§ Elettrodo Italia - Grecia

Considerazioni inopportune?




Maria Rosaria Pascali



L'Enel e la PPC (Public Power Corporation), ossia l'ente greco per l'energia elettrica, hanno previsto un'opera di interconnessione dei rispettivi sistemi elettrici. Il progetto si sostanzia nella creazione di un elettrodotto in corrente continua con tensione nominale di +/- 400 KV e potenza nominale di 500 KW, destinato a collegare i due Paesi attraverso il Canale di Otranto. Sono 14 i Comuni interessati dal tracciato: Galatina, Galatone, Sannicola, Neviano, Tuglie, Collepasso, Cutrofiano, Scorrano, Botrugno, Sanarica, Poggiardo, Minervino di Lecce, S. Cesarea Terme e Otranto.
Più in dettaglio, si tratta di una infrastruttura ad assetto monopolare, suscettibile di diventare bipolare attraverso l'utilizzazione degli stessi sostegni previsti per il primo assetto. La linea corre in un tratto aereo di circa 45 km. da Galatina, dove è prevista la stazione di conversione da corrente alternata a continua, fino alla località Masseria Piccina, nel Comune di Santa Cesarea Terme. L'interconnessione prosegue in tratto interrato lungo strade pubbliche sino alle vicinanze di Porto Badisco. Da qui il condotto corre insabbiato nel fondale marino per circa 160 km. fino alla sponda greca di Aetos; continua in via aerea per circa 110 km. fino alla stazione di Arachthos, in Epiro, da cui si diramano, dopo la trasformazione da corrente continua in alternata, due elettrodotti a 380 KV.
Per la realizzazione del progetto è previsto un ampliamento della stazione di Galatina di circa 17.000 mq. al fine di ospitare le apparecchiature elettriche, ossia i trasformatori e i filtri, l'edificio valvole contenente il convertitore, i sezionatori e le sbarre, l'edificio controllo tutte le apparecchiature ausiliarie, un fabbricato adibito a magazzino e una struttura porta antenne alta 60 metri. I sostegni previsti per il tratto aereo sono del tipo troncopiramidale con un'altezza media di 36 metri e con altezza minima dei conduttori dal terreno pari a 13 metri. La campata media, ossia la distanza media tra due sostegni è di 400 metri. L'area di base di ogni sostegno dipende dalla sua altezza. Per un traliccio di altezza media, 36 m., detta superficie è di circa 36 mq. In ogni caso, l'arca effettivamente occupata si riduce ai quattro plinti di calcestruzzo, del diametro di 0,8 m., posti ai quattro angoli del quadrato di base.
Da Porto Badisco il cavo si dirige verso Est mantenendosi sulla piattaforma continentale. A 24 km dalla costa, scende poi alla profondità di 150 metri, mentre raggiunge la profondità massima di 1000 metri a circa 65 km dalla stessa. Per evitare incidenti o interferenze con attrezzi da pesca o ancore, il cavo, il cui diametro esterno è di circa 120 mm., verrà insabbiato sino a 1,5 metri per tratti di mare la cui profondità non supera i 5 metri e di 60 cm. per profondità superiori. La lunghezza del collegamento è di circa 160 km.
La trasmissione della corrente avviene, oltre che con il cavo sottomarino, con due elettrodi di cui uno funziona da anodo in Grecia e l'altro da catodo in Italia.
Quest'ultimo è situato in un braccio di mare a Nord di Porto Badisco, al largo di Capo d'Otranto, ed è costituito da un conduttore
in rame a nudo, ossia a diretto contatto con l'acqua di mare, diviso in due elementi, ciascuno lungo 300 metri, ancorati con strutture in cemento e sacchi di sabbia a 0,5-1 metro dal fondo marino e collegati al cavo sottomarino.
Sulle conseguenze delle onde elettromagnetiche sull'ecosistema marino l'Enel non si pronuncia, non essendovi obbligata dalla legge.
L'opera, secondo la stima dell'Enel, verrà a costare circa 600 miliardi di lire.

