§ Per la Comunità Economica Europea

La moneta unica obiettivo da difendere




Stanley Fisher



Gli europei piangono la morte del sistema monetario, inteso come simbolo di una Europa unita. A dire il vero, c'è ancora chi rifiuta di ammettere che ciò sia avvenuto.
In realtà, lo Sme aveva perso ogni contatto con le esigenze sempre più pressanti dell'Europa. La sua fine è stata motivo di sollievo per i programmatori politici d'Europa; a breve termine, li ha resi liberi di affrontare la grave recessione che riguardava buona parte della Comunità; a lungo termine, invece, ha consentito loro di elaborare un sistema migliore.
La morte dello Sme è stata causata dall'incompatibilità tra la necessità della Bundesbank di combattere l'inflazione attraverso alti tassi di interesse e il progressivo processo di ribasso di tassi in Francia, Spagna, Belgio e Danimarca. Lo Sme era però gravemente indebolito dalla perdita di flessibilità dei tassi di cambio, che durava dal 1987. Si sarebbe potuto evitare questa crisi, se gli altri membri aderenti al sistema avessero detto sì nel 1991 alla proposta avanzata dalla Germania di rivalutare il marco. La Francia respinse allora la proposta tedesca, in quanto avrebbe determinato la svalutazione del franco rispetto al marco, mentre invece Parigi era decisa a dimostrare che la propria moneta non era meno forte delle altre divise europee.
Lo Sme senza l'Italia e la Gran Bretagna avrebbe potuto sopravvivere solo se la Bundesbank avesse abbassato rapidamente i propri tassi d'interesse. La recessione tedesca sarà inutilmente lunga e profonda, e il prolungarsi degli alti tassi di interesse avrà un minimo effetto sul tasso d'inflazione che la Germania si ritroverà nel 1995, dopo la recessione.
La Germania avrebbe dovuto abbassare i tassi, a maggior ragione, in un'ottica di economia europea. Ma la Bundesbank è obbligata per legge a proteggere il marco, mentre non è tenuta a preoccuparsi dell'Europa. Essa ha fatto ciò che riteneva di dover fare, e il sistema dei tassi di cambio fissi non è stato in grado di sopportare il carico.
Questo ci porta a considerare due problemi fondamentali: primo, si sarebbe dovuto applicare una maggiore flessibilità dei tassi di cambio nella fase più delicata verso l'unione monetaria europea; secondo, la politica monetaria in Europa dovrà trovare un punto di equilibrio tra le esigenze dei diversi Paesi.
Gli ambienti ufficiali europei incolpano della morte del sistema gli speculatori anglo-americani. Non hanno del tutto torto: se allora gli speculatori, gli operatori di Borsa e gli investitori non avessero immesso sul mercato enormi flussi di capitali, i dirigenti dell'economia europea avrebbero potuto proseguire con le loro politiche. Ma nell'attribuire la colpa agli anglo-americani si commette un grave errore: qualsiasi investitore di buon senso sapeva ciò che stava per accadere e come affrontare la situazione.
Cos'è che ha fatto cambiare idea agli economisti, come me, che caldeggiavano lo Sme e una possibile unione monetaria? Lo Sme aveva un significato sotto due punti di vista: rappresentava un passo avanti verso una Europa unita e un meccanismo che avrebbe potuto contribuire a ridurre l'inflazione nel continente, legando la politica monetaria al marco. Il principio che un'unica moneta possa costituire un blocco nella costruzione dell'Europa ha ancora senso, ed in effetti lo Sme ha contribuito ad abbassare il tasso d'inflazione europeo. Ma una volta chiarito che gli europei si aspettavano che i tassi di cambio rimanessero fissi già in questa fase del percorso verso l'unione monetaria, e che la Bundesbank non intendeva assolutamente agire negli interessi dell'Europa, il sistema si è rivelato di impedimento ad una politica razionale.
La Germania può ora combattere l'inflazione, ed è ciò che sta facendo. La Francia si trova libera di combattere la recessione, portando gli interessi a breve termine a livello giapponese ed americano La Francia si trova avvantaggiata rispetto al resto d'Europa nel percorrere questa strada: il livello di inflazione è basso, le finanze pubbliche sono solide e il mercato azionario è in decisa salita.
La Spagna dovrà affrontare problemi più gravi. Con un tasso di disoccupazione superiore al 20 per cento e tuttora in crescita, con l'inflazione sempre sopra il 5 per cento, con un deficit di bilancio eccessivo, non esistono soluzioni che siano semplici.
Il miracolo spagnolo è finito, e la Spagna deve affrontare i problemi di ordine strutturale sia nell'ambito del mercato del lavoro sia in quello del bilancio, proprio come ha dovuto fare l'Italia.
In tutta Europa i governi possono abbassare i tassi di interesse, lo può fare anche il governo tedesco. Se decidessero di farlo all'unisono, i rispettivi tassi di cambio non ne risentirebbero eccessivamente, pur subendo una svalutazione rispetto allo yen e al dollaro. Ciò favorirebbe le esportazioni europee nel resto del mondo. Tuttavia, il motivo principale per cui i tassi vanno ancora abbassati è quello di rivitalizzare la domanda interna. Non potendo assolutamente attuare una politica fiscale espansionistica nella maggior parte dei Paesi a causa di eccessivi deficit di bilancio, come si è verificato negli Stati Uniti nella recente fase recessiva, per perseguire la crescita economica non resta che ricorrere alla politica monetaria.
Può funzionare: chiedetelo all'Italia e all'Inghilterra.
Rimane da risolvere il grave problema della crescita a lungo termine dell'Europa, sempre più esclusa dai mercati mondiali a causa dei suoi prezzi. Persino gli efficientissimi produttori tedeschi non ce la fanno più a sostenere l'elevato costo del lavoro rimanendo competitivi. L'Europa non può continuare ad apportare miglioramenti sul piano lavorativo e sociale senza tener conto del fattore prioritario rappresentato dal potenziale di crescita delle proprie economie.
I mercati del lavoro debbono acquisire una maggiore flessibilità e le normative vanno semplificate. Jacques Delors ha certamente ragione quando pone il problema occupazionale europeo al primo posto in agenda: gli europei dovranno riflettere su varie opzioni con grande apertura mentale.
L'Unione monetaria europea rimane sempre ancora un traguardo per cui valga la pena battersi, soprattutto per motivi politici. Il perseguimento di un'Europa più unita va favorito da chiunque abbia familiarità con la storia europea; un'unica moneta cementerebbe prima o poi tale unione.
Sotto il profilo economico, un'unica moneta contribuirebbe a realizzare appieno il mercato unico. Ma una moneta unica può comportare dei costi che possono essere contenuti provvedendo ad una compensazione di ordine fiscale tra i Paesi membri e attraverso una maggior flessibilità nei flussi di manodopera e di capitali entro i confini europei. Tutto ciò appare però ancora lontano. Tutto ciò si potrà e si dovrà fare, ma ci vorrà ben oltre il volgere del secolo.


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