§ Carlo Broschi di Andria

Il Farinelli, ovvero del governar cantando




Sergio Bello



La storia, spesso si dice, la fanno le donne. E quando si asserisce ciò, di solito non ci si riferisce alle donne che agiscono in prima persona, alle Giovanna d'Arco, alle Maria Teresa d'Asburgo, ma si pensa, al contrario, a quelle donne che operando all'ombra dei potenti, o in virtù di una spiccata intelligenza, o grazie all'ascendente promanato dal proprio fascino orientano le scelte di uomini di governo e uomini d'armi, a volte con conseguenze di portata immensa.
Fin qui, nulla di nuovo. Ma che dire se la storia, invece che da una donna, fosse fatta da un castrato?
Carlo Broschi di Andria, meglio noto come "Il Farinelli" a memento del suo primo maestro - il Farinello, appunto -, poteva certo dirsi una 'primadonna': idolatrato da ognuno, ambito da ogni corte, era noto in tutta Europa non solo per le sue indiscutibili doti tecniche ed interpretative, ma anche per l'altrettanto indiscutibile capacità - o meglio, abilità - di intessere rapporti personali, tanto da diventare amico dei più importanti personaggi dell'ambiente musicale settecentesco.
Legatissimo fu, ad esempio, a Metastasio: esordirono insieme a Napoli nel 1720 con la serenata Angelica a Medoro, e rimasero amici, nel corso delle egualmente brillanti carriere, fino al comune anno della morte, il 1782.
La sua musicalità e padronanza tecnica fu ammirata senza riserve da padre Martini, forse la più forte personalità musicale dell'epoca.
Da Farinelli fece tappa il giovane Mozart nel corso del primo dei suoi tre viaggi in Italia.
E di lui tanto scrisse Charles Burney, preziosissimo testimone della realtà musicale dell'Europa del Settecento, raccontandoci fatti così straordinari sul suo conto da indurre gli studiosi ad una lettura degli scritti di Burney relativi al cantante più propensa ad una interpretazione aneddotica, malgrado le ampie prove raccolte per altri versi circa l'obiettività e l'attendibilità del cosmopolita viaggiatore inglese.
Tuttavia le capacità di questo colto e sensibile cantante trovarono massima espressione nei suoi rapporti con la corte di Spagna.
Non è un fatto nuovo che un musicista si leghi ad una corte - evento anzi auspicato dalla maggior parte degli artisti del tempo - e né che il legame diventi tanto saldo da far assurgere il fortunato ed abile artista al ruolo di amministratore e controllore degli eventi musicali di corte. Circa un secolo prima, anzi, il fiorentino Giovan Battista Lulli, giunto a Parigi al Seguito della principessa d'Orleans in qualità di conversatore, riuscì, sotto il regno di Luis XIV, non solo ad assumere la carica di compositore della musica strumentale del Re - dopo una gavetta tratteggiata da incarichi di danzatore, mimo e strumentista -, ma addirittura ad ottenere un "privilegio" - ossia un vero e proprio monopolio - per cui nessuno poteva, per legge, eseguire musiche senza il suo consenso.
Tuttavia era molto più raro che un musicista fosse direttamente chiamato in causa nelle scelte politiche di una nazione; e tanto più strano appare questo evento se pensiamo al ruolo sociale che in genere assumevano i musicisti nelle corti: la non appartenenza al mondo nobiliare, la stessa pratica musicale considerata alla stessa stregua di un lavoro artigianale - quando non fosse praticata da un nobile per puro diletto -, relegavano gli artisti in una sorta di limbo tra mondo aristocratico e servitù.
L'ambiguità dei rapporti tra nobiltà ed artisti rappresentò una costante, ad esempio, nella vita di Wolfgang Amadeus Mozart: trattato alla pari nel corso delle esecuzioni delle proprie musiche da lui stesso dirette a Monaco ed a Praga dalla nobiltà locale, questo geniale e sensibile compositore fu invece aggregato alla servitù di più umile rango quando, essendo al seguito del principe arcivescovo di Salisburgo, Hyeronimus Colloredo, in occasione dell'incoronazione del successore dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria, fu fatto accomodare a tavola in un posto a cavallo tra i camerieri ed i cuochi.
E se pure è vero che simili situazioni sarebbero divenute sempre più rare, essendo in una fase di mutamento il ruolo del musicista, sempre più distante dal polo di convergenza costituito dal mecenate, come dimostra la stessa violenta reazione che ebbe Mozart a seguito dell'accennata umiliazione, e come avrebbe ancora meglio dimostrato più avanti lo spirito fiero e libero di Ludwig Van Beethoven, bisogna ricordare che il Farinelli apparteneva a pieno titolo alle generazioni precedenti a quella di Mozart, e doveva dunque essere saldamente legato ai ben determinati e difficilmente frangibili schemi di corte.