Quadro di riferimento normativo
La costruzione e l'esercizio degli elettrodotti richiedono il rilascio di una specifica autorizzazione da parte del Ministero dei Lavori Pubblici. E' necessaria altresì la specifica approvazione regionale ai fini paesaggistici ed ambientali, alla quale si perviene attraverso la "Direzione Generale Difesa del Suolo". Essa provvede anche all'esame di merito e al successivo inoltro del progetto al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici prima della pronuncia del Decreto di Autorizzazione Ministeriale.
Inoltre, la CEE dal 1985 ha inserito gli elettrodotti tra le opere di rilevante impatto da sottoporre alla V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale). Tale normativa è stata recepita in Italia con la legge n. 9 del 9 gennaio 1991, che estendeva l'obbligo della Valutazione d'Impatto Ambientale a tutti gli elettrodotti ad alta tensione. Il disposto della suddetta legge è stato invece disatteso con il D.P.R. 27/4/92 che esclude forzosamente dalla procedura gli elettrodotti a 150 KV. In Francia, in forza dell'accordo stipulato dal governo francese e l'EDF (ente elettrico nazionale), la V.I.A. si applica fino a 60 KV.

R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775
Disciplina, fra l'altro, la costituzione coattiva delle servitù di elettrodotto, contro pagamento dell'indennizzo, e detta limiti e distanze da fabbricati, cortili, ecc.

D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616
Rappresenta, insieme al DPR 11/72, il testo fondamentale sulle competenze amministrative e legislative trasferite alle Regioni. Per quanto riguarda la scelta dei siti e del tracciato degli elettrodotti e degli impianti elettrici di potenza, costituenti opere pubbliche di interesse nazionale, esso prevede una procedura consensuale: l'intesa Stato / Regione, preceduta dal parere obbligatorio dei Comuni interessati (ex art. 81).

Ministero dei Lavori Pubblici, D.M. 21 marzo 1988
Detta norme tecniche per le fasi di progettazione, esecuzione ed esercizio delle linee aeree esterne, senza dire nulla riguardo la tutela dai campi elettromagnetici.

Legge 9 gennaio 1991, n. 9
Recepisce la Direttiva CEE del 27 giugno 1985, n. 86/337 sull'impatto ambientale, per cui anche gli elettrodotti vengono inseriti tra le opere di rilevante impatto ambientale da sottoporre alla V.I.A. (art. 2, co. 2).
Contiene norme per l'attuazione del nuovo Piano Energetico nazionale. All'art. 1, delega il governo ad emanare nuove norme regolamentari al fine di disciplinare, fra l'altro, le procedure di automatizzazione alla costruzione di elettrodotti. Sempre secondo l'art. 1 (Co. 2, lett. b), tali norme dovranno contenere una sorta di autorizzazione in sanatoria per i progetti pregressi mentre, per i progetti futuri, meccanismi di silenzio-assenso o, in caso di pareri negativi, procedure di autorizzazione in deroga (Co. 2, lett. d ed e).

Ministero Lavori Pubblici, Decreto Ministeriale 16 gennaio 1991
L'ordinamento riconosce per la prima volta i possibili effetti negativi dei campi elettromagnetici sulla salute umana e stabilisce che i conduttori debbono avere in ogni loro punto distanze dal terreno o dalle case non inferiori a determinati valori, calcolati in base all'altezza delle linee e alla differenza di potenziale.

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992
Stabilisce, all'art. 1, i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici generati alla frequenza di 50 Hz negli ambienti esterno ed abitativo.
All'art.3, modifica le distanze di rispetto tra i fabbricati e le linee aeree esterne degli elettrodotti stabilite dal DM 16/1/1991. Vedremo in seguito come sia i limiti sia le distanze indicati nel provvedimento siano giudicati insufficienti da ricercatori ed epidemiologi a tutelare dai rischi per la salute derivanti dall'esposizione prolungata ai campi elettromagnetici.
All'art. 7, infine, definisce le procedure e i termini per il risanamento delle linee esistenti. Il decreto prevede di risanare le situazioni a rischio entro l'anno 2004 con soli 28 metri dal 350 KV.

Decreto Presidente della Repubblica 27 aprile 1992
Numerosi i dubbi sulla legittimità costituzionale di questo decreto che, anziché attuare, viola la legge ordinaria (9/91). Esso infatti detta norme tecniche per la redazione degli studi di compatibilità ambientale relativi agli elettrodotti aerei esterni con tensione superiore a 150 KV e lunghezza maggiore di 15 km. Mentre la legge n. 9 del 1991, all'art. 2, co. 2, si riferisce agli "elettrodotti ad alta tensione", senza quindi fissare alcun limite quantitativo di tensione e di chilometraggio.

