§ UN ESEMPIO PER L'EUROPA

IL SOGNO AMERICANO NON SI ARRENDE




Paul Anthony Samuelson



Per molto tempo gli Stati Uniti sono stati considerati la terra dell'abbondanza. Se in America gli emigrati non hanno trovato le strade ricoperte d'oro, si può ben dire che nei secoli scorsi hanno trovato l'opportunità di acquisire un livello di vita superiore a quello che si erano lasciati alle spalle, non importa da dove venissero.
Ma l'America, oggi, è ancora un paese di Bengodi? Molti cominciano a dubitarlo. Due, in termini di pessimismo, sono i punti di vista che s'impongono e ciascuno di essi merita un'analisi spassionata.
Paul Kennedy, lo storico di Yale, scrive in una prospettiva storica. Roma -dice- un tempo ha dominato il mondo antico, ma l'era della sua supremazia si è infine dissolta.
Più tardi è toccato alla Spagna, grazie alle ricchezze del Nuovo Mondo, assurgere ad una posizione di supremazia militare, anch'essa destinata a dissolversi nel tempo. Lo stesso si può dire della grandeur di Luigi XIV e del potere conquistato dall'Olanda all'epoca d'oro dei suoi traffici commerciali. All'epoca in cui Disraeli incoronò Vittoria Regina e Imperatrice, la Gran Bretagna dominava i mari e le terre da questi lambite, tanto che il sole non avrebbe osato tramontare sull'Impero britannico.
Ma si sa come vadano a finire queste storie. Il Kaiser Guglielmo, alla svolta del secolo, aspirava a dominare il mondo dalla posizione di potere che Bismarck aveva creato per lui. La Germania ha superato se stessa, non una, ma due volte, e nel corso delle vicende ha coperto di rovine e di vergogna il suo stesso popolo.
Le ambizioni dell'Italia, invece, che non ha mai potuto contare sulla potenza economica necessaria alla conquista di un vasto impero, furono pregiudicate sin dall'inizio.
Quanto al Giappone, non appena si è aperto all'influenza occidentale, è penetrato in Cina e in Corea e ha sconfitto la flotta dello Zar nella guerra del 1905. La devastazione industriale e l'olocausto nucleare intervennero ad invertire l'orbita del Sole Nascente.
L'utopia leninista di una rivoluzione comunista internazionale guidata dall'Urss animò dapprima Stalin e in seguito Kruscev. Fu un progetto ambizioso, di cui l'Europa orientale paga ancora oggi le conseguenze.
Perchè - si chiedono gli studiosi delle scuole kennedyane e spengleriane -l'America dovrebbe essere diversa? La sua egemonia - sostengono - ha già imboccato l'inevitabile declino. Nella veste di economista, sento il dovere di analizzare quella parte di questo scenario da Gotterdammerung che si riferisce alla capacità economica degli Stati Uniti e alle relative prestazioni.
Il secondo punto di vista relativo al declino americano impone una domanda precisa:
Specchio, specchio delle mie brame, chi di noi ha il reddito nazionale pro-capitale più alto? La Svizzera? La Germania? La Svezia? E' vero che questi Paesi hanno superato il livello di reddito reale pro-capite degli Stati Uniti, come ama ripetere Lester Thurow, mio collega del Mit, rifacendosi alle relazioni della Banca Mondiale?
A seguito di un'analisi accurata, desidero esporre un quadro dissenziente di quella che è la situazione di fatto.
1) La Banca Mondiale fornisce valutazioni che non hanno fondamento scientifico. Quando, tra il 1985 e il 1988, il dollaro si è svalutato di circa il cinquanta per cento, ha gonfiato in modo assurdo le cifre della Germania (allora dell'Ovest) e della Svizzera in base ai dati dei tassi di cambio, correggendo in maniera grossolanamente inadeguata i prezzi che i tedeschi dovevano pagare al momento di spendere i loro redditi in marchi.
Quando le Nazioni Unite e la Banca Mondiale hanno affidato a un gruppo dell'Università di Pennsylvania il compito di verificare i calcoli, è saltato fuori che negli Stati Uniti i redditi reali pro-capite erano ancora superiori a quelli europei di oltre il dieci per cento.
2) Non è mai accaduto che la bandiera americana abbia piegato ai suoi voleri il mondo intero.
Nel 1945, vale a dire alla fine della guerra, gli Stati Uniti disponevano di circa il cinquanta per cento del Prodotto interno lordo globale, come conseguenza momentanea delle devastazioni operate dalla guerra in Europa e in Asia. Dopo di allora, la quota americana in termini di produzione complessiva mondiale è scesa al quaranta per cento, al trenta per cento, e, dal 1989, a circa il venticinque per cento Oggi è ancora più bassa. Consideriamo che siamo poco più del cinque per cento della popolazione planetaria: dunque, la cifra può ancora considerarsi confortevole.
3) A Kennedy e a Spengler concedo quanto segue: i Talleyrand, i Metternich e i Kissinger che inseguono strategie politiche debbono arrendersi all'evidenza di questa semplice verità aritmetica: una potenza mondiale con un reddito globale pari al venti per cento non può aspirare a quelle azioni unilaterali che sarebbero possibili ad una che disponesse del quaranta per cento del totale.
A titolo di patriota americano e di cittadino del mondo, tengo a sottolineare quanto sia confortevole il fatto che le due grandi potenze non siano nella possibilità di esercitare il comando per quanto riguarda le pluralità preponderanti delle risorse del pianeta.
Sono convinto che l'umanità dormirà sonni più tranquilli e farà sogni più piacevoli quando le grandi differenze tra chi è molto ricco e chi è molto povero saranno state spazzate via dalle forze della concorrenza di mercato e da decisioni strategiche di lungo periodo.


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