L'aspetto
più saliente della personalità di Karmenu Vassallo (1913-1987),
uno dei poeti più importanti di Malta, è quello di ricercatore
di un modello estetico-morale. Il modello è Leopardi, interprete
del dolore umano e maestro di raffinatissima tecnica. La psicologia
del Vassallo è di un poeta che rinunzia alle testimonianze della
sua società per intuire l'esistenza in sé, concepita come
alienazione e vissuta come tormento. La lotta contro il limite "geografico",
evidenza di un limite più fondamentale, è un componente
essenziale della sua complessa personalità. Nell'indagine che
segue si cercherà di dare un profilo degli elementi comuni ai
due poeti visti alla luce del tema e della condizione che la critica
leopardiana comunemente definisce come esclusione.
La vita come solitudine caratterizza l'esperienza centrale di Vassallo.
Nella strofa che segue si ha un raggruppamento dei motivi salienti del
suo stato di escluso: l'incapacità di partecipare all'atto creativo
dell'uomo, la malattia che trasforma la gioventù in vecchiezza,
e l'isolamento psicologico:
Inhossni wahdi;
wahdi jien u nibqà;
ma nkattarhiex ix-xita tal-bnedmin.
Inhossni wahdi; wahdi jien u nibqà;
zaghzugh poeta mejjet haj fis-snin! (1)
L'esclusione,
annunziata già dalla prima lirica Inhobbok del 1932 e sentita
poi nella sua interezza per vari anni, si presenta sotto due aspetti.
Il primo esce dal confronto tra se stesso e la società che
si sente gioire intorno a lui, condannato alla solitudine dai mali
fisici e da tutto quello che non lo rende socievole.
Il confronto è, in primo luogo, ambientato poeticamente in
un giorno di festa tradizionale. Zewg ghidien si compone di due quadretti
contrari l'uno all'altro. Nel primo si dà rilievo alla festività
svolta in un paese locale, e nel secondo si dipinge la triste scena
di un giovane fatalmente ammalato che si sta portando all'ospedale.
Dalla contemporaneità delle due scene, svolte nello stesso
luogo, nasce il contrasto. In guisa del Leopardi (La sera del dì
di fiesta, A Silvia, Il passero solitario), il Vassallo contrappone
due circostanze, l'una lieta e l'altra tristissima, e dalla loro compresenza
e contemporaneità produce una fusione di inno e di elegia,
rendendo così, in virtù degli oppositi, più commovente
il significato del contrasto e più malinconico il quadretto
negativo. E' questa poesia del contrappunto felicità-dolore
che spiega perché il poeta, pur essendo solitario, è
continuamente consapevole della festa sociale che si sta svolgendo
intorno a lui:
Dehra tà
qsim il-qalb u ggib il-biki,
ghid iehor naqra fik u nhoss il-lum;
il-ghid tal-mard u I-mewt tà qalb zaghzugha
il qatt ghal hajja gdida iz jed ma tqum: (2)
L'esclusione del Vassallo è leopardiana anche nella sua polemica
contro la banalità della folla contemporanea. E' in fondo,
la poetica, di ascendenza petrarchesca e poi alfieriana, che nel recanatese
si annunzia già con All'Italia e continua a maturarsi e a diventare
una delle preoccupazioni salienti della sua vita. Il Vassallo degli
anni 1932-1944 è polemico contro la folla insensibile, priva
di valori che sollevano l'uomo al di sopra dell'animalità (3).
La definizione degli uomini contemporanei, atroci nelle loro azioni
e moralmente ipocriti, è spinta, sia nel Vassallo sia nel Leopardi,
dall'idea della superiorità spirituale del poeta nei confronti
della leggerezza collettiva del popolo (4).
I due, in ultima analisi, si definiscono nemici del genere umano,
e l'isolamento, che in alcuni momenti sembra l'effetto di una sconfitta
personale, si traduce orgogliosamente in un motivo di netta distinzione
degna dei grandi:
Mbiebi kulma
hlaqt int: barra l-bnedmin! (5)
E sprezzator degli uomini mi rendo. (6)
Il secondo confronto
da cui esce il quadro dell'escluso, sempre in virtù della rievocazione
contemporanea di due opposti, è quello tra il processo incessante
e sovrabbondante della natura e la sterilità insanabile e moribonda
del poeta. Da un lato c'è il continuo rinnovamento di un programma
stagionale che non si esaurisce mai, e dall'altro c'è la staticità
di una condizione umana.