Campi elettromagnetici: gli effetti sulla salute
Il passaggio di corrente in un conduttore produce al suo intorno un campo elettromagnetico che può configurarsi come una radiazione emessa dai conduttori e derivante dall'azione combinata del campo elettrico e del campo magnetico. Il campo elettrico è dovuto alla presenza di conduttori in tensione (unità di misura è il volt al metro, V/m). Il campo magnetico è invece dovuto al passaggio di corrente nel conduttore (unità di misura il Tesla, T). Mentre il campo elettrico si può attenuare con apposite schermature, il campo magnetico può essere attenuato solo allontanandosi dai conduttori o avvicinando i conduttori attivi, come i cavi. In genere si può dire che per l'attenuazione di queste radiazioni è fondamentale la vicinanza fra i conduttori, che rende minima la zona di influenza nel loro interno. La diffusione è massima negli elettrodotti, poiché interessa un'area di 100 m.
Anche gli elettrodomestici producono campi elettromagnetici di intensità paragonabile a quella indotta su un uomo sotto un elettrodotto. Solo che, nel primo caso, il tempo di esposizione si limita ad alcuni minuti al giorno; mentre nel caso degli elettrodotti, l'uomo subisce le radiazioni elettromagnetiche anche 24 ore su 24.
Abbiamo detto che sia i limiti sia le distanze previsti nel Decreto del 23/4/1992 sono stati considerati insufficienti da ricercatori ed epidemiologi, soprattutto in riferimento agli effetti cancerogeni e genetici a lungo termine.
Numerose indagini epidemiologiche e studi sperimentali hanno infatti evidenziato l'aumento dell'incidenza di alcune forme tumorali in soggetti più esposti, per il fatto di essere residenti in prossimità di linee elettriche ad alta tensione o perché impiegati in particolare attività lavorativa.
Il divario tra i livelli di esposizione stabiliti dal decreto e quelli indicati da studiosi e ricercatori è notevole, tanto più che per la determinazione dei primi si è fatto riferimento alle linee guida emanate dall'Irpa (International Radiation Protection Association), le quali guardano essenzialmente agli effetti tossici immediati e non, appunto, a quelli a lungo termine derivanti da un'esposizione prolungata nel tempo. Si passa così dallo 0,1 mT (millitesla), equivalente a 100 microtesla, per i campi magnetici previsti dal decreto, allo 0,1 microtesla raccomandato nel 1989 dal prof. Roberto Barale, genetista dell'università di Ferrara, e quindi ad una dose di esposizione mille volte più bassa. Anche per i campi elettrici si assiste ad una differenza abissale fra i valori indicati nel decreto, 5 Kv/m, e quelli consigliati dall'esperto, pari a 5,20 V/m. Ricordiamo infatti che 1 Kv equivale a 1000 volt.
Nell'aprile del 1991, il prof. Maltoni e il dott. Soffritti, dell'Istituto Pubblico di Ricerca sul Cancro di Bologna, in un loro studio sui potenziali rischi per la salute da esposizione a campi elettromagnetici a bassissima frequenza, raccomandano che le popolazioni non siano esposte a valori che hanno evidenziato effetti cancerogeni (0,2 microtesla) e che siano dunque adottate le soluzioni tecnologiche attualmente a disposizione in grado di ridurre drasticamente i livelli di esposizione. Considerano pertanto "irresponsabili" "coloro che progettano e che oggi favoriscono la costruzione di elettrodotti con i sistemi tradizionali" (linee aeree). D'altro canto, ritengono inspiegabile "il verificarsi della circostanza nella quale, davanti a studi spesso spontaneamente promossi, che possono avere anche delle carenze (spiegabili d'altra parte dalla mancanza di supporti ufficiali) ma che obiettivamente rilevano pericoli per la salute pubblica non sospettati, vi sia l'atteggiamento arrogantemente oppositivo e contestativo di chi, avendo responsabilità pubbliche primarie, non ha mai promosso studi e ricerche valide, e contrappone ai fatti pareri e critiche o le risultanze di studi sponsorizzati, spesso non finalizzati a valutare specifici endpoint patologici, non controllati, e non infrequentemente senza i requisiti minimi di scientificità". "A tutt'oggi a nostra conoscenza non è stato pubblicato alcun risultato di saggi sperimentali di cancerogenicità, né vi sono studi completi non pubblicati. Gli unici studi disponibili riguardano gli effetti dei campi elettromagnetici ad altissima frequenza".
In realtà, già dal 1975, dal mondo scientifico venivano moniti nei confronti dei campi elettromagnetici. In quell'anno, il biochimico Adey, direttore del laboratorio di Biologia Spaziale della N.A.S.A., dimostrava gli effetti diretti dei campi elettromagnetici sul sistema nervoso dei vertebrati, in grado di alterare la memoria e la chimica cerebrale. I suoi studi altamente allarmanti furono in seguito bloccati.
Nel 1990, l'E.P.A. (Agenzia di Protezione Ambientale Americana) conclude che i campi elettromagnetici sono un "probabile" fattore di rischio superiore al DDT e alle diossine, pari alla formaldeide e al cadmio, e di poco inferiore all'arsenico, al cloruro di vinile, all'amianto. In seguito all'intervento della Casa Bianca, il documento è stato rivisto e la parola "probabile" trasformata in "possibile".
Nel dicembre 1991, 16 ricercatori americani della Johns Hopkins University studiano 277 casi di cancro alla mammella nei maschi fra l'83 e l'87 e concludono che "i soggetti più esposti a rischio sono gli elettricisti, gli addetti alle linee telefoniche e gli operatori delle radiocomunicazioni, con valori più alti tra quelli che hanno iniziato tali attività prima dei trent'anni".
Nel gennaio 1992, un gruppo di radiologi dell'Istituto di Fisica Nucleare polacco scoprono l'esistenza di profonde "mutazioni e modificazioni del ciclo cellulare" in vegetali esposti a campi elettromagnetici di bassa frequenza. Sempre in quel periodo, alcuni ricercatori del Centro nazionale di ricerca biologica di El Cairo osservano "formazioni di micronuclei, aberrazioni cromosomiche e scambi di cromatidi nelle cellule del midollo osseo di lupi esposti a campi elettrici di bassa frequenza".
Nell'ottobre 1992, infine, gli epidemiologi M. Feychting e A. Ahlbom dello Stockholm's Karalinska Institute svolgono uno studio su 500.000 persone residenti dal 1960 al 1985 a meno di 300 m. da linee ad alta tensione in Svezia. Da tale studio emerge un alto rischio di leucemia nei bambini. Tale rischio si triplica per quelli esposti a campi elettromagnetici di 2 milliGauss, pari a 0,2 microtesla, mentre diventa quadruplo per esposizioni di 0,3 microtesla.

Un pericolo sulle nostre teste
Le sempre maggiori preoccupazioni sui possibili effetti sanitari dell'esposizione a campi elettromagnetici non ionizzanti generati dalle linee elettriche ad alta tensione hanno dato vita, in Italia e all'estero, ad un intenso dibattito a livello scientifico e di opinione pubblica. Il problema è oggi più sentito a causa dell'enorme diffusione raggiunta da questi impianti.
In Italia, lo sviluppo delle linee ad alta tensione è di 50 mila chilometri con un territorio impegnato di circa 5.000 kmq, pari cioè al 2% del territorio nazionale. Gli effetti sono devastanti: occupazione dello spazio intorno alle linee, radio interferenze e disturbi acustici, emanazioni al suolo di campi elettromagnetici con riflessi sulla salute dell'uomo e degli animali, impatto visivo sul paesaggio.
La tecnologia delle linee aeree obsoleta ed ecologicamente insostenibile, ma preferita dall'Enel per i minori costi che comporta, è il risultato di un modo distorto di produrre e trasportare energia, in aperto contrasto con la sempre maggiore sensibilità dimostrata dalla gente verso i valori ambientali. La soluzione dei problemi ambientali e di salvaguardia della salute pubblica non può, invece, che venire dalla produzione di energia da fonti rinnovabili decentrata nel territorio con minore trasporto di energia e interramento delle linee. L'Enel, al contrario, continua a percorrere la vecchia strada e in nome di una fantomatica "interconnessione" giunge a calare anche nel Salento un'opera economicamente inutile, dannosa e deturpante.

Il comitato salentino contro l'elettrodotto
Proprio l'accresciuto senso di responsabilità verso l'ambiente di fasce sempre più grandi di popolazione ha determinato la nascita di numerosi comitati di cittadini, decisi ad opporsi fermamente alla realizzazione di elettrodotti a ridosso dei centri abitati. In Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, la creazione di elettrodotti ha dato vita ad una mobilitazione cittadina di forti dimensioni. Ora tocca alla Puglia, già fortemente provata dall'esperienza di Cerano. Anche qui è stato creato un comitato, il Comitato salentino contro l'elettrodotto da 400 KV a corrente continua Italia-Grecia. Tutti i Comuni interessati dall'opera hanno detto un "no" secco alla realizzazione di questa infrastruttura, tranne il Comune di Otranto che ha assunto una posizione assai dubbia in proposito. Il Comitato, in un suo documento, mette innanzitutto in evidenza il fatto che la legislazione nazionale recepisce in modo assai riduttivo la Direttiva CEE del 27 giugno 1985 n. 85/337 sull'impatto ambientale. Soprattutto, pone l'accento sull'esigenza primaria della consultazione del pubblico, che è poi un fondamento della procedura di V.I.A., a fronte di un livello di informazione delle popolazioni interessate molto basso. "In particolare - si legge nel documento - è necessario che la comunicazione del progetto si trasformi da "passiva" (annuncio su due quotidiani, deposito del progetto in unica copia presso la Regione) in "attiva" (convocazione di pubbliche riunioni nei Comuni o presso il capoluogo di provincia) utilizzando forme di pubblicità adeguate".
D'altro canto, l'annuncio, diffuso nei primi giorni d'agosto, quando la maggior parte del personale pubblico era in ferie, non ha certo contribuito ad una tempestiva diffusione delle notizie. E non è certo un caso che l'Enel abbia scelto questo mese per dare il prescritto annuncio, visto che decorsi 30 giorni senza che i vari Comuni si fossero espressi, sarebbe scattato il meccanismo del "silenzio-assenso". Nel documento, il Comitato chiede poi che sia effettuato uno studio di impatto per l'elettrodotto sottomarino, pur se ciò non è strettamente previsto dalla normativa. "In particolare, l'effetto dei campi elettromagnetici sugli ecosistemi marini, e la contrapposizione dell'opera rispetto alle vocazioni turistiche e naturalistiche dell'arca vanno attentamente valutati". Ma la parte più interessante del documento elaborato da tale Comitato riguarda `gli scambi di energia elettrica", che noi riportiamo per intero data la semplicità e la chiarezza con cui scardina la motivazione di base all'impianto dell'elettrodotto in questione:"L'Enel dichiara nello Studio d'impatto ambientale (pag. 2.1.A/2) che a livello nazionale nel 1992 "l'importazione di energia elettrica è stata dell'ordine del 14% della richiesta totale".
Ciò potrebbe far pensare, erroneamente, a una deficienza del nostro sistema di produzione energetica. In realtà, l'Enel importa ingenti quantità di energia elettrica per il semplice motivo che essa ha un prezzo competitivo rispetto a quella prodotta in casa. Ciò dipende più dall'andamento internazionale dei prezzi che da una "debolezza strutturale del nostro sistema energetico". Basti pensare che, a fronte di una potenza richiesta dalla rete italiana che non supera i 40.000 Mw, l'Italia dispone di una potenza efficiente degli impianti elettrici che tocca i 60.000 Mw installati.
A livello regionale, poi, il bilancio energetico è caratterizzato da notevoli esuberi. Con un fabbisogno di energia elettrica annuo di circa 12-13 Twh (miliardi di Mw), l'entrata in esercizio della centrale di Cerano (2640 Mw), insieme a quelle esistenti a Brindisi Sud (1280 Mw), Bari, Taranto, e a quella prevista a Candela (600 Mw), darà una produzione circa doppia rispetto ai fabbisogni. D'altro canto, a conti fatti, il nuovo e mastodontico elettrodotto sarà appena in grado di alimentare una città quanto Bari!
Se quindi resta assai dubbio che l'opera possa essere utile a livello nazionale, non v'è dubbio che essa sia del tutto superflua (ancorché dannosa) per la nostra Regione, che sta vedendo in questi anni, con una serie di insediamenti energetici non pianificati e spesso devastanti per l'ambiente, delinearsi un amaro ruolo di "colonia" addetta alla produzione energetica".

Veneto: Una legge da imitare

Fino al 1992 non esisteva alcun provvedimento legislativo cui far riferimento per limitare i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici causati dagli elettrodotti. Il decreto del '92 si è rivelato del tutto inadeguato e, come abbiamo detto, ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale.
E' invece venuta dal Veneto una legge regionale altamente innovativa e che molto esperti auspicano sia presto adottata anche da tutte le altre Regioni italiane. Essa riduce drasticamente i limiti di esposizione "nei luoghi di abituale permanenza" e aumenta le distanze di rispetto dai fabbricati delle linee ad alta tensione. Secondo questa legge, il campo elettrico misurato all'esterno delle abitazioni e dei luoghi di abituale permanenza, a 1,5 m. da terra, non deve oltrepassare il valore dello 0,5 Kv/m (contro i 5 Kv/m del decreto del '92) e il campo magnetico non deve superare lo 0,2 mT (contro i 100 mT del decreto). La distanza minima delle linee a 380 KV dai fabbricati viene portata a 150 m. contro i 28 m. stabiliti per decreto. Altro punto rilevante della legge suddetta è che i limiti di esposizione stabiliti dalla stessa sono valevoli anche per gli ambienti lavorativi, al contrario del decreto dell'aprile '92, il quale esclude esplicitamente le esposizioni professionali.


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