§ Percorsi pittorici / Rita Guido

La treccia di Anna Maria




Luigi Stefanachi



La produzione artistica, in ogni sua estrinsecazione, costituisce il mezzo col quale l'autore appaga il desiderio di rielaborare un problema in modo particolare, servendosi della fantasia inconscia e spesso del simbolismo, per coinvolgere altri suscitando emozioni associative.
Se il rapporto tra arte ed emozioni fu studiato da Aristotele che sviluppò il concetto di catarsi, è stato merito di Freud aver sempre meglio delineato nei suoi numerosi Saggi l'importanza della "psicoanalisi dell'arte": prendendo in considerazione le opere di un artista nella stessa maniera con cui la psicoanalisi considera i sintomi di un nevrotico, determinate irregolarità comportamentali o i sogni di un individuo qualsiasi, è possibile scoprire in esse, al di sotto dell'aspetto manifesto, un significato latente che esprime le tendenze inconscie dell'autore.
L'attività creativa, valutata comparativamente nel suo insieme o analizzata negli elementi particolarmente significativi, costituisce insomma lo specchio dell'animo, la proiezione esterna di ciò che esiste e viene rimosso nei meandri del profondo.
Nell'elaborazione dei dati analitici importanza fondamentale riveste l'indagine biografica dell'artista, mirata a far luce sul vissuto infantile e sulle caratteristiche personologiche strutturatesi nell'evoluzione esistenziale; indagine anamnestica e psicologica che deve essere effettuata con profondità e competenza, al fine di sfrondare quanto di fantasioso e bizzarro l'opinione pubblica spesso elabora intorno alla vita dei personaggi ricchi di talento.


Secondo l'importante concezione di Jung sull'archetipo (elemento costitutivo dell'inconscio collettivo) esso è qualcosa che non può essere percepito perché esiste solo in potenza (archetipo in sé). Quando un archetipo viene attivato nell'inconscio di un individuo da un complesso di circostanze personali o collettive esso si manifesta con uno schema di comportamento istintivo, o su un piano spirituale come immagine archetipa, cioè come un simbolo.
Accanto all'inconscio collettivo Jung postula quindi l'esistenza di un inconscio personale formato da desideri repressi, da impressioni sublimali e da esperienze dimenticate.
Il bisogno di liberarsi dai conflitti o di esprimere la ricchezza del mondo interiore spesso viene avvertito anche da chi usa l'arte come attività che diverge da quella principale (divertissement di Pascal).
Per questi aspetti scientifici, di cui la preparazione professionale mi ha reso edotto, ho potuto accettare l'invito di presentare la produzione pittorica di Rita Guido, mia cara amica di vecchia data.
Affascinata dall'Espressionismo sin dal Corso degli studi d'Arte, Rita Guido ha aderito a questa corrente, sia pur compiendo qualche fuga surrealistica, impegnandosi dapprima nella pittura, poi nella grafica, materiale apparso nelle 60 mostre, tra collettive e personali, realizzate in varie città d'Italia.
In una particolare circostanza piuttosto recente la pittrice ebbe a dirmi: "con questa caratteristica attività ho potuto aprire il mio stato d'animo, liberandolo dal caos interiore".
All'inizio il processo creativo è stato costituito da grandi spettri giallo-zolfo o cobalto o bianco, tali da far scrivere ad Antonio Massari nell'Opuscolo critico al "Gruppo Terra d'Otranto": "il cinema espressionista tedesco, il Monaco Nero, i fantasmi decaduti di Oscar Wilde impallidirebbero (ove fosse possibile) di fronte al terrore sprigionato dalle grandi teste planetarie sghembate".
Un mutamento operativo radicale si è verificato verso la fine degli anni '70: su tele lo spazio viene creato da tutta una campitura di fondo, necessaria per definire ed abbracciare il primo elemento simbolico, l'albero senza foglie, elevantesi tra roccia, delineato a somiglianza del candelabro ebraico, inciso spesso ripetutamente su spazio-materia bianca, a volte pastellata di azzurrino e di rosa.
Successivamente è affiorato un altro simbolo: la foglia, ma una sola foglia, verosimilmente elemento espressivo di maggiore rinascita interiore.Nella giara dell'amore , lavorata a punta secca, campeggia una pianta, ricca di foglie oblunghe, simmetriche, piuttosto ravvicinate: nasce da una zolla-cuore e porta all'apice un frutto- cuore. Da questa opera trae origine il simbolo della treccia, che domina la produzione più recente dell'artista. Tali rappresentazioni, tecnicamente realizzate col ritorno ad una materia morbidissima come il pastello e agli olii più spaziali, costituiscono prevalentemente il materiale degli ultimi lavori.