Stilisticamente si può dire che questo confronto è costruito
su due parole, una che evoca la festosità dello spettacolo
della natura, e l'altra che ricorda il turno inesauribile del processo
naturale.
La prima è jitbissem o danhkan. La natura "ride",
ma la vita del poeta è una elegia perenne!
Xi gmiel madwari!
X'scher hu dan! X'milja tà hajja! X'qawwa
tiggedded fil-holqien! Kemm hi tà I-gliageb
il-migja tieghek, Marzu tieghi! Kollox
kollox johla u jfuh; kollox jitbissem;
kollox joghxa bil-ferh! Jien biss, jien wahdi
irrid u ma nistax inkun bhall-bqija
tal-hlejjaq fuq din l'art. (7)
E' lo stesso contrasto
leopardiano, visto dal punto di vista del "riso", festoso
per la natura e causa di rimpianto, perché non realizzabile,
per il poeta. Lo spettacolo incantevole degli elementi naturali stabilisce
il conflitto per la condizione solitaria dello spettatore che non
può mai partecipare al "riso" che si svolge attorno:
Bello il tuo
manto, o divo cielo, e bella
sei tu, rorida terra. Ahi di cotesta
infinita beltà parte nessuna
alla misera Saffo i numi e l'empia
sorte non fenno.
( ... ) A me non ride
l'aprico margo, e dell'eterea porta
il mattutino albor; me non de' faggi
il murmure saluta; e dove all'ombra
degl'inchinati salici dispiega
candido rivo il puro seno, al mio
lubrico pie' le flessuose linfe
disdegnando sottragga,
e preme in fuga l'odorate piagge. (8)
Il susseguirsi
dell'inno e dell'elegia è comune ai due poeti. Accanto alla
celebrazione della bellezza del mondo esterno si erge la figura desolata,
simbolo del mondo interiore, così che il trionfo dell'oggetto
e l'agonia del soggetto, i superlativi per la natura e le parole di
privazione per il poeta, si intrecciano in un insieme. Apparentemente
i temi sembrano accostati ma ultimamente si fondono perché
la relazione tra l'esterno e l'interno è reciproca, intrecciata
in un rapporto di causa ed effetto. Più la natura rivela il
suo incanto, più si addolora lo stato d'animo. La stessa dialettica
si sente di nuovo in April, il mese che il Vassallo evoca quasi per
sottolineare il suo vagheggiare inutilmente il "fior di gioventù,
il bello April degli anni" (9), e in cui la metafora conduttrice
del riso si traduce in un motivo insistente per lo svolgimento dell'aspro
contrasto:
Arawh kollu
dankan jizfen u jghanni
darb'ohra I-ghanja tiegnu;
arawh b'elf genna mieghu
darb'ohra jixxahxan
jitghawwem, jitbahbath
f'bahar bla tmiem.
( ... )
Kollox, mghaxxaq bi gmielu,
darb'ohra regà fih;
darb'ohra tajjar nghasu,
dilek bil-fwieha xuxtu,
kellel biz-zahar u bil-weraq rasu,
demmen bil-qroll lelluxtu
( ... )
Izda mhux hekk, imsejkna,
fl-ghanja tà qalbi ckejkna
regghu dis-sena
tal-ferh, tà l-hena
haddru t-tamiet. (10)
La metafora del
riso della natura, personificata in una figura umana di incanto idealizzato,
è frequente nel linguaggio leopardiano, anche in momenti quando
non si richiede un punto di riferimento per lo svolgimento fantastico
del motivo dell'esclusione. I seguenti sono alcuni dei brani che mostrano
con quanta costanza il Leopardi visualizza e umanizza l'incanto naturale
e in conseguenza con quanto rimpianto afferma la sua esclusione:
e di natura
il riso, (11)
solitario riso; (12)
A un campo verde che lontan sorrida; (13)
a gara intorno
ogni cosa sorride; (14)
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
rida la primavera. (15)
La metafora a
cui partecipa il verso citato "haddru t-tamiet" circola
entro il nucleo figurativo che nel linguaggio leopardiano traduce
la gioventù, come periodo saturo di speranze future, in una
primavera, o nell'età verde (16). Il Vassallo colloca poeticamente
la propria giovinezza nello stesso scenario vegetativo in cui, tuttavia,
si sente più l'assenza della "vegetazione" vagheggiata
che la vera fioritura. E', in verità, l'inverno che desidera
l'arrivo di una primavera di verdura. Raccogliendo il nucleo metaforico,
il Vassallo rimane entro gli stessi limiti figurativi e rimpiange
il suo trovarsi in un "deserto" (17) perché anche
per lui "il verde è spogliato alle cose" (18).
