§ Il corsivo

Svarionen




Aldo Bello



Quella specie di Robespierre alla polenta che è il professor Franco Miglio ha invocato per l'Italia una dose massiccia di "rigore calvinista": il Paese, ha detto, "ha necessità di un bagno nello spirito della Riforma". La raffica migliesca ha un obiettivo preciso: "L'Italia deve liberarsi dell'idea tutta cattolica che dopo tutto le questioni di soldi non sono tanto gravi e sono in fondo perdonabili". La ricetta? Fare dell'Italia una grande Ginevra calvinista, cupa e rigorista, austera e inflessibile con i peccatori. Che è come dire: serve una dolorosa mutazione genetica, col drastico abbandono dell'Italia corrotta ma volemose-benista, indulgente con i propri vizi, pronta a mondarsi con tre Pater, Ave e Gloria. E' la condanna a morte dell'Italia familista e strappacuore. Così sia.
Ma non basta. Incalza la Santa Giovanna d'Arco alla grappa, Irene Pivetti, capessa della Consulta cattolica della Lega Nord: "Anch'io penso che soltanto il Padreterno può permettersi di essere misericordioso e che su questa terra bisogna esigere giustizia, senza strumentalizzare la pietà per esercitarsi in un pietismo accomodante".
La pulzella si riferisce, come Miglio, alla tragica morte di Cagliari, e a coloro che, sull'eco dell'Osservatore Romano, che aveva definito Miglio un "barbaro", osavano scrivere che pietà l'è morta. Ruggisce ancora la Pivetti: "La mentalità corrente diffonde del cattolicesimo un'idea falsa: come se fosse una fede compromissoria, un brodino di buoni sentimenti. Un'immagine deformata della fede cattolica". E perché mai? Chiarisce l'inclita: "Perché nell'autentica identità cattolica c'è Gesù che va a prendere a legnate i mercanti nel tempio e che porta la spada nella storia. Questa è l'identità cattolica vera". Qualcuno giustificò allo stesso modo quegli sterminii che furono le crociate. Ma andiamo avanti. E l'identità intrisa dei principi dell'assoluzione e del perdono? "E' l'identità democristiana inquinata dalla commistione di fede e politica: la mistura micidiale che ha rammollito il Cristianesimo fino a farne una cosa repellente e senza forma".
E brava la Pivetti. Noi, che conosciamo i Vangeli apocrifi, potremmo darle una mano: lì c'è un Gesù Bambino che manda a remengo il padre putativo, San Giuseppe, svillaneggiandolo; che si indispettisce con alcuni ragazzini, e li fa cadere stecchiti per terra, tanto per far capire con chi hanno a che fare. Le consigliamo letture del genere, quantomeno potrà affinare la sua cultura da leghista che non può non avercelo "dür", il concetto di Cristianesimo, s'intende, come tutto il resto.
L'ineffabile Miglio ha insegnato alla Cattolica di Milano. Ebbene, come possa dire un docente universitario che "nazismo e calvinismo hanno in comune soltanto la terra in cui sono nati", è uno dei misteri gloriosi della vita professionale e politica di questo tagliateste a tempo pieno. Ma quale terra, professore? A meno che l'arterioselcrosi non galoppi dentro il suo cranio, dovrebbe ricordare che Hitler nacque in Austria e che il nazismo si affermò in Germania, e che Calvino nacque in Francia e operò come riformatore religioso a Ginevra, che sempre in Svizzera sta. Il sospetto che qualche guaio la sua salute glielo stia procurando, esimio professore, c'è ed è fondato: lei ha confuso Calvino con Lutero, il tedeschissimo Martin Lutero. Ringrazi due volte i suoi elettori, professore: perché l'hanno mandato al Senato, purtroppo; e perché, in questo modo, le hanno impedito di insegnare ancora alla Cattolica le cialtronerie che va raccontando in giro.
Lei dimentica, come la ciangottante Pivetti, che la Lega ha successo nelle zone dove più ha attecchito la Controriforma. E vorrebbe diventare il Calvino della Brianza? Grottesco. Pensi un po', ex professore della Cattolica: Orson Welles - lo ha mai sentito nominare? - ebbe a dire: "L'Italia ci avrà dato pure i Borgia, ma la Svizzera ci ha dato solo l'orologio a cucù". Poteva aggiungere: e le banche. Così avrebbe fotografato bene l'ideologia leghista: dané e pendole, il massimo che possa pretendere la razza celtica. Noi, che più modestamente abbiamo dato un senso alla civiltà universale, ci limitiamo a ricordarle una battuta pronunciata da un personaggio de "La Tabernaria", Atto III, Scena VII, di Giovan Battista della Porta: "Dimmi, si' ommo o lombardo". Per quel che vale, lo diceva uno che apparteneva all'Italia del Colletta, che anticipava il mondo moderno, mentre quella del Cantù balbettava con brevi cenni sulla storia dell'universo.


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