspirazione, è importante che il trattato proposto fra Federazione russa e Nato non venga scambiato per un'accettazione dell'equivalenza tra Nato e Csi.
Il trattato, dunque, dovrebbe essere stipulato direttamente con la Russia. Le autorità russe vorrebbero una parità tra Nato e Csi perché questo favorirebbe i tentativi di Mosca di ricostituire la vecchia Unione Sovietica.
Gli Stati Baltici e l'Ucraina creano complicazioni politiche e psicologiche abbastanza diverse tra loro. La reazione dei Paesi del Baltico a un eventuale allargamento della Nato è abbastanza prevedibile: faranno di tutto per entrare a farvi parte. La loro eventuale ammissione dovrà essere presa in considerazione nell'ambito più ampio del contesto scandinavo. Comunque sia, gli Stati Baltici sono già in una posizione che per molti aspetti è quella assunta nel recente passato dalla Finlandia: sono formalmente neutrali, ma consapevoli delle forti simpatie dell'Occidente, a tal punto che qualsiasi aggressione contro di loro - soprattutto se desse origine a una resistenza - farebbe scoppiare una grave crisi internazionale. Entro la fine del secolo probabilmente gli Stati Baltici seguiranno l'esempio della Svezia e fors'anche della Finlandia ed entreranno a far parte dell'Ueo. Questo farà sì che, implicitamente, potranno godere anche della protezione della Nato. Fino a quel giorno il problema di una loro ammissione può essere rimandato, a meno che, per qualche ragione, la Russia assuma un atteggiamento apertamente minaccioso nei loro confronti.
Il problema ucraino è più delicato e imprevedibile. Se la Russia accetta la soluzione due binari (un trattato formale di cooperazione per la sicurezza globale e un nuovo meccanismo di speciali consultazioni per la sicurezza nell'ambito della Csce), è meno probabile che l'Ucraina faccia pressioni per entrare immediatamente nella Nato, soprattutto se, nel frattempo, i suoi rapporti con la Russia saranno diventati più stabili. Se la reazione russa all'allargamento dell'alleanza sarà invece ostile, l'Ucraina si troverà davanti a una scelta che creerà una frattura al suo interno.
La soluzione del problema ucraino non può essere rimandata. E' un Paese troppo grande, troppo importante, e la sua posizione è una questione troppo delicata sia per la Russia sia per l'Occidente. In un futuro imprecisato - ma forse nei primi anni del Duemila - sia l'Unione europea che la Nato dovranno rivedere la natura dei loro rapporti con la Russia e con l'Ucraina. Presumendo che a quel punto l'Unione europea e il suo organismo di sicurezza, l'Ueo, si saranno allargati fino a comprendere diversi Stati dell'Europa centrale (e forse anche i Paesi Baltici), sarà naturale e opportuno per l'Unione europea cominciare a prendere in considerazione la possibilità di legami più solidi con i suoi vicini dell'Est. Lo stesso varrà per la Nato, specialmente se nel frattempo l'Ucraina democraticamente consolidata ed economicamente riformata avrà con successo ampliato l'ambito della sua partecipazione alla partnership per la pace e soddisfatto i criteri stabiliti per l'ammissione a pieno titolo nell'alleanza.
E' certamente interesse della Russia stringere i legami con l'Europa, nonostante le complicazioni derivanti dalla sua geografia e dalla sua identità euro-asiatica. E, a lungo termine, è certamente interesse dell'Ucraina ridefinirsi gradualmente come Stato dell'Europa centrale. L'accordo proposto garantirebbe il necessario intervallo di tempo e l'indispensabile senso di sicurezza che permetterebbero alla Russia e all'Ucraina di trovare un equilibrio stabile fra stretta collaborazione economica e coesistenza politica separata, consentendo loro anche un avvicinamento all'Europa a mano a mano che l'Europa si avvicina.
La leadership americana, per potersi imporre, dovrà avere una visione a più lungo respiro del futuro dell'Europa, e quindi definire il rapporto tra America ed Europa alla luce degli obiettivi comuni di domani, non sulla base delle paure di ieri. L'Europa di oggi evoca ancora quella di Carlo Magno: è essenzialmente un'Europa occidentale.
Un'Europa che ha avuto a lungo bisogno della protezione americana e la cui unità è stata forgiata sotto l'ombrello protettivo della Nato. Ma nell'epoca del dopo-guerra fredda, l'ambito territoriale dell'Europa emergente fa pensare a qualche cosa di più vasto del Sacro Romano Impero. Entro il 2010, quell'Europa potrebbe anche comprendere alcuni Stati del sud (come la Romania, la Bulgaria e altri), che senza dubbio insisteranno per entrare a far parte dell'alleanza sulle orme dei loro vicini centro-europei. Ma, cosa ancora più importante, una Germania unita e potente può essere sempre più saldamente ancorata all'interno di quest'Europa più vasta se il sistema di sicurezza europea coincide appieno con quello americano.
Il passaggio dall'Europa di Carlo Magno del 1990 a quella più estesa del 2010 potrebbe gettare le basi - forse entro il 2020 - per quella che fu la visione di De Gaulle di un'Europa che si estendesse "fino agli Urali". In questo momento, nessuno può dire esattamente quale forma potrebbe prendere.
Né è possibile definire quali rapporti potrebbe avere con l'America. Ma, in un modo o nell'altro, sia l'America sia la Russia dovranno impegnarsi a instaurare rapporti di vera collaborazione con l'Unione europea per rendere possibile un'Europa estesa fino agli Urali. Evocare una tale visione è un incentivo a costruire un futuro che porterà veri vantaggi sia all'attuale sia alla prossima generazione di americani e di europei.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000