aghmel li nbaddar
bix-xewqat u t-tama; (19)
Bhalma mis-sigar
tà hajti tigbor wahda wahda I-weraq
mitbiel, niexef, safrani; u bhalma tghoddli
wahda wahda t-tamiet li jinxfu u jaqghu
minn qalbi msejkna tà kuljum fuq l-art; (20)
Tamieti sofor
u nexfin kif kienu
ghadhom u jibqghu u ma jhaddru qatt. (21)
La seconda parola
su cui si costituisce il confronto tra natura e poeta è ma
jasal qatt nel Vassallo e non torna nel Leopardi. L'uno celebra le
bellezze dell'ambiente naturale e maltese, particolarmente nel villaggio
campestre e agricolo in cui è nato e vissuto, e l'altro si
rammenta delle campagne recanatesi. Ma tutti e due si sentono esclusi
dal ciclo stagionale che fa tornare la vita dopo la morte dell'inverno.L'alternanza
complessiva della celebrazione consolatrice dello scenario e della
rivelazione dolorosa della crisi personale si scioglie nel Leopardi
in un intreccio di quadri, mentre nel Vassallo dà lo spunto
alla formazione di due quadri, apparentemente autonomi l'uno dall'altro,
che intendono raffigurare il binomio gioia-sofferenze, l'ammirazione
per il ciclo del mondo esterno e il rimpianto per l'irrimediabilità
dello stato d'animo:
Se torna maggio,
e ramoscelli e suoni
van gli amanti recando alle fanciulle,
dico: Nerina mia, per te non torna
primavera giammai, non torna amore.
Ogni giorno sereno, ogni fiorita
piaggia ch'io miro, ogni goder ch'io sento,
dico: Nerina or più non gode: i campi,
l'aria non mira; (22)
Xejn, xejn
ghal kollox ma jintemm; kull haga
titbiddel dejjem u hag'ohra ssir;
(
)
Jiena, msejken, mhux hekk... Zghuziti mxejha,
u qalbi mnikkta f'guf il-ferh ukoll
(
)
Ghax sew jekk jigi s-sajf u tigi x-xitwa,
kemm il-harifa u r-rcbbiegha, jien
dejjem u dejjem mejjet haj; ghalija
ma jasal qatt tal-ward... tal-frott is-zmien. (23)
L'esclusione,
sottolineata dai due poeti con forti costrutti negativi, mette in
chiara luce la bipolarizzazione: l'io e l'altro, il singolare e l'insieme.Il
contrappunto leopardiano confronta l' "infinita beltà"
alla "a me non ride" (24), il "tutta vestita a festa"
all' "io solitario" (25), il "tu non ti acconci più"
all' "ogni giorno sereno, ogni fiorita piaggia" (26), e
il Vessillo confronta il "kollox, kollox johla a jfuh, kollox
jitbissem, kollox joghxa" al "jien biss, jien wahdi"
(27), il "kollu dahkan... kollu nghaxxaq" al "izda
mhux hekk... il-ghanja tieghi" (28), il "kull haga"
al "jiena, msejken,... jiena" (29).
NOTE
1) Wahdi, vv.
29-32.
2) Zewg ghidien, vv. 37-40.
3) Cfr., ad esempio, Mysterium mysteriorum, vv. 37-40 e Il-bizá
tieghi, vv. 19-36.
4) Si può paragonare, tra l'altro, la figurazione del popolo
in Iftahli mà e Int biss con "la codarda gente" (Amore
e morte, v. 12) che è presente in Il pensiero dominante, vv.
53-58, 65-68 e in Le ricordanze, vv. 30-33.
L'avversione che ebbe il Leopardi per il "borgo natìo",
sentita già nelle prime lettere dell'epistolario, corrisponde
all'avversione che il Vassallo ebbe per la generazione contemporanea
dei maltesi, un argomento che ritornerà con tutta la forza
nell'ultimo periodo (1947-1970) in cui si fa meno sentito il profondo
dissidio tra il mondo interiore e la realtà mediocre dei contemporanei
e si dà inizio ad un processo di smascheramento dell'ipocrisia
e della bassezza morale della società.
Fra le poesie dell'ultimo periodo cfr. Jekk.... Il-lum, "Unknown
island", Il-bniedem, Lil Dun Mikiel Xerri. L'introversione sparisce
e viene fuori l'estroverso rigenerato, il Vassallo del periodo post-leopardiano,
che lancia invettive senza, però, ritirarsi e richiamare la
propria miseria.
5) Mbiebi, v. 40.
6) Le ricordanze, v. 42.
7) Marzu, vv. 11-18
8) Ultimo canto di Saffo, vv. 19-36.
9) Al Conte Carlo Pepoli, vv. 101-102.
10) April, vv. 5-10, 12-17, 21-25.
11) Alla sua donna, v. 6.
12) Al Conte Carlo Pepoli, v. 129.
13) Il pensiero dominante, v. 31.
14) Le ricordanze, vv. 123-124.
15) Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, vv. 73-74.
16) Cfr. ad esempio, Il passero solitario, v. 26; La sera del dì
di festa, v. 24; Al Conte Carlo Pepoli, v. 116; Le ricordanze, vv.
28.
17) Cfr. Amore e morte, vv. 35; Alla sua donna, vv. 18; Il pensiero
dominante, v. 97; Al Conte Carlo Pepoli, v. 118.
18) Ad Angelo Mai, vv. 118-119.
19) Fil-knisja tà Pinu, v. 51.
20) Ottubru, vv. 25-29. Si riecheggiano qui i vv. 5-6 dell'Autunno
di Antonio Gazzoletti:
Il cader d'ogni foglia
mi ricorda il cader d'una speranza.
21) Dejjem... qatt, vv. 39-40.
22) Le ricordanze, vv. 162-169. Lo stesso motivo applicato ad un altro
elemento della natura ritorna nei vv. 51-69 de Il tramonto della luna.
23) Dejjem-qatt, vv. 21-22, 25-26, 33-36. Così scrive anche
il Petrarca: "Primavera per me pur non è mai" (Quanto
'l pianeta.... v. 14).
24) Ultimo canto di Saffo, vv. 21 e 27.
25) Il passero solitario, vv. 32 e 36.
26) Le ricordanze, vv. 161 e 166-167.
27) Marzu, vv. 14-16.
28) April, vv. 5-12, 21-26.
29) Dejjem... qatt, vv. 21 e 25-41. E' interessante notare che non
è mai presente il Vassallo di contrasto tra la consapevolezza
umana del dolore e l'incoscienza animale, tanto frequente nel Leopardi
(cfr. Il passero solitario, vv. 45-49; Canto notturno di un pastore
errante dell'Asia vv. 105-132; Detti memorabili di Filippo Ottonieri,
I, p. 580; Zibaldone, II, p. 41; Pensieri, I, p. 732; Bruto minore,
vv; 61-64). Comunque, il motivo è presente in altri due poeti
romantici maltesi, Dun Karm (cfr. Lillkanarin tieghi) e Ruzar Briffa
(Lil ghasfur ighanni).
Per il Vassallo, differente fino ad un certo punto dal Leopardi, che
trova nella facoltà intellettiva la causa maggiore della condanna
umana, è l'ordine vegetativo che raffigura il divario che egli
cerca di rilevare poeticamente tra vita dinamica e agonia.