§ Politica monetaria / 1

Tassi in bilico sull'instabilità




Antonio Fazio
Governatore della Banca d'Italia



E' noto che in Italia esiste un problema gravissimo di dimensione del debito pubblico. Esso è stato finora fronteggiato grazie all'elevato risparmio delle famiglie; è forse meno noto che in alcuni Paesi anglosassoni il debito delle famiglie è all'incirca pari al debito pubblico dello Stato. E' evidente che, in tale situazione, dal settore privato delle famiglie non può continuare a provenire un elevato flusso di risparmio per finanziare il settore pubblico.
Il grande sviluppo dell'intermediazione e dei mercati finanziari accresce i compiti delle autorità monetarie preposte al controllo del regolare funzionamento di tali settori dell'economia. E' cresciuta anche molto rapidamente nel corso degli ultimi tre lustri la dimensione dei mercati internazionali dei capitali. L'apertura dei mercati nel periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale aveva stimolato, inizialmente, soprattutto il commercio internazionale di beni e prodotti agricoli e industriali. In seguito, l'apertura dei confini nazionali ha coinvolto il settore dei servizi; in particolare, negli anni più recenti, sono aumentati notevolmente lo scambio dei servizi finanziari e la circolazione di moneta fiduciaria attraverso i confini nazionali.
Mentre l'attività finanziaria che si svolge all'interno di ciascun Paese è in gran parte sotto il controllo delle autorità nazionali, l'attività che si realizza all'esterno è, per aspetti rilevanti, fuori delle possibilità di intervento delle singole Banche Centrali e delle autorità monetarie nazionali.
Tra gli obiettivi della politica monetaria - in gran parte affidati alla Banca Centrale la quale, nella sua autonomia e in sintonia con gli altri poteri dello Stato, concorre anche a definirli e soprattutto ad attivare, in un contesto di coerenza, gli strumenti - rientra la preoccupazione per lo stato congiunturale dell'economia.
La situazione dell'economia italiana, sotto gli aspetti interni ed esterni, ha presentato nel corso degli ultimi tempi variazioni e criticità notevoli. Il disavanzo del bilancio pubblico si è rivelato nel 1992 più ampio del previsto per circa due punti percentuali del prodotto interno lordo. Ciò di per sé è stato causa di preoccupazioni e problemi dal lato del finanziamento. Gli investimenti dapprima, l'attività produttiva poi, hanno presentato una decisa tendenza flettente, che comincia ora a ripercuotersi pesantemente sull'occupazione. In tale contesto, anche a causa della debolezza della domanda, il tasso di inflazione per i prezzi al consumo ha continuato a ridursi. Soprattutto gravi, nel corso dell'ultimo anno, sono stati i problemi connessi al mantenimento di un tasso di cambio stabile nei confronti delle altre valute. Non è questo il luogo per un'analisi di quanto è avvenuto sul fronte valutario: desidererei però cogliere l'occasione per fornire alcuni elementi utili per una migliore comprensione di quanto è accaduto. La situazione italiana si è venuta caratterizzando, agli inizi del secondo semestre dello scorso anno, come l'anello più debole di un sistema internazionale di cambio che sembra soffrire di alcuni problemi di instabilità; questi potrebbero essere a loro volta connessi, da un lato, alla non omogeneità dei sistemi economici interessati e, dall'altro, a caratteristiche proprio del meccanismo stesso.
Occorre preliminarmente ricordare che la completa mobilità dei movimenti di capitale, anche a breve termine, è stata raggiunta in un contesto di mancata armonizzazione fiscale in ambito europeo dei trattamenti dei redditi da capitali; nonostante questa fosse una premessa economica, anche se non una condizione giuridica, richiamata solennemente nella direttiva europea alla quale l'Italia si è adeguata nella primavera del 1990.
Fatto più importante, la liberalizzazione dei movimenti di capitale a breve termine può innescare, nell'attuale contesto di monete pienamente fiduciarie, spostamenti di masse ingenti di fondi da un Paese all'altro. Tali disponibilità vengono celermente create rispondendo ad attività speculative e altrettanto rapidamente scompaiono una volta che l'obiettivo speculativo sia stato raggiunto. L'entità di queste masse di "moneta calda" tende ad eccedere la dimensione di bilancio di ogni singola Banca Centrale. Può non essere allora possibile farvi fronte attraverso gli usuali interventi sul mercato dei cambi operati dalla Banca Centrale del Paese la cui valuta è sotto attacco. Ove si tenti di intervenire attraverso la creazione di liquidità da parte della moneta della quale si ricerca l'apprezzamento, si può rischiare, proprio per gli ammontari implicati, di compromettere la stabilità della moneta stessa.
A differenza di quanto avveniva nel passato - ad esempio negli anni Sessanta, altro periodo di relativa libertà nella circolazione di capitali - alla "moneta calda" che entra in uno o più sistemi economici, alla ricerca di guadagni speculativi, non corrispondono, nell'attuale sistema, uscite da altri Paesi; cosicché non ci sono, sia pure nell'alterazione dei rapporti di cambio fra le monete, compensazione e stabilizzazione nel complesso.
Più esplicitamente, una parte di fondi che va alla ricerca di guadagni speculativi, nei periodi di turbolenze sul mercato dei cambi, può essere creata sull'istante dal sistema bancario dei Paesi la cui moneta è aggredita dalla speculazione. Ciò in quanto è possibile ormai, per la maggior parte dei sistemi bancari nazionali, estendere liberamente linee di credito nei confronti di non residenti; particolarità che nell'assetto di Bretton Woods e fino agli anni Sessanta caratterizzava soltanto il sistema del dollaro (e delle altre valute di riserva). Si ricordi come in quella situazione la possibilità che ebbe il sistema bancario statunitense di estendere crediti in dollari a operatori non residenti portò alla creazione del mercato degli eurodollari, con alcuni vantaggi per i mercati e per gli operatori economici, ma anche con problemi per lo stesso dollaro e per il sistema monetario internazionale. Problemi che poi contribuirono al crollo del sistema di Bretton Woods.
La libertà assoluta di movimento di capitali bancari in un sistema di monete puramente fiduciarie, oltre a una eccessiva instabilità, rischia di imprimere al sistema monetario internazionale una deriva inflazionistica. Una soluzione ai problemi ora delineati si ritrova logicamente e completamente nella ricostituzione di un certo grado di controllo monetario sovranazionale.
Condizione necessaria ma non sufficiente per una maggiore stabilità dei cambi è una convergenza nei Paesi interessati dei fundamentals. E' anche richiesto un coordinamento più stretto e meglio strutturato delle politiche monetarie.
Non potendo certo tornare indietro nella liberalizzazione dei fondi a breve termine, occorrerà farsi carico del problema: ad esempio, le autorità nazionali singolarmente, ma in forma coordinata, dovranno riacquisire un più attivo controllo e signoraggio sulla moneta creata dal proprio sistema bancario, anche nei confronti di non residenti. Tale tipo di creazione monetaria tende ad essere allo stato attuale completamente liberalizzato per motivi di concorrenza. Occorrerà forse immaginare, congiuntamente fra tutti i principali Paesi, forme di monitoraggio dei mercati e alla fine probabilmente di interventi sul mercato aperto e di imposizione di riserve atte allo scopo.
In definitiva, per quanto riguarda l'aspetto internazionale, una maggiore cooperazione fra le principali Banche Centrali, nonché lo studio e l'attivazione di nuovi strumenti per far fronte ai vecchi e ai nuovi problemi.
Vorrei spostarmi sul fronte interno al quale devono rivolgersi, nella presente congiuntura, attenzioni prioritarie. L'attuale situazione congiunturale è caratterizzata da una debolezza dell'attività produttiva, una riduzione degli investimenti e soprattutto - ciò che è pure grave in termini di costi umani e sociali - una tendenza decisa alla riduzione dell'occupazione e all'aumento della disoccupazione, in particolar modo giovanile.
Talora la politica monetaria viene paragonata a una corda tramite la quale è possibile trascinare un oggetto ingombrante, ma è impossibile spingerlo. Tale rappresentazione contiene un pizzico di verità, ma non è esatta. La politica monetaria e l'azione della Banca Centrale in particolare hanno una notevole capacità di influire sul costo del credito e sulle condizioni che le banche praticano nei confronti della loro clientela, cioè principalmente le imprese.
I tassi di interesse hanno una notevole influenza sia sul valore esterno della moneta sia sulla situazione interna.
I saggi ufficiali di sconto e anticipazione sono stati spinti, nei momenti più caldi della speculazione, che lo scorso anno ha colpito anche l'Italia, fino al 16,50 per cento. Poiché in quella situazione non tutti i finanziamenti richiesti dalle banche alla Banca d'Italia venivano concessi, i tassi di mercato hanno toccato punte ben più elevate, superiori in alcuni giorni al 30 per cento. I rendimenti dei titoli pubblici si sono in parte adeguati, anche perché nel frattempo sul nostro mercato si stavano scaricando ingenti smobilizzi di titoli provenienti dall'estero e ingenerati da irrazionali moti di sfiducia; il mercato è stato capace di assorbirli, naturalmente con ribasso dei prezzi e aumento dei rendimenti, ma continuando ad operare regolarmente e ordinatamente.
I problemi della congiuntura reale - dell'occupazione in particolare possono essere affrontati in misura solo marginale attraverso le leve della politica monetaria. Altre politiche occorrono al riguardo; esse non debbono trascurare nella situazione presente dell'economia italiana la continuazione del processo di risanamento delle finanze pubbliche già con risolutezza affrontato. La garanzia dell'occupazione nel medio termine è data dalla ripresa del processo di sviluppo. Nel più breve termine, occorre guadagnare spazio addizionale nelle spese ed entrate correnti per un risveglio degli investimenti in infrastrutture e opere pubbliche che permettano, oltre a un sollievo immediato della disoccupazione, un guadagno di produttività del sistema italiano nel suo complesso.
Si può pensare in maniera innovativa a forme di investimento attivate dal settore pubblico, ma che si riflettano solo marginalmente sul bilancio statale, in quanto sia possibile affidarne la realizzazione e la gestione a privati che possano coprirne i costi attraverso forme di tariffazione.
La forte riduzione del valore esterno della lira offre, come in più occasioni sottolineato con forza dal Governatore, spazi notevoli per l'espansione della nostra produzione e per il suo assorbimento sia sul mercato interno, sia all'estero.
L'allentamento della politica monetaria richiede che sia continuata l'opera intrapresa di risanamento delle finanze pubbliche e che non vi siano contraccolpi della svalutazione sui prezzi interni e, soprattutto, sul costo del lavoro.


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