§ L'Italia vista dagli Usa

Il sogno di Salvemini




Arthur SchIesinger jr.



In tempi di crisi domestiche ci sono poche cose più irritanti, e spesso più irrilevanti, del consiglio che proviene dall'esterno della famiglia. Perciò scrivo con riluttanza. Ma, essendo un amante dell'Italia, trovo duro l'osservare in silenzio le rivelazioni che si sono schiuse sul lato oscuro della politica italiana.
Una delle figure memorabili della mia infanzia fu lo storico Gaetano Salvemini. Mio padre, storico anche lui, portò questo grande vecchio patriota italiano a Harvard. Salvemini venne spesso a casa nostra negli Anni Trenta e Quaranta. Più tardi, quando tornò in Italia, andai a visitarlo a Sorrento prima della sua morte, avvenuta nel 1957. E' a Salvemini che devo il mio interesse durato una vita per le questioni italiane. E' da Salvemini che ho mutuato una visione di una Repubblica italiana del dopoguerra onesta, democratica, progressista, laica e secolarizzata.
E così vidi un'occasione per portare il mio contributo all'appagamento del sogno di Salvemini quando entrai nel governo degli Stati Uniti nel 1961 come assistente speciale del presidente Kennedy. L'Italia era in una condizione di stallo politico. Il Partito socialista stava perfezionando il processo di sganciamento dalla sua alleanza con i comunisti. Era venuta crescendo la speranza che quella che allora era chiamata "l'apertura a sinistra" potesse condurre a un nuovo governo di centro-sinistra, che avrebbe scavalcato l'immobilismo, raddrizzato le disuguaglianze sociali ed economiche, pulito la pubblica amministrazione, e avrebbe messo in moto un programma di riforma a vasto raggio. Ma l'amministrazione Eisenhower a Washington, convinta che Pietro Nenni fosse un burattino manovrato dall'Unione Sovietica, se non addirittura un agente sovietico, opponeva un veto inalterabile all'ammissione del Partito socialista nel governo italiano.
La sopravveniente amministrazione Kennedy giudicò il veto di Eisenhower come un'interferenza impropria negli affari interni dell'Italia. Con l'approvazione di Kennedy mi tuffai nella lotta burocratica per eliminare quel veto. Occorse un po' di tempo per sopraffare la resistenza trincerata nel Dipartimento di Stato, ma alla fine prevalemmo. Nel novembre 1963, poco prima dell'assassinio di Kennedy, i socialisti italiani entrarono nel governo.
Ahimè, l'ideologia del centro-sinistra non si rese mai conto delle speranze che in essa erano investite. La successione dei governi di centro-sinistra si attenne all'utile compito da Guerra Fredda di tenere i comunisti fuori del governo, ma i partiti fecero ben poco per affrontare i problemi economici e sociali dell'Italia. Più a lungo rimanevano al potere, più profondamente collaboravano nell'intrecciare reti di corruzione, finché la corruzione divenne non solo una maligna escrescenza del sistema politico, ma una parte organica di esso. Si può ben immaginare con che accenti pungenti Gaetano Salvemini, quel sarcastico polemista, avrebbe "assalito" il tradimento della democrazia italiana. Ora, la fine della Guerra Fredda e la mutazione genetica del Partito comunista hanno rimosso le circostanze esterne che avevano protetto la coalizione governativa e l'avevano tenuta insieme. Coraggiosi giudici, pubblici ministeri e investigatori, che hanno in qualche modo mantenuto l'integrità nel cuore delle malefatte, sono liberi di smascherare il marcio nascosto del sistema. Il loro brillante lavoro ha scatenato una rivolta popolare contro l'intera classe politica. L'Italia di oggi appare vivere la sua crisi più grave dalla Liberazione di mezzo secolo fa.
Né è l'Italia il solo Paese che faccia fronte al deterioramento politico e morale. Il Giappone vive una crisi paragonabile a quella italiana. I liberaldemocratici hanno dominato la politica del Giappone per gli ultimi quarant'anni con successo persino maggiore di quello con cui i democristiani hanno dominato la politica italiana. La corruzione, la concussione, la frode, il ricatto organizzato, i politici corrotti alleati con il crimine organizzato, la decadenza morale che minaccia l'intera società, tutte queste cose hanno caratterizzato la politica giapponese come quella italiana. Una parodia tipo "pesce d'aprile" del Japan Times, il quotidiano di lingua inglese di Tokyo, ha presentato una storia su un politico indagato "per non aver preso tangenti".
In Giappone come in Italia un numero sufficiente di giudici, pubblici ministeri e poliziotti sono rimasti onesti, così da poter intraprendere il lavoro di denuncia e di rinvio a giudizio. La grande differenza, tuttavia, è che in Giappone lo scandalo non ha ancora prodotto una rivolta popolare contro la classe politica e contro il sistema. E' questa rivolta che fa nutrire speranze per l'Italia.
La crisi potrà solo evolversi in crisi più gravi, ma può anche creare la possibilità di nuove partenze, di un avvio fresco, di un rinvigorito impulso verso la rigenerazione etica e la ricostruzione politica. Gli Stati Uniti hanno avuto la loro crisi politico-morale vent'anni fa con gli scandali del Watergate. L'intensa reazione popolare contro il Watergate provocò una serie di riforme disegnate (non sempre con piena efficacia) per prevenire il riprodursi di una Casa Bianca corrotta e di un presidente malavitoso.
La denuncia dello scandalo può provare molto bene la vitalità della democrazia italiana. Gli amanti dell'Italia devono sperare che la rivolta contro l'establishment politico conduca non alla demagogia e a una distruzione cieca, ma a un cambiamento costruttivo. E certo non è troppo tardi per redimere la politica italiana, per purificare l'amministrazione del governo, per produrre una riforma sociale ed economica e costituzionale, e per cominciare (infine) a realizzare il sogno di Gaetano Salvemini di una Repubblica italiana progressista e democratica.


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