Di più: la monarchia spagnola non subì i traumi che invece patirono le monarchie dell'Europa centrale, prova ne sia il fatto che, pur se di natura diversa, la monarchia è tuttora Una realtà in Spagna. Se oggi si parla di musicisti quale Narciso Yepes come di un "musicista di corte", alludendo alla posizione di privilegio di cui gode nell'ambito della Famiglia Reale spagnola, è perché - evidentemente - certi criteri che governano la vita di palazzo in Spagna non sono mai venuti meno.
Malgrado ciò nessuno si sentirebbe di asserire che Yepes abbia voce in capitolo nelle decisioni politiche del Re, figura istituzionale oggi ben lontana dall'essere politicamente influente come lo era nel corso del XVIII secolo, e dunque stretta da responsabilità decisamente minori, responsabilità d'etichetta più che di governo.
E dunque, retrospettivamente, appare ancora più stupefacente il ruolo che Carlo Broschi è riuscito a ricoprire presso la corte di Filippo V prima e presso la corte di Ferdinando VI poi.
Il primo contatto tra Farinelli e la corte spagnola risale al 1773. Il cantante si era appena trasferito a Parigi, dopo essere stato per tre anni a Londra su invito del Porpora, impegnato - al fianco del Senesino e della Cuzzoni - nella contesa che vedeva contrapposti lo stesso Porpora ed Händel.
A quanto pare, più che le doti tecniche, fu la ricerca interpretativa condotta da Farinelli nella direzione della densità espressiva - ricerca in lui stimolata, a detta di Charles Burney, dai consigli di Carlo V - che colpì la Corte di Spagna, spingendola ad invitare il castrato a trasferirsi in pianta stabile a Madrid.
Nel corso dei ventidue anni della permanenza di Carlo Broschi nella splendida capitale ispanica, questi si destreggerà come cantante, impresario e scenografo; sarà quindi nominato da Filippo V, che per lui nutriva una vera e propria venerazione, Direttore dei Reali Teatri, mentre, essendo entrato nelle grazie di Barbara di Portogallo, consorte del successore di Filippo V, re Ferdinando VI, verrà da quest'ultimo insignito del titolo di Cavaliere dell'Ordine di Calatrava, onorificenza riservata ai nobili, e confortata da Lino stipendio annuo ammontante alla non indifferente cifra di 50.000 franchi.
E, come detto, parallelamente a questa attività a lui senz'altro confacentesi, il Farinelli si prodigava nel consigliare il regnante di turno, muovendolo ad iniziative filo-francesi ed anti-inglesi.
L'immenso ascendente che vantava sui reali può facilmente dedursi da un piccolo ma singolare episodio, accaduto solo due anni dopo il suo insediamento a Madrid: forse per garantire un posto sicuro al fratello Riccardo, che da poco aveva dovuto lasciare la carica di compositore di corte presso il duca Alexander von Württenberg a Stoccarda a causa della morte di questi, e che senza successo tentava di trovare una sistemazione a Napoli, Farinelli riuscì a fargli ottenere da Ferdinando VI l'ambito titolo di 'Familiare' del re e la carica - alquanto insolita, se non del tutto inadatta ad un compositore - di Commissario della Guerra e della Marina spagnola.
Ma una luce ancora più viva viene gettata sulla figura di questo particolarissimo personaggio dallo stesso motivo che lo costrinse ad abbandonare Madrid.
Con la morte di Ferdinando VI fu il vicerè di Napoli, Carlo di Borbone, a prenderne il posto col nome di Carlo III; e come sempre accade in questi casi, il nuovo regnante volle farsi un'idea degli uomini che frequentavano la corte.
A proposito del nostro cantante, fu determinante la testimonianza del ministro napoletano Tanucci, che scrisse: "Non è cosa che più disanimi gli onorati ministri di un sovrano che queste figure inferiori le quali, non essendo obbligate a rispondere della condotta del governo, di governo clandestinamente parlano e di affari. Muovono il sovrano, del quale non può il ministro far querela".
Carlo III dovette pensare che di consiglieri ne aveva già abbastanza, sebbene forse non altrettanto dotati di estro artistico.
Tant'è che dimostrò più amore per l'arte del ben governare che per l'arte del ben cantare, ed a Farinelli non restò che far ritorno in Italia.


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