§ Italia allo specchio

Ma e il Sud che si allontana




Ma. Bel.



La questione dell'Italia a due o più velocità, del ritardo di sviluppo e di benessere non è stata risolta né dai libri degli economisti né tanto meno dalle politiche per il Mezzogiorno, sia che queste fossero realizzate esplicitamente attraverso lo strumento della Cassa o Agenzia, sia invece che siano state implicite in provvedimenti costruiti ad hoc.
Ora, però, a mettere ordine e insieme a richiedere con urgenza un bilancio della situazione, sono intervenuti due fatti nuovi. Da un lato, a mercato unico compiuto la Comunità europea non potrà più tollerare gli aiuti allo sviluppo non rientranti nelle pratiche consentite dai Trattati europei (da Roma a Maastricht); in particolare verranno fermati, come è accaduto per la ricapitalizzazione dell'Iva, tutti gli interventi degli Stati in grado di distorcere il mercato e le regole di concorrenza.
Dall'altro lato, sulla spinta della esasperazione (anche strumentale) del Nord, il governo è riuscito in extremis a cancellare l'intervento straordinario nel Mezzogiorno, ex legge numero 64, sottraendo così materia al nono referendum previsto per lo scorso 18 aprile.
Di fatto, le politiche per il sottosviluppo italiano non esistono più. Per questa ragione, abbiamo voluto fare il punto della situazione, misurando il benessere nelle regioni italiane, dividendolo nelle sue componenti fondamentali e proponendo una lettura a più dimensioni dei divari ancora esistenti.
L'esercizio (alcuni risultati sono proposti nel grafico "a diamanti") parte dalla scelta del consumo (privato) pro capite quale indice di benessere delle famiglie italiane. I dati sono quelli dei conti regionali Istat del 1989, gli ultimi disponibili. In base ad essi, ogni italiano assumerebbe annualmente beni e servizi privati per circa 10,3 milioni di lire a prezzi costanti del 1985; 11,8 milioni al Nord, 10,8 al Centro e 8 milioni nel Sud e nelle isole.
Il consumo pro capite, il benessere cioè, è tuttavia composto da tre grandezze economiche che vale la pena considerare separatamente:
1) la propensione al consumo del reddito, indice dell'opulenza, del vivere cioè al di sopra, entro, o al disotto delle proprie possibilità;
2) la produttività media del lavoro, ovverosia l'ammontare di reddito prodotto da ogni occupato nell'economia, indice di "efficienza" nell'impiego delle risorse di un'area o regione geografica;
3) infine, con effetto inverso sul benessere, il tasso di "ínoccupazione" delle risorse, vale a dire la percentuale di popolazione non dedita ad attività di lavoro.
Maggiori sono i primi due componenti e minore il terzo, maggiore risulterà il benessere dei cittadini di una data regione, espresso dal consumo pro capite. Questa prima analisi consente di valutare il cammino percorso dall'intera Italia negli ultimi dieci anni. Si dimostra che il passaggio dagli 8,28 ai 10,3 milioni di lire nei consumi per abitante dal 1980 al 1989 è stato quasi interamente effetto della crescita di "efficienza", e quindi della qualità delle risorse e del loro corretto impiego in un sistema produttivo significativamente migliorato.

Il punto centrale dell'elaborazione è tuttavia l'analisi dei divari tra Nord e Sud. I calcoli (si vedano le due tabelle) indicano chiaramente che anche l'ultimo decennio di politiche di riequilibrio e di intervento straordinario è passato pressoché invano. Il divario Nord-Sud è ancora sensibile e stabile attorno a valori consistenti (37 per cento circa del numero indice di riferimento basato sulla media italiana). Si è invece ridotto, e sia pure di soli due punti, il divario tra Nord e Centro. Il secondo si è ancora riavvicinato al primo, dal quale dista ormai meno di dieci punti percentuali dell'indice. La nostra impressione è che se si tenessero in conto le parità standard di acquisto, il divario tra Nord e Centro sarebbe ormai quasi completamente assorbito.
Le componenti del divario di benessere risultano invece dal grafico "a diamanti". Sull'asse verticale sono rappresentate le componenti di opulenza ed inoccupazione delle risorse; sull'asse orizzontale l'efficienza ed il benessere complessivo. Tutti i dati sono standardizzati rispetto alla media nazionale, in modo che questa rappresenterebbe il diamante (non disegnato) perfettamente inscrivibile nel cerchio.
E' evidente lo stacco tra regioni il cui diamante è schiacciato verticalmente e regioni a diamante schiacciato longitudinalmente. Le prime sono quelle del Sud, che vivono al di sopra dei propri mezzi grazie ai trasferimenti interregionali dello Stato e che sono caratterizzate da efficienza e da benessere bassi e da alta inoccupazione. Le seconde sono quelle del Nord, parsimoniose e non opulente, talora per necessità e non per servitù, più efficienti della media e che occupano anche maggiori risorse.
Dall'analisi risulta chiaro che le differenze interregionali di reddito destinato ai consumi sono in realtà basate su modelli ed istituzioni economiche singolarmente difformi e che difficilmente potranno resistere alle attuali spinte al cambiamento. D'altro canto, la miopia dell'intervento nel Sud è stata tale che le nostre analisi hanno dimostrato che il profilo di diamante allungato, tipico delle economie sussidiate, si è mantenuto anche in quelle regioni (come la Puglia) in cui l'aumento di tassi di attività ed efficienza produttiva avrebbe probabilmente consentito di alleggerire gli aiuti, destinandoli altrove.

Con la nuova situazione normativa creata dall'entrata in vigore del mercato unico europeo e dall'abrogazione della legge sull'intervento straordinario, a rimanere plausibili saranno soltanto gli interventi diretti a colmare i divari infrastrutturali dell'economia meridionale, laddove questi effettivamente esistano. Gli interventi infrastrutturali appartengono infatti alla sola classe di politiche accettabili per il recupero delle aree arretrate, purché si verifichi a intervalli temporali prefissati che il modello di economia meridionale realmente converga verso quello centro-settentrionale non solo nei risultati, ma anche nelle variabili di fondo, quelle che danno forma ai diamanti dell'economia.


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