Nell'evoluzione dell'attività artistica di Rita Guido si evidenziano chiaramente due periodi contrapposti: i primo caratterizzato da immagini mostruose, terrificanti, aggressive; il secondo rappresentato da elementi simbolici comuni, realistici schematizzati nell'essenziale, delineati e circoscritti in Lino spazio spesso arricchito da graffito.
In quest'ultima creatività prevale il bianco, che se per l'esperimento di Newton del disco policromatico ruotante costituisce la somma di tutti i colori, dal punto di vista pittorico-artistico rappresenta il niente, ovvero la base sulla quale l'artista inizia la sua opera.
Nell'interpretazione analitica di quanto è stato esposto, si intravede quindi nel primo periodo il bisogno della pittrice di rimuovere e liberare dal profondo sgradevoli emozioni represse determinate sin dall'infanzia da assenze-presenze, obbligate ambivalenze affettive, a causa di particolari condizioni verificatesi nel nucleo familiare. Le turbolenze emotive, le inquietudini interiori gradatamente regredendo, hanno allontanato le considerevoli variazioni dell'umore nel corso della maturità, anche per sopravvenuti eventi gratificanti; a valide interreazioni tra Es-Io-Super Io, rendendo il soggetto in esame affettuoso, dolce, premuroso, comprensivo, generoso: peculiari aspetti caratterologici che, innestatisi nel riscatto alla vita, vengono da tutti riconosciuti e particolarmente apprezzati.
Ma concrete rappresentazioni psicoanalitiche possono essere definite dalla valutazione delle manifestazioni simboliche, servendosi degli schemi indicativi codificati da osservazioni pluridimensionali (paleontologiche, archeologiche, etnografiche, mitologiche, religiose, ecc.).


Se l'albero, secondo l'interpretazione simbolica generica, costituisce il carattere ciclico dell'evoluzione cosmica, usato nella rappresentazione grafica e valutato analiticamente in tutti i suoi componenti costitutivi è un ausilio nello studio psicologico dell'inconscio, per cui viene usato come reattivo mentale (Baum-Test di Koch). I dati in nostro possesso non consentono ovviamente di elaborare un protocollo secondo i canoni metodologici, ma le immagini pittoriche offerteci ci spingono a formulare alcune considerazioni.
Osserviamo alberi piuttosto piccoli, spesso ripetuti in forma omogenea, con scarsi rami, tronchi a cime compresse, prive di ogni elemento ornamentale; il tronco esile, senza apparenti radici perché a volte nascoste dalla roccia. Il tutto è delineato da tratto continuo, deciso. Queste caratteristiche denotano una personalità introversa, fortemente influenzabile dagli elementi esterni, non del tutto capace di estrinsecare i propri sentimenti e desideri, a volte mal controllata nel comportamento per cui affiorano aspetti aggressivi-impulsivi sia pure transitori.
Nello scorgere attraverso le opere pittoriche i mutamenti psicologici di Rita Guido, particolare importanza sembra avere la treccia, a volte facente parte di una testa priva di elementi fisiognomici, a volte raffigurante nella molteplicità acconciature di esponenti primitivi, a volte arieggiante formazioni erotiche.
Con la treccia sembra che vengano vivificati piacevoli ricordi del passato, saldi vincoli di amicizia per cui dalla pittrice questo simbolo viene denominato la "treccia di Anna Maria", personaggio che, nonostante il passar del tempo, costituisce una delle sue amiche predilette.
Si intravede pertanto il ritorno mnesico nell'infanzia col cruccio di non avere avuto in famiglia, nella cura di questa particolare acconciatura civettuola, quelle attenzioni usate per la maggiore estetica dell'amica. Ma particolarmente significativo, ai fini dell'interpretazione psicoanalitica, è che i capelli, anche secondo l'immaginazione popolare, vengono considerati la sede della forza vitale perché oltretutto continuano a crescere per breve tempo dopo la morte; la treccia esprime poi un collegamento intimo, uno scorrere di influenze dal bisogno dell'interdipendenza con i simili.


Ciò conferma quanto di innovativo si sia verificato nell'inconscio della pittrice, durante gli ultimi decenni, nell'attaccamento alla vita e nella sintonia relazionale secondo le sue aspirazioni. E' tuttavia opportuno considerare che al centro di ogni buon simbolo c'è un nucleo oscuro che non cederà ad un'analisi razionale, anche se attorno a questo nucleo possono raggrupparsi immagini trasparenti che da esso traggono la loro forza e la loro intensità. Questo concetto viene maggiormente espresso dallo stesso E. Wind quando asserisce: "Un simbolo eloquente ha modo di lusingare il nostro desiderio di profondità senza offendere il nostro bisogno di coerenza. Con un alto grado di lucidità riesce a rimanere enigmatico. La sua forza poetica deriva dalla unione di trasparenza e oscurità". Attratti quindi da un'opera d'arte, estrinsecata in qualsiasi modalità, noi viviamo un'emozione estetica, spirituale, che doverosamente ci spinge a considerare l'autore un essere straordinario, dotato di talento invidiabile, capace di esternare in funzione catartica pulsioni represse con simboli o metafore. Le sintetiche considerazioni da me esposte, sulla base dei molteplici studi esistenti nella letteratura sul rapporto psiche-arte, nulla tolgono al valore degli illustri produttori: esse intendono contribuire all'interpretazione dei complessi meccanismi, a mio parere bio-psicosociali, che interreagiscono nella creatività, apparentemente magica, degli individui non comuni.


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