§ BASILEA E RIFIUTI

ORIGINI E OBIETTIVI DI UNA CONVENZIONE




C. Di Bartolomeo



Il 25 marzo si è chiusa a Ginevra, dopo cinque giorni di dibattito, la seconda riunione dei Paesi che aderiscono alla Convenzione di Basilea. Ne è emerso un risultato destinato a influire favorevolmente sul lento sviluppo economico dei Paesi del Terzo Mondo. Divieto assoluto delle esportazioni dei rifiuti tossici verso i Paesi poveri, siano essi destinati a fini di smaltimento o di riciclaggio: è stata questa l'importante decisione a cui sono giunti i 64 Paesi aderenti alla Convenzione, sorta con lo scopo di arginare il trasporto di rifiuti oltre frontiera.
Una risoluzione, quella adottata a Ginevra, che non ha precedenti sul piano internazionale poiché dispone il divieto (che entrerà in vigore dal dicembre 1997) per i Paesi "ricchi", meglio individuati come Paesi Ocse, di utilizzare il resto del mondo come propria discarica. Veleni, scorie, materiali non degradabili, tutte queste sostanze dovranno restare nel Paese di origine e non potranno più essere esportate sotto falso nome, nemmeno come risorse per un eventuale "riciclaggio".
All'appuntamento internazionale erano presenti i portavoce di tutti i Paesi, ma è stato soprattutto grazie all'insistenza del governo di Copenaghen che si è raggiunta una rapida intesa. Inutile dire che per Stati Uniti, Canada, Giappone e Australia la decisione "non era così urgente", potendo benissimo essere rimandata al prossimo summit, previsto per il 1996. Ma fortunatamente i G77 (i Paesi in via di sviluppo) questa volta l'hanno spuntata, anche se con un voto informale. Il potere delle lobby ha infatti impedito che si procedesse a votazione, attraverso la quale molti avrebbero manifestato il loro dissenso; e così, come frutto di un tacito accordo, la risoluzione è stata emanata sulla base del consenso generale.
Ma come si è arrivati a questo importante traguardo?
La Convenzione di Basilea fa il suo ingresso sulla scena internazionale nel dicembre 1992. La prima riunione ha luogo in Uruguay, lontano dai riflettori della stampa, ed è il risultato di oltre quattro anni di trattative. Bisogna infatti risalire all'88 per individuare le origini del fenomeno.
Sono gli anni in cui scoppia lo scandalo delle "navi dei veleni", una storia di neocolonialismo che esplode come una bomba sugli organi di informazione. Nei porti italiani arrivano inaspettatamente, suscitando sdegno e stupore nell'opinione pubblica, le navi "Zanoobia", "Karin B" e "Deepsea Carrier": riportano migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi esportati negli anni precedenti dal nostro Paese in Africa e Asia. E non si tratta solo di un caso italiano.
La portata del fenomeno e le conseguenze dannose di questa riprovevole consuetudine allarmano le Nazioni Unite. Così, nell'ambito dell'Unep (United Nations Environment Programme) e sotto la spinta dell'allora direttore, l'egiziano Mustafà Tolba, viene stipulata la convenzione di Basilea. Ma al bando totale si arriva per gradi. Nel primo incontro, in Uruguay, viene sancito il divieto di esportare rifiuti per il solo smaltimento. Adesso, dopo la decisione di Ginevra, dovranno essere predisposti gli strumenti di controllo per l'effettiva applicazione del divieto.
Anche l'Unione europea ha giocato un ruolo determinante nelle trattative, apponendo il sigillo della sua approvazione al bando nonostante l'opposizione del Regno Unito, della Francia e Germania.
Adesso, però, dovrà adeguare la sua normativa interna. Sul piano del diritto comunitario, infatti, esiste già una legge in tema di rifiuti. Si tratta del regolamento 253/93, che stabilisce il divieto di esportare rifiuti a fini di smaltimento verso i Paesi non-Ocse. Tuttavia, con un abile escamotage, autorizza l'esportazione di rifiuti a fine di recupero e riciclaggio in presenza di accordi bilaterali. Recentemente, poi, si è visto che l'arca di esportazione di queste sostanze si è allargata, comprendendo oltre al "Terzo Mondo" anche i paesi dell'Est, i quali, per uscire dalle difficoltà economiche conseguenti al crollo del comunismo, si sono rivelati disposti a stipulare qualsiasi tipo di "contratto".
In molti dunque, soprattutto tra gli ambientalisti, sollecitano un intervento della Commissione. Con un semplice emendamento, infatti, si potrebbe modificare il regolamento 253/93 affinché acquisti la stessa portata della risoluzione di Ginevra. In tal caso, già dai prossimi mesi i Paesi soggiacerebbero al divieto di esportare qualsiasi tipo di rifiuto